volontariato e nuovo welfare



dal corriere.it

3 luglio 2003


Volontari e Casa della Carità

IL NUOVO WELFARE

Bassa soglia è un termine dolce. Rimanda familiarmente all'abbassare il
gradino di casa per accogliere l'ultimo o lo straniero. E' anche un termine
aspro. Se usato per definire le strutture di accoglienza del volontariato e
il loro andare sempre più in basso nelle profondità del sociale occupandosi
di coloro a cui è rimasta solo la nuda vita da difendere: il proprio corpo
da sfamare, vestire, lavare. Oggi a Milano il cardinale Tettamanzi, il
sindaco Albertini e il banchiere Profumo presenteranno il progetto Casa
della Carità realizzato da don Colmegna su lascito spirituale e materiale
del cardinal Martini. La ricerca realizzata per orientare l'azione della
Casa della Carità, tra le strutture già operanti a Milano sulla bassa
soglia, svela che settimanalmente sono 10.000 (il 60% migranti) i corpi
invisibili che chiedono cibo, vestiti e un lavoro per sopravvivere nella
città ove si vestono, vendono e rappresentano le merci prodotte dal
capitalismo italiano. Basti pensare alle settimane della moda, alla nuova
fiera, che sarà tra le prime al mondo, o al concorso urbanistico per
riempire lo spazio vuoto della vecchia Fiera. Il massimo di rappresentazione
convive con il massimo di invisibilità.
Questa è la moneta a due facce che rappresenta Milano. Dell'altra faccia
della Luna si occupano più di 1200 volontari, e sono tanti. Ma un dato
colpisce: i volontari sono sempre più vecchi e gli utenti, soprattutto tra i
migranti, sempre più giovani. Che si stia inaridendo, tra i giovani, la
falda potente del volontariato? Sarebbe grave se perdessimo anche questa
risorsa che sta sul margine tra inclusione ed esclusione. Anche perché è già
emblematico che per occuparsi degli ultimi non basti più la società di
mezzo, ma si debba ricorrere alle Fondazioni bancarie e che il sindaco si
mobiliti, segnando l'urgenza del problema, mettendo a disposizione spazi
pubblici, sostenendo così la Casa della Carità ove operano i volontari di
don Colmegna. Qui, oltre che risorse per un welfare caritatevole, che sia
alloggio, vestiti e cibo per la nuda vita bisognerà socializzare un bene
scarso nella metropoli competitiva ove tutti corriamo non vedendo i soggetti
invisibili che non ce la fanno; quel capitale sociale fatto di relazioni per
cui ognuno di noi è meno solo nel vivere e nel lavorare.
La Casa della Carità sarà anche un luogo di formazione, intesa come
socializzazione delle informazioni e di un sapere sociale. Infatti i tanti
migranti appena arrivati vogliono reti di conoscenza, dalla lingua al lavoro
per includersi e gli italiani che sono out hanno perso per malattia o storie
di vita le reti sociali, in primo luogo la famiglia, che delineavano le
comunità di riferimento. E' proprio vero che il welfare basato sul maschio
bianco adulto sposato con figli e il lavoro a vita sta cambiando come
cambiano gli attori che se ne occupano: banchieri, sindaci e cardinali.

di ALDO BONOMI