GRANELLO DI SABBIA ( n°100 ) - ricevo e giro (abbonatevi, non vi costa un euro)



GRANELLO DI SABBIA (n°100)
Bollettino elettronico settimanale di ATTAC
Giovedì, 19-06-2003
______________________________

Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia
possibile.
Numero di abbonati attuali: 6 426
ATTENZIONE:
tutti i Granelli di Sabbia sono a disposizione sul sito in versione .pdf e
.rtf al seguente indirizzo:
http://www.attac.org/italia/granello/indice.htm
____________________________________________________________

Scuse: perdonateci per il ritardo nell'uscita del numero 100, ma da 4 giorni
stiamo litigando con il servere d'invio!

Indice degli argomenti

Nota: 100 di questi Granelli! (La redazione)

1 - Sangue in cambio di acqua: la guerra come scusa per ampliare il dominio
delle multinazionali Il caso della Bechtel
di Vandana Shiva
Dopo aver bombardato ospedali, ponti e acquedotti iracheni, gli Stati Uniti
e le più grandi aziende statunitensi mietono gli ingenti profitti derivanti
dalla ricostruzione della società che hanno deliberatamente distrutta. Il
sangue non è stato versato soltanto per il petrolio ma anche per il
controllo delle acque e di altri servizi d'importanza vitale. (.)Traduzione
a cura di Paola Andreotti

2 - Genova per loro: un'azienda come un'altra
Carlotta Guarascio (ATTAC Genova)
Alla fine il Comune di Genova ha deciso di vendere le dighe e gli impianti
idrici, mettendo a repentaglio la sua stessa maggioranza e nonostante l'
opposizione e lo sforzo della campagna Questo mondo non è in vendita,
insieme ad ATTAC di provare a ragionare su altre e più partecipate
soluzioni.

3 - La globalizzazione va in posta
di Greg Poferl
Il commercio internazionale non significa più soltanto beni di manifattura.
In che modo gli accordi di libero scambio potrebbero avviare la
privatizzazione postale (.) Traduzione a cura di Giacomo Guatteri

4 - Scenario di libero scambio postale
di Larry Weiss
Osserviamo una situazione ipotetica per vedere che cosa possa accadere agli
impiegati dell'USPS (il servizio postale statunitense) se regole commerciali
come quelle proposte dai nuovi GATS e FTAA (Alca) fossero in funzione. (.)
Traduzione a cura di Giacomo Guatteri

5 - Genericamente ipocriti
di Silvia Ribeiro (Etc)
Ancora una volta le maggiori imprese farmaceutiche figurano quest'anno in
Fortune Global 500, l'elenco delle imprese più grandi del mondo. Continuano
a essere il settore che ha i maggiori guadagni netti di tutti i rami
industriali del pianeta. Molti sono anche i maggiori produttori di semi
transgenici e di prodotti agrochimici del mondo. (.) Traduzione: Andrea
Pieralli - Attac Firenze

6 - A proposito della "Eccezione Culturale"
di Serge Regourd
Di fronte alle negoziazioni dell'OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio)
la questione della "Eccezione culturale" è tornata al centro dell'attualità.
Bisogna rilanciare un dibattito pubblico su questo tema, esprimendosi in
favore di un nuovo strumento giuridico che proclami, e garantisca, "la
diversità culturale". (.) Traduzione a cura di: Luisa Villa


_____________________________

100 di questi Granelli!
__________________________________________________________

Siamo arrivat* al numero 100, un anno e nove mesi di impegno e divertimento
per un prodotto abbastanza unico e particolare: il Granello di Sabbia.
Per molti di voi è troppo lungo, per altri somministra una buona dose di
antiliberismo settimanale, per diversi è da stampare e leggere con calma,
per altri ancora da tenere via per l'inverno. La nostra rivista elettronica
non è facile, ma offre sempre la possibilità, almeno speriamo, di
approfondire e di riflettere sui danni e le miserie della finanziarizzazione
del mondo, sulle resistenze al liberismo (tante) che si trovano ai cinque
angoli del pianeta e sulle alternative che per lo più mancano ancora.
Non celebriamo questo numero 100 con un numero speciale. Oggi vi offriamo il
"solito", lungo e intenso Granello (dove Vandana Shiva ci parla di
multinazionali e guerra e altr* di vendita di acquedotti a Genova, di
multinazionali della farmaceutica, di privatizzazioni delle poste globali e
delle differenze culturali).
Però ci prendiamo un impegno, quello di realizzare con questa "piccola
enciclopedia disordinata di autoeducazione popolare" un cd-rom con tutti i
numeri e gli articoli, suddivisi per argomenti ecc. Il MediATTAC è già al
lavoro!
Il primo ringraziamento va a voi, lettori e lettrici, pazienti.
L'abbraccio a Laurent Jesover, instancabile e generoso compagno di Attac
Francia che ci ha sempre aiutato e agli altri Granelli del mondo (lo sapete
che siamo 6 Granelli per oltre 100.000 lettori?!?).
Un grazie infinito a tutt* traduttrici e traduttori, ai loro coordinatori
passati e presenti, Patrizia Rosa Rosa, Umberto Bardella, Corinne Milani.
Senza di loro nulla era possibile.
E infine un ricordo per uno di noi che non c'è più e che continueremo a
portare con noi, ovunque andiamo. Ciao Riccardo.

Motivés!

La Redazione

PS aiutateci a diffondere il Granello, fatelo conoscere! Non riusciamo a
farlo, siamo troppo impegnati a realizzarlo.


_____________________________

1 - Sangue in cambio di acqua: la guerra come scusa per ampliare il dominio
delle multinazionali Il caso della Bechtel
__________________________________________________________

di Vandana Shiva

Dopo aver bombardato ospedali, ponti e acquedotti iracheni, gli Stati Uniti
e le più grandi aziende statunitensi mietono gli ingenti profitti derivanti
dalla ricostruzione della società che hanno deliberatamente distrutta. Il
sangue non è stato versato soltanto per il petrolio ma anche per il
controllo delle acque e di altri servizi d'importanza vitale. In un periodo
di declino della crescita economica e di rallentamento dell'irresistibile e
devastante forza della globalizzazione, la guerra è diventata una scusa
conveniente per espandere il dominio delle multinazionali.
Se l'Organizzazione Mondiale del Commercio non basta, utilizza la guerra.
Pare essere questa la filosofia politica ed economica soggiacente del
neo-conservatorismo che domina oggi gli Stati Uniti e che tenta di
impadronirsi del mondo. Ciò che è stato rivelato nei mesi scorsi è la
totale, putrescente corruzione su cui si basa il nuovo ordine mondiale.
Come ha affermato Bob Herbert nell'articolo intitolato: "Ask Bechtel what
war is good for" (Chiedete a Bechtel a cosa serve la guerra) (Herald
Tribune, 22 aprile 2003, p6) "In qualche parte del mondo George Shultz sta
sorridendo".
Shultz, la cui foto potrebbe giustamente comparire a fianco di ogni
definizione dell'apparato militare industriale è stato Segretario di Stato
con il presidente Ronald Reagan e da moltissimi anni è un pezzo da novanta
del potentissimo Bechtel Group di San Francisco, dove prima regnava quale
presidente e di cui è ora membro del Consiglio e consulente di altissimo
livello.
Diversamente dal cantante soul Edwin Starr, di cui è noto l'impegno contro
la guerra, e che per ironica coincidenza, ha ottenuto l'eterna ricompensa
proprio quando le forze di terra statunitensi sciamavano verso Baghdad -
Shultz sa bene a cosa serve la guerra.
Egli voleva la guerra con l'Iraq e con quale intensità la desiderava!.
Shultz
è stato presidente del Comitato di liberazione dell'Iraq, ferocemente
favorevole alla guerra, impegnato ben oltre la liberazione politica di quel
paese così ricco di petrolio, verso l'enormemente redditizia "ricostruzione
della sua economia".
In un articolo pubblicato nel mese di settembre 2002 sulla prima pagina del
Washington Post dal titolo "Act Now; The Danger Is Immediate (Agire ora, il
pericolo è immediato), Shultz, scriveva: "Esistono solide basi per un
intervento militare immediato contro Hussein e per un impegno multilaterale
per la ricostruzione dell'Iraq dopo che egli se ne sarà andato". Accidenti!
Mi domando quale azienda egli ritenesse capace di capeggiare tale impegno.
Il Bechtel Group di Shultz è riuscito a dimostrare con esattezza a cosa
servano le guerre. L'amministrazione Bush ha concesso il primo importante
contratto per ricostruzione dell'Iraq, un accordo di 680 milioni di dollari
per diciotto mesi che ha innalzato Bechtel al ruolo di leader della
ricostruzione a lungo termine del paese, che potrebbe costare 100 miliardi
di dollari e forse più.
Bechtel, in sostanza, ha ottenuto il permesso di far quattrini. E tale
permesso gli è stato concesso con un processo a porte chiuse, riservato ad
un gruppo ristretto di aziende statunitensi collegate a partiti politici.
La dittatura di Saddam viene man mano sostituita dalla dittatura delle
multinazionali statunitensi, e minima è la distinzione tra coloro che
siedono nelle sale dei consigli di amministrazione e coloro che invece
siedono alla Casa Bianca, al Pentagono o in altre istituzioni governative.

Mancanza di trasparenza e corruzione
La mancanza di trasparenza della Cina è risultata evidente nel caso della
SARS.
La concessione a Bechtel del primo contratto per la ricostruzione dell'Iraq
è un esempio lampante di mancanza di trasparenza, di segretezza e corruzione
tramite cui è stato istituito il dominio delle multinazionali.
Che si tratti di contratti per la privatizzazione dell'acqua in Bolivia o in
India, o di accordi per la "ricostruzione" dell'Iraq, la segretezza e la
mancanza di democrazia e trasparenza caratterizzano i metodi di
accaparramento di mercati e profitti. Il "libero commercio" è chiaramente,
totalmente schiavo. È coercitivo, corrotto, ingannevole e violento. Il
dominio delle multinazionali non è un'alternativa alla dittatura di Saddam.
Significa sostituire una dittatura con un'altra: con la dittatura delle
multinazionali che hanno ricattato il potere dello Stato e che utilizzano la
forza militare per impadronirsi dei mercati.
L'intrinseca disonestà e gli inganni perpetrati dalla dittatura delle
multinazionali non appaiono evidenti a coloro che la impongono in nome dell'
"operazione Iraq libero" (Operation Iraqi Freedom". Essa sorge da una
confusione fondamentale su ciò che si intende per libertà e creazione.
Quando la storia millenaria della Mesopotamia è stata distrutta dalla
presenza militare statunitense, il commento ingenuo e irresponsabile di
Ronald Rumsfeld è stato il seguente: "Le persone libere sono libere di
commettere errori e delitti e di comportarsi erroneamente".
Secondo questa logica, i terroristi che hanno fatto schiantare gli aerei sul
World Trade
Centre eccellono nell'esercizio della legittima libertà di "commettere
delitti e comportarsi erroneamente". E secondo la stessa logica che ha reso
la presenza militare statunitense muta spettatrice di fronte al saccheggio
di Baghdad e dei suoi tesori storici, gli Stati Uniti non avevano alcun
diritto di muovere guerra al terrorismo dopo l'11 settembre.
Così come c'è confusione su ciò che comporta la libertà umana fra coloro che
tentano di creare una "libertà" per altri, mediante la guerra, così c'è
confusione su ciò che si intende per ricostruzione e "distruzione". Ciò che
è avvenuto in Iraq non si può chiamare che distruzione. Ma viene solitamente
chiamato "ricostruzione". Persone innocenti sono state uccise, migliaia di
anni di storia delle civiltà sono stati distrutti e cancellati. Eppure, Jay
Garner - l'ex generale statunitense in pensione, nominato in Iraq
unilateralmente capo dell'Ufficio per la ricostruzione e l'assistenza
umanitaria parlava di "dare alla luce un nuovo sistema in Iraq".
Le bombe non danno alla luce una società, annullano la vita. Le nuove
società non "nascono" distruggendo l'eredità storica e culturale delle
civiltà più antiche.
Forse la scelta di permettere la distruzione dell'eredità storica dell'Iraq
era un pre-requisito dell'illusione di "dare alla luce" una nuova società.
Forse coloro che governano gli Stati Uniti non percepiscono tali violazioni,
perché la loro stessa società è stata costruita sul genocidio degli indiani
americani.
L'annullamento dell'"altro" sembra essere considerato "naturale" da coloro
che detengono il potere dell'unica superpotenza mondiale. Forse percepire la
distruzione deliberata di una civiltà e di migliaia di vite innocenti
considerandola un processo di "rinascita" è espressione dell'"illusione
patriarcale occidentale di "creazione" che confonde la distruzione con la
creazione e l'annullamento con la nascita.
L'"illusione di creazione" identifica capitali e macchine, comprese quelle
da guerra, quali fonti di "creazione", e natura e società umane,
specialmente quelle non occidentali, come morte, inerti, passive o
pericolose e cannibalistiche. E' questa stessa visione del mondo a creare
"il dovere per l'uomo bianco" di liberare la natura e le nostre società
anche facendo uso della violenza, considerando tale operato come una "
nascita" della libertà.
Quali che siano le radici più profonde dell'istituzione di un'economia del
saccheggio e della violenza in Iraq in nome della "ricostruzione", l'
approfittare della guerra da parte di multinazionali come Bechtel conferma
che la guerra è una globalizzazione che utilizza altri mezzi. Per gli
abitanti di questa terra, la sfida consiste nel far convergere le energie
del movimento anti-globalizzazione, del movimento per la pace e del
movimento per la democrazia reale.
La nostra sfida consiste nel recuperare il vero significato della parola
libertà, affrancandolo dalle contaminazioni cui è stato soggetto per le
ambiguità insite in espressioni quali "libero commercio" e "operazione Iraq
libero". La "libertà" ricercata tramite trattati di libero commercio e le
regole imposte dall'Organizzazione Mondiale del Commercio e la "libertà"
risultante dalla guerra in Iraq sono soltanto, per le multinazionali,
libertà di far man bassa delle ricchezze disponibili. Tale libertà è una
licenza di saccheggio. Ed i saccheggi perpetrati dalle multinazionali e il
loro concetto di libertà stanno distruggendo la democrazia e la libertà dei
popoli e delle società.
La nuova libertà che i popoli ricercano in tutto il mondo è la libertà dalla
dittatura delle multinazionali favorita e legittimata a dal militarismo e
dalla guerra.
Ciò è importante per i cittadini iracheni e degli altri paesi invasi dalle
multinazionali globali sotto la protezione dei trattati militari o del
"libero commercio", tanto quanto lo è per i cittadini degli Stati Uniti.
Il contratto Bechtel e la guerra in Iraq, che ha creato l'opportunità di
enormi profitti ricavabili dalla "ricostruzione", hanno evidenziato la
mancanza di trasparenza, democrazia e responsabilità in tutte le decisioni
economiche e politiche prese dall'amministrazione americana, ormai divenuta
indistinguibile dalle multinazionali statunitensi. Un regime in cui i
governi sono divenuti strumenti di interessi corporativi non è più
democratico. Invece di avere un governo "del popolo, gestito dal popolo, per
il popolo", abbiamo un governo "delle multinazionali, gestito dalle
multinazionali, per le multinazionali".
Per la democrazia, favorire un "cambiamento di regime" è una necessità
impellente, sia per gli Stati Uniti che per l'Iraq e per ogni altro paese in
cui la dittatura delle multinazionali si stia consolidando.

Bechtel in Bolivia
La storia più famosa in cui si sia manifestata l'avidità corporativa di
Bechtel per l'acqua è la storia di Cochabamba in Bolivia. In questa regione
semidesertica, l'acqua è scarsa e preziosa. Nel 1999 la Banca mondiale
raccomandava la privatizzazione dell'azienda municipale dell'acqua di
Cochabamba (SEMAPA) mediante una concessione alla International Water, una
società controllata da Bechtel. Nell'ottobre 1999, è stata approvata la
legge per il trattamento dell'acqua potabile (Drinking Water and Sanitation
Law), che poneva fine ai sussidi del governo e ne consentiva la
privatizzazione.
In una città in cui lo stipendio minimo è inferiore ai 100 dollari al mese,
le bollette per l'acqua raggiungevano i $20 al mese, ammontando quasi al
valore dei costi alimentari di una famiglia di cinque persone per due
settimane. Nel gennaio del 2000, è stata fondata un'associazione di
cittadini chiamata "La Coordinadora de Defense del Aqua y de la Vida"
(Coordinamento in difesa delle acque e della vita) che ha bloccato le vie
cittadine per quattro giorni, con una mobilitazione di massa. Tra i mesi di
gennaio e febbraio del 2000, milioni di boliviani hanno marciato verso
Cochabamba, per uno sciopero generale che ha bloccato tutti i mezzi di
trasporto.
Il governo ha promesso di invertire la tendenza al rialzo dei prezzi, ma non
ha mai mantenuto la parola. Nel febbraio del 2000, La Coordinadora ha
organizzato una marcia pacifica per richiedere l'abrogazione della legge
sull'impiego di misure sanitarie per l'acqua potabile (Drinking Water and
Sanitation Law), l'annullamento delle ordinanze che ne consentivano la
privatizzazione, il blocco del contratto per l'acqua e la partecipazione dei
cittadini al progetto di legge per le risorse idriche. Le richieste dei
cittadini, che intralciavano gli interessi corporativi, sono state represse
con la violenza. Le critiche fondamentali de La Coordinadora vertevano
essenzialmente sulla negazione dell'acqua quale proprietà della comunità. I
manifestanti utilizzavano slogan del tipo: "l'acqua è un dono di Dio, non
una merce" e "l'acqua è vita".
Nell'aprile del 2000, il governo ha tentato di tacitare le proteste per l'
acqua, mediante una legge di mercato. Gli attivisti sono stati arrestati, i
manifestanti uccisi e i media censurati. Finalmente, il 10 aprile del 2000,
il popolo ha vinto.
Aquas del Tunari e Bechtel hanno dovuto lasciare la Bolivia. Il governo è
stato costretto a revocare l'odiata legge sulla privatizzazione dell'acqua.
L'azienda che gestiva le acque: Servico Municipal del Aqua Potable y
Alcantarillado (SEMAPO) è stata data in gestione ai lavoratori e al popolo,
assieme ai debiti contratti fino a quel momento. Nell'estate del 2000, La
Coordinadora ha organizzato udienze pubbliche per stabilire un piano per la
gestione democratica delle risorse idriche. La gente del luogo ha risposto
positivamente alla sfida, cercando di gestire democraticamente le risorse
idriche, ma i dittatori dell'acqua stanno facendo del loro meglio per
sovvertire tale processo. Bechtel ha fatto causa al governo della Bolivia ed
al suo popolo e sta ostacolando le attività de La Coordinadora,
minacciandone gli attivisti.
Se dobbiamo tener conto della lezione della Bolivia, possiamo sin da ora
prevedere che Bechtel tenterà di controllare tutte quante le risorse idriche
e non soltanto gli acquedotti iracheni. Se la comunità internazionale e gli
iracheni non resteranno vigili, Bechtel potrebbe tentare di impossessarsi
del Tigri e dell'Eufrate, così come ha tentato di " accaparrarsi" i pozzi
boliviani.

Bechtel e l'India
La Bechtel Enterprises, azienda a conduzione privata, è la più grande ditta
del settore delle costruzioni nel mondo, pesantemente coinvolta nel boom del
settore edile statunitense del periodo immediatamente successivo alla
seconda guerra mondiale. Essa è responsabile di più di 19.000 progetti in
140 paesi diversi, con cantieri in tutti i continenti, tranne l'Antartico.
Bechtel ha interessi in più di 200 impianti per il trattamento delle acque
potabili e reflue essenzialmente tramite società affiliate e imprese comuni
quali l' International Water (in compartecipazione con Bechtel, l'italiana
Edison, e la britannica United Utilities). In India Bechtel era coinvolta
nella gestione dell'impianto di Dabhol con la Enron, ed è ora interessata
alla privatizzazione delle acque di Coimbatore/Tirrupur e consorziata con
Mahindra and Mahindra, United International North West Water. Come per gli
altri accordi per la privatizzazione dell'acqua, il contratto non è stato
reso pubblico. Gli affari che si possono svolgere soltanto a porte chiuse,
nella massima segretezza, non promuovono la libertà.Al contrario, essi
soffocano sia la libertà che la democrazia.

Fonte: Zmag http://www.zmag.org

Traduzione a cura di Paola Andreotti


_____________________________

2 - Genova per loro: un'azienda come un'altra
__________________________________________________________

di Carlotta Guarascio (ATTAC Genova)

Alla fine il Comune di Genova ha deciso di vendere le dighe e gli impianti
idrici, mettendo a repentaglio la sua stessa maggioranza, costringendo molti
consiglieri ad ardite acrobazie verbali, scontrandosi con l'opposizione del
prc (non partecipazione al voto di tre consiglieri e voto contrario della
"disobbediente" Laura Tartarini che ha detto:"non si può andare a Porto
Alegre e privatizzare l'acqua"). Con 27 voti a favore e 18 contrari, il
Consiglio comunale ha dato via libera a questo inedito capolavoro di
privatizzazione dei servizi pubblici, nonostante l'opposizione sociale e lo
sforzo della campagna Questo mondo non è in vendita, insieme ad ATTAC di
provare a ragionare su altre e più partecipate soluzioni.
Proviamo a riassumere la storia. Lo scorso mese di marzo il Comune di Genova
discute il bilancio preventivo che prevede, nel capitolo d'entrata relativo
all'alienazione dei beni immobili comunali (che già ammonta a più di 100
milioni di euro), la vendita delle dighe ad AMGA s.p.a. Previsione di
entrata per la cessione:12 milioni di euro. Quanto basta, si dice, per far
quadrare i conti rispettando i vincoli di stabilità e fronteggiare i tagli
ai trasferimenti verso gli Enti locali. Quanto serve, si aggiunge, per
salvare dal collasso finanziario l'azienda di trasporto pubblico locale, per
la quale è stato annunciato un piano di spacchettamento e privatizzazione,
da realizzare dopo il necessario risanamento dei bilanci.
La scelta di vendere le dighe, si precisa, non sarà così dolorosa come
qualcuno in città comincia a dire; la cessione avviene a favore di AMGA, ex
municipalizzata ora s.p.a. quotata in borsa, che gestisce il servizio del
gas e quello dell'acqua (e che opera in molti altri settori), di cui il
Comune di Genova detiene la maggioranza del capitale azionario e che già ha
in concessione le dighe che diventeranno di sua proprietà. Ma non tutti sono
convinti che l'operazione sia una semplice "partita di giro" per far cassa;
i dubbi aumentano man mano che diventano noti i tempi e le modalità con le
quali la cessione delle dighe è stata pensata. Si scopre che la richiesta di
nomina di un perito per valutare il valore dei beni è del luglio 2002,
mentre è dell'ottobre dello stesso anno il parere legale chiesto dal Comune
per confortare la legittimità giuridica dell'operazione.
Le dighe sono più precisamente un complesso impiantisctico relativo alla
produzione di acqua potabile e alla produzione di energia idroelettrica;
impianti strategici per la gestione del servizio idrico a Genova, la cui
proprietà condiziona la possibilità di intervenire sulla modalità di
erogazione del servizio, sui costi e sulla gestione. La nomativa che
consente la cessione è l'art.35 della finanziaria 2002: quello variamente
contestato anche per ragioni di costituzionalità, recentemente rimaneggiato
dalla delega in materia ambientale, traduzione giuridica delle scelte di
liberalizzazione dei servizi pubblici locali. A essere precisi la cessione
delle dighe ad AMGA è possibile solo forzando estensivamente le stesse
confuse previsioni dell'art.35, che prevede la non cedibilità degli impianti
e delle reti necessarie alla gestione dei servizi pubblici locali, se non
attraverso il loro conferimento in società pubbliche (al 100% secondo l'
ultima modifica apportata dalla delega in materia ambientale). Per le
società quotate in borsa però è prevista un'eccezione: gli enti locali
possono cedere la loro partecipazione in queste società anche se le stesse
sono proprietarie di reti e impianti. A quest'ultima previsione il Comune di
Genova vuole attribuire il peculiare e non pacifico significato di rendere
cedibili impianti non altrimenti disponibili da parte dell'ente locale. Cosa
rende necessaria questa forzatura? cosa giustifica il voler a tutti i costi
"approfittare" delle possibilità dell'art.35 scritto e riscritto dal governo
Berlusconi in sintonia con le scelte neoliberiste dell'Unione Europea e con
le politiche di liberalizzazione sostenute in seno al WTO con l'accordo GATS
sui servizi?
Sono le domande che animano per mesi la discussione in città, nel
tavolo genovese della campagna "questo mondo non è in vendita" che si oppone
al.prossimo vertice WTO di Cancun.
Domande che ne chiamano altre quando appare un altro elemento centrale della
delibera di cessione degli impianti ad AMGA:la contestuale previsione della
modifica del precedente disciplinare che regola i rapporti tra il Comune e l
'azienda; si vendono le dighe e si elimina il precedente obbligo di
retrocessione dei beni trasferiti all'azienda dal Comune o acquistati dalla
stessa con finanziamenti pubblici nell'ipotesi che il rapporto tra Comune e
AMGA dovesse cessare. Appare allora chiaro che la vendita delle dighe più
che un espediente di bilancio è una conseguenza delle scelte di politica
industriale e di mercato di AMGA, da inquadrare nell'attuale fase di
trasformazione dei servizi pubblici locali in mercati redditizi.
Lo chiarirà definitivamente l'amministratore delegato di AMGA nell'audizione
chiesta da Rifondazione alla Commissione bilancio del Comune spiegando:la
cessione delle dighe serve per rafforzare AMGA e farle affrontare la
prossima fase di trasformazione della gestione del servizio idrico, perché
acquistando la proprietà degli impianti anche se si perdesse (o non si
potesse partecipare alla) la gara per la gestione del servizio idrico a
Genova, "a chi vince la gara l'acqua la vendiamo noi". La possibilità che
AMGA non gestisca più il servizio idrico a Genova, ma si "accontenti" di
gestire la proprietà di reti e impianti sviluppando altrove le proprie
strategie di marketing per vincere le gare che mettono sul mercato il
servizio idrico, apre scenari assai preoccupanti perché disegna una politica
che asseconda e fa proprie le logiche di liberalizzazione che dominano l'
ansia di allargare il grande business dell'acqua; presuppone l'impossibilità
di contrastare queste politiche. Nella stessa commissione le associazioni
della campagna contro il WTO hanno chiesto di sospendere la delibera e
aprire una discussione sulla gestione dell'acqua e sulle garanzie per il
mantenimento del controllo pubblico della stessa, ricercando strade diverse
da quelle imposte; la richiesta è stata anche di Rifondazione, i dubbi hanno
iniziato a serpeggiare anche nel correntone DS. La data in cui la delibera
doveva essere approvata dal Consiglio Comunale è slittata di 10 giorni,
durante i quali il discorso è stato forzatamente riportato fuori dal merito
e nella logica delle alleanze di maggioranza, tentando di porre
rassicurazioni sul controllo pubblico di AMGA che hanno lasciato aperti
tutti i dubbi sollevati in questi mesi. Non è affatto detto che la vicenda
si sia adesso conclusa. La possibilità di ricorsi al Tribunale
amministrativo è già al vaglio di molte associazioni.


_____________________________

3 - La globalizzazione va in posta
__________________________________________________________

di Greg Poferl*

Mentre l'amministrazione Bush punta ad un servizio pubblico universale
presso gli Uffici Postali con il suo Transformation Plan e prepara un
assalto ai diritti di contrattazione collettiva conquistati nel grande
sciopero postale del 1970, i lavoratori postali già agguerriti cercano di
mobilitarsi contro gli ulteriori attacchi che ci si aspetta possano
discendere dalla nuova generazione di accordi di scambio nell'economia
globale.

COMMERCIO DI SERVIZI
L'autunno scorso a Seattle, la Conferenza dei Presidenti Nazionali (NPC)ha
iniziato una serie di seminari educativi sulla globalizzazione e sul nuovo
ciclo di accordi commerciali che daranno seri problemi ai lavoratori dei
settori pubblico e postale. L'NPC è uno storico comitato aperto all'interno
dell'Unione Americana dei Lavoratori Postali (APWU), costituito dai
presidenti delle unioni locali e statali, che si riuniscono tre volte l'anno
per discutere ed agire in merito a questioni emergenti.
Il 29 marzo a St. Louis, l'NPC ha condotto un seminario di un giorno
condotto da Larry Weiss, direttore della Lega del Minnesota per il Commercio
Equo, che ha sottolineato come la globalizzazione, nella forma di accordi di
libero scambio, potrebbe avviare una privatizzazione dei servizi pubblici e
postali.
I nuovi accordi di libero scambio si concentrano sui servizi, compresi
alcuni che ora sono forniti dai governi. Due sono gli accordi principali
attualmente discussi che potrebbero danneggiare i lavoratori del settore
pubblico. Il primo è l'Accordo Generale sul Commercio dei Servizi (GATS),
che fa parte del sistema dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, e
comprende 144 Paesi compresi gli Stati Uniti. Il secondo, l'Area di Libero
Scambio delle Americhe (FTAA-Alca), espanderebbe il NAFTA (che attualmente
comprende Stati Uniti, Messico e Canada) ad altri 31 Paesi dell'America del
Nord e del Sud. Si prevede che entrambi gli accordi saranno completati per
la fine del 2004 ed esaminati dal Congresso nel 2005.

PUNTARE ALL'UFFICIO POSTALE
Weiss ritiene che il GATS e il FTAA esigeranno che molti servizi forniti dai
governi a livello federale, statale, di contea e municipale vengano aperti
alle offerte di compagnie private straniere. Per vedere quali servizi
verranno probabilmente inclusi nel GATS, Weiss suggerisce di osservare quali
di essi i più potenti attori dei negoziati - Europa e Stati Uniti - stanno
cercando di includere.
Sia l'Unione Europea che gli Stati Uniti stanno puntando specificatamente ai
"sevizi postali". In un senso ampio, l'Europa intende includere la gestione
di comunicazioni scritte con indirizzo su qualsiasi forma di mezzo fisico,
il che includerebbe la maggior parte, se non tutte, delle lettere e dei
pacchi.La posizione degli USA - almeno quanto è stato rivelato finora, dato
che tutto è fatto in segreto - è quella di includere "servizi di consegna
per espresso".
Non sapremo con esattezza quali servizi postali saranno inclusi nel nuovo
GATS fino a che i negoziati non saranno completati nel 2004. Tuttavia,
essendo Stati Uniti ed Europa i maggiori attori, sembra chiaro che almeno
una parte significativa dei servizi dell'USPS verranno coperti dalle regole
del GATS.

AFFRONTARE IL GATS
A questo punto, è da vedere se la sfida più difficile sia rappresentata
dall'attuale riforma postale o dal prossimo ciclo di accordi commerciali.
Tuttavia, rimane una questione più grande sulle strategie necessarie per
controbattere sia su scala nazionale che internazionale.
Una parte importante della recente conferenza dell'NPC comprendeva congressi
sullo sviluppo di strategie organizzative e tecniche per educare e
mobilitare membri dell'APWU in sforzi legislativi sia a livello locale che a
Washington D.C.
Poiché la globalizzazione può essere difficile da comprendere, l'NPC, con l'
aiuto della Lega del Minnesota per il Commercio Equo e del Servizio di
Educazione del Lavoro dell'Università del Minnesota, sta sviluppando un
programma di "insegnamento agli insegnanti" che verrà completato all'inizio
di quest'estate.
L'NPC ritiene che ci debba essere una forte connessione fra l'educazione dei
membri e la strategia d'azione per affrontare i sedicenti privatizzatori del
governo USA, così come i pirati globali.
L'NPC spera di ampliare ed approfondire la comprensione della
globalizzazione/privatizzazione da parte dei membri dell'APWU, sviluppando
allo stesso tempo i metodi organizzativi e la costruzione di coalizioni per
affrontare la sfida, per pensare globalmente organizzando localmente. Un
elemento chiave dell'addestramento è quello di fornire ai membri al livello
locale la possibilità di sviluppare risposte creative ed esplorare opzioni
strategiche quali azione legislativa, solidarietà internazionale,educazione
pubblica e azione diretta.

I NUOVI SIGNORI DEI LADRI
Nell'organizzare le truppe per venire alle prese con la globalizzazione,
Weiss fa un parallelo storico con i "signori dei ladri" dell'inizio del
ventesimo secolo, che calpestavano operai, contadini ed altri cittadini.
Egli osserva che "non esisteva una regolamentazione nazionale del
comportamento corporativo. I sindacati erano repressi violentemente, non c'
era un salario minimo, il lavoro minorile imperversava, e molti politici
erano immischiati in interessi corporativi.
Buona parte della storia dell'inizio del ventesimo secolo riguardava le
lotte di cittadini per riportare i signori dei ladri entro un certo livello
di regolamentazione. Finalmente il lavoro minorile fu messo fuori legge,le
organizzazioni sindacali divennero legali, fu stabilito un salario minimo,e
il presidente Theodore Roosevelt, che parlò di "malfattori di grande
ricchezza", adottò un ruolo politico pubblico per il governo nell'"
anti-trust": controllare, reprimere e distruggere le grandi concentrazioni
private di potere economico.
Ora che le economie nazionali hanno ceduto il passo ad un'economia globale,
avverte Weiss, "le imprese globali sono diventate fuori della portata delle
regolamentazioni nazionali, e una nuova era dei signori dei ladri si è
sviluppata".
E così ci risiamo. Ma possiamo imparare le lezioni del passato, creare
unioni del lavoro localmente e attraverso i confini, movimenti di credenti,
comunità agricole, ambientaliste, e cittadini consapevoli per affrontare
questi nuovi signori dei ladri e i loro difensori ben piazzati nel
Congresso? Margaret Mead ha affermato: "Non c'è dubbio che un piccolo gruppo
di cittadini consapevoli ed attenti possa cambiare il mondo. In realtà,esso
è l'unica cosa che sia riuscita a farlo". I membri dell'NPC sembrano
muoversi nella giusta direzione.

*Greg Poferl è un agente nazionale dell'Unione Americana dei Lavoratori
Postali nella zona di Minneapolis-St. Paul.

Traduzione a cura di Giacomo Guatteri


_____________________________

4 - Scenario di libero scambio postale
__________________________________________________________

di Larry Weiss

Osserviamo una situazione ipotetica per vedere che cosa possa accadere agli
impiegati dell'USPS (il servizio postale statunitense) se regole commerciali
come quelle proposte dai nuovi GATS e FTAA (Alca) fossero in funzione.
Nei mesi precedenti l'entrata in vigore del nuovo GATS, la tedesca Deutsche
Post (DHL) e l'olandese TPG Post hanno entrambe privatizzato parzialmente
servizi postali nazionali sui quali ora concorrono in altri Paesi. Esse
hanno l'approvazione dell'Unione Europea per denunciare i Private Express
Statutes degli Stati Uniti - che danno all'USPS il diritto esclusivo di
portare lettere per un compenso - come una barriera illegale al commercio
sotto il GATS.
Più o meno contemporaneamente, TransForce, la seconda compagnia di trasporti
del Canada, riceve l'approvazione del governo canadese per denunciare il
Service Contract Act come una barriera illegale al commercio sotto il GATS.
Nel momento in cui il nuovo GATS entra in vigore, l'Unione Europea e il
Canada presentano entrambi denuncia presso l'Organizzazione Mondiale del
Commercio.
L'Unione Europea dichiara che i Private Express Statutes violano gli accordi
GATS che prevedono di permettere a compagnie di altri Paesi GATS di
concorrere per il diritto di fornire servizi postali negli Stati Uniti. Il
Canada dichiara che il Service Contract Act è una condizione illegale a
norma GATS per assegnare contratti di autorità governativa. Gli Stati Uniti
scelgono di contestare le accuse. L'Organizzazione Mondiale del Commercio
assegna il caso ad una giuria di tre "esperti di commercio". Questi si
riuniscono in segreto, nella sede del WTO a Ginevra, in Svizzera. Il loro
giudizio sarà essenzialmente definitivo - soggetto soltanto ad un processo
di appello, estremamente tecnico, interno al WTO.
Dopo mesi di testimonianze e delibere il WTO annuncia le conclusioni della
giuria. Essa delibera che sia i Private Express Statutes che il Service
Contract Act sono, in effetti, violazioni dei regolamenti del GATS. Essa
ordina agli Stati Uniti di modificare queste leggi in conformità coni
regolamenti del GATS in modo che corrieri da altri Paesi membri del WTO
siano autorizzati a concorrere per il diritto di fornire servizi postali
negli Stati Uniti.
E così compagnie da altri Paesi membri del WTO diventano autorizzate a
concorrere per lavoro dell'USPS senza essere obbligate a pagare i salari
medi ai loro lavoratori.
Gli Stati Uniti avrebbero la possibilità di rifiutare di rispettare le
conclusioni del tribunale, ma in quel caso il WTO infliggerebbe sanzioni
commerciali per centinaia di milioni di dollari contro le esportazioni
statunitensi - una posizione politicamente pressoché impossibile da
mantenere, anche se avessimo un Presidente impegnato per il commercio equo
piuttosto che per il commercio "libero". Perciò il Congresso accetta di
modificare i Private Express Statutes e il Service Contract Act. Ma i
corrieri statunitensi - come FedEx - inscenano una protesta, sostenendo che
le compagnie straniere non offrono maggiori opportunità rispetto alle
compagnie statunitensi. Alla fine, il Congresso cambia le leggi in modo che
tutti i corrieri concorrenti - stranieri e locali - siano autorizzati a fare
offerte per i servizi USPS, senza alcun obbligo di dover pagare un salario
medio.
Deutsche Post e TGP, insieme a FedEx e altre compagnie, cominciano a
"scremare" - fare offerte per spiccare i più grandi clienti dell'USPS,come
Capital One con 1.4 miliardi di pezzi all'anno di posta preordinata, e
Quebecor, la più grande compagnia di stampa commerciale del mondo, che
spedisce due miliardi di pezzi all'anno. Allo stesso tempo, l'USPS è
obbligata ad accettare l'offerta di TransForce di fornire il trasporto di
posta di lunga tratta su 30 rotte chiave, anche se gli autisti della
TransForce sono pagati meno di 10 dollari l'ora e ricevono pochissimi
vantaggi. E le ditte di trasporti statunitensi cominciano a fare offerte per
altre rotte senza dover sottostare ad obblighi sul salario medio.
Lasciamo questo scenario ipotetico: ma se i nuovi regolamenti GATS verranno
adottati come attualmente previsto, questo caso ipotetico potrebbe diventare
fin troppo reale.

Traduzione a cura di Giacomo Guatteri


_____________________________

5 - Genericamente ipocriti
__________________________________________________________

di Silvia Ribeiro (Etc)

Ancora una volta le maggiori imprese farmaceutiche figurano quest'anno in
Fortune Global 500, l'elenco delle imprese più grandi del mondo. Insieme, le
10 più grandi - Pfizer+Pharmacia, Glaxo Smith Kline, Merck & Co.,
Bristol-Myers Squibb, AstraZeneca, Aventis, Johnson & Johnson, Novartis,
Wyeth, Eli Lilly - si accaparrano un incredibile 58,4% del mercato
farmaceutico mondiale, per un valore di 322 miliardi di dollari, un aumento
considerevole di fronte al già temibile 47% dell'anno precedente. Continuano
a essere, secondo Fortune, il settore che ha i maggiori guadagni netti di
tutti i rami industriali del pianeta: 17% in media, anche se le imprese più
grandi si avvicinano al 30%. Molti sono anche i maggiori produttori di semi
transgenici e di prodotti agrochimici del mondo.
Questi "poveretti" stanno portando avanti in tutto il mondo la loro guerra
personale. Non contenti dei lauti guadagni e dell'opprimente controllo del
mercato ottenuto con la vendita onerosa dei loro prodotti, chiedono pure di
controllare il mondo attraverso il sistema dei brevetti, contrattando per
riuscire a impedire che si producano i farmaci generici, cioè i farmaci con
lo stesso principio attivo non coperti da brevetto e che per questo sono più
accessibili al consumatore.
Secondo il loro punto di vista, questo è necessario per proseguire nella
ricerca e nello sviluppo di nuovi farmaci per il bene dell'umanità.
Tuttavia, la maggior parte - più del 90% - dei "nuovi" farmaci che producono
sono solo copie di altri già esistenti, con piccole modifiche che permettono
loro di ottenere un nuovo brevetto e di prolungare il vecchio in scadenza di
altri 20 anni.
Secondo i dati del Programma della Nazioni Unite sulle Sviluppo, di 1223
nuovi farmaci prodotti in un periodo di 20 anni fino al 1996, solo 13 erano
dedicati alle malattie tropicali, e di questi solo 4 erano sono stati
prodotti dal settore privato.
Le multinazionali farmaceutiche sono quelle che hanno spinto l'inclusione (e
preparato la bozza) del capitolo sugli Aspetti della Proprietà Intellettuale
relativi al Commercio (TRIPs) nell'Organizzazione Mondiale del Commercio
(OMC), che ha imposto la brevettabilità degli esserei viventi in tutto il
mondo.
I brevetti così servono loro non solo per combattere e rendere illegale la
produzione di farmaci generici, ma sono anche lo strumento chiave per
privatizzare le risorse genetiche e il sapere collettivo indigeno dei popoli
autoctoni del Sud, grazie al quale producono un'alta percentuale dei loro
farmaci e dei loro guadagni.
Il più grande progetto di biopirateria in corso in Messico - chiamato ICBG
Zone Aride - è un patto trilaterale tra il Giardino Botanico della UNAM, l'
Università dell'Arizona, l'impresa Wyeth (la nona del mondo) e il governo
degli Stati Uniti, che provvede al suo finanziamento ormai da un decennio.
Tutte queste imprese fanno parte dell'associazione PhRMA (Pharmaceutical
Research and Manufacturers of America), che esercita un peso politico su
governi e organizzazioni internazionali come l'Organizzazione Mondiale della
Salute e l'OMC, ottenendo norme che rinforzano i loro diritti monopolistici
e i loro privilegi. Quest'anno, nella lista proposta annualmente al
Dipartimento del Commercio perché applichi la legge Speciale 301 degli Stati
Uniti (rappresaglie commerciali), propongono che il Messico figuri nella
"lista prioritaria di paesi sotto osservazione": inclusione dovuta, secondo
loro, tra le altre cose, all'aumento di approvazioni di farmaci generici.
Secondo PhRMA, a cui non interessa minimamente che nello stesso momento le
sue compagnie si stiano arricchendo grazie alle risorse e ai saperi
"generici" dei popoli indios del Messico, questo paese è "il maggior mercato
di farmaci dell'America Latina, con un valore stimato in 6 miliardi di
dollari in vendite durante il 2002. È l'unico mercato di questa regione che
secondo le stime crescerà nel 2003" e, dunque, continuano, se gli si
permette di proseguire con queste politiche "avrà un impatto devastante sull
'industria della ricerca farmaceutica". La ricerca di che? Di
medicine-fotocopia? O di farmaci per i ricchi?
Nel frattempo, la discussione sui generici in Messico è stata confusa dalla
presenza di una catena particolare di farmacie, alle quali si attribuiscono
contatti politici di alto livello e che sembrano essere un ottimo affare per
i loro padroni, beneficiati dalla legislazione sui generici. Niente di
sorprendente, dato che molti dei farmaci brevettati arrivano al consumatore
con prezzi enormemente superiori al vero costo di produzione. Ma perché
molte di queste numerose imprese multinazionali, che sono anche i maggiori
produttori di transgenici del pianeta, non si attivano per denunciare anche
questo tipo di vincoli politico-economici altamente incestuosi in relazione
alla Legge sulla Biosicurezza, attualmente in discussione al Senato? O forse
in questo caso è meglio ignorare questi vincoli dato che la Legge di
Biosicurezza darà via libera ai loro guadagni, a costo di contaminare i
consumatori e le coltivazioni contadine del Messico? In quel caso non è più
forse importante il bene dell'umanità?
Quello che è in gioco con la discussione sui generici e i brevetti va molto
oltre gli interessi particolari e va anche oltre il Messico. Si tratta, per
esempio, del diritto delle popolazioni dei paesi del terzo mondo a
utilizzare e produrre le medicine di cui hanno bisogno, senza dipendere né
sottomettersi ai dettati delle multinazionali, e di fermare il saccheggio
delle risorse e del sapere indigeno rifiutando il sistema dei brevetti.

Silvia Ribeiro. Ricercatrice del Gruppo ETC

Traduzione: Andrea Pieralli - Attac Firenze


_____________________________

6 - A proposito della "Eccezione Culturale"
__________________________________________________________

di Serge Regourd*

Di fronte alle negoziazioni dell'OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio)
la questione della "Eccezione culturale" è tornata al centro dell'attualità.
Un incontro internazionale che ha riunito, inizio febbraio scorso, numerose
organizzazioni professionali costituite nel "Comitato di Vigilanza", ha
rilanciato il dibattito pubblico su questo tema, esprimendosi in favore di
un nuovo strumento giuridico che proclami, e garantisca, "la diversità
culturale". Quest'ultima definizione tende sempre più nettamente a
sostituirsi a quella di "Eccezione Culturale" proprio quando - ironia della
storia, o turba della memoria collettiva - una tale sostituzione
terminologica, e semantica, proposta nel dicembre 2001 da Jean-Marie Messier
(1), aveva provocato una vera e propria tempesta mediatica, e costituì un il
punto massimo nella spirale di contestazioni che avrebbero portato
all'allontanamento di Messier dall'Impero Vivendi Canal-Plus.

Eccezione e Diversità culturale
Le proposte che il 17/12/2001 avevano suscitato tanta unanime preoccupazione
tra i professionisti dell'audiovisivo e della cultura non consistevano,
forse, nel proclamare che "l'eccezione culturale francese è morta"
puntualizzando subito tale frase, con l'affermazione per cui "oggi siamo in
un periodo di diversità culturale"? Come a dire che, le stesse parole
pronunciate da persone diverse, in circostanze e in luoghi diversi,  con
intenzioni diverse, avrebbero - evidentemente - un significato diverso. Il
sofismo ormai alla moda e che apparentemente permette di celare simili
contraddizioni consiste, secondo alcuni sostenitori della tesi della
diversità culturale, nel precisare che "l'Eccezione culturale" non sarebbe
che un mezzo per garantire la diversità culturale.
In realtà, la controversia retorica dissimula una contrapposizione di
significato politico  e di portata giuridica che può essere facilmente
chiarita da un breve excursus storico sulla creazione dell'OMC e, al suo
interno, sul GATS, o AGCS (Accordo Generale sul Commercio dei servizi).

Dal GATT all'OMC
All'inizio era il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade - accordo
generale sulle tariffe doganali e del commercio), concluso all'indomani
della Seconda guerra mondiale in un contesto di ristrutturazione di un
ordine giuridico liberale, fondato, già allora, sui principi e sui valori
del libero scambio. In origine corrispondeva solo a una parte della Carta
dell'Avana (N.d.T.: Atto finale della Conferenza Internazionale sul
commercio e il lavoro, svoltasi all'Avana, tra il novembre del 1947 e maggio
del 1948) con l'obiettivo  di costruire l'Organizzazione Internazionale del
Commercio (OIC), terzo pilastro di quest'ordine liberale, accanto alle altre
istituzioni di Bretton-Woods: il F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale) e
la Banca Mondiale. Ma questo trattato internazionale non fu mai ratificato
per via dell'opposizione degli Stati Uniti che gli rimproveravano di essere,
in ultima analisi, non sufficientemente garantista del libero scambio. Così,
il GATT, un semplice accordo parziale, andava così ad assumere una funzione
succedanea a quella dell'organizzazione internazionale abortita sul nascere.
Ed è proprio perché il GATT non copriva che parzialmente e in modo
incompleto gli obiettivi della liberalizzazione del commercio internazionale
che  periodicamente si provvide a completarlo con dei cicli - o "Round" - di
negoziazioni commerciali multilaterali che avevano per obiettivo
l'allargamento dei suoi campi di competenza. Fu così che nel 1986, si aprì
un nuovo ciclo, "l'Uruguay Round" con l'intenzione di estendere anche al
settore dei servizi i principi del libero scambio, applicabili  dal GATT al
solo campo del commercio delle merci. Tra i servizi, definiti "commercio
invisibile" in opposizione al "commercio visibile" delle merci, figurano
l'audiovisivo e il cinema. Il problema centrale che generò l'argomento, da
allora qualificato come "Eccezione culturale", consiste nel rifiutare
l'applicazione dei principi del libero-scambio propri del GATT, poi
diventato OMC (creato, come da termini dell'Uruguay Round, dagli accordi di
Marrakech), nei settori culturali quali, appunto, l'audiovisivo e il cinema.
"L'Eccezione culturale" attiene quindi alla più elementare delle
problematiche giuridiche: da una parte vi sono dei principi, e dall'altra
delle eccezioni che sfuggono all'applicazione di quei principi.

I principi del libero scambio contro i finanziamenti pubblici della cultura
Ma quali sono, schematizzando, i principi messi in causa? Possiamo dire che
sono affini al principio generale di "non discriminizzazione" tra  merci, o
servizi, in ragione della loro origine, nazionale o straniera: gli stati
membri dell'OMC devono trattare i servizi stranieri alla stessa stregua e
negli stessi termini dei loro propri servizi nazionali.
I principali principi in causa, dipendendo dalle diverse modalità  di messa
in opera, riguardano così la liberalizzazione progressiva degli scambi, il
principio della nazione più favorita (secondo il quale qualsiasi trattamento
più favorevole accordato da uno Stato membro a prodotti - merci o servizi -
provenienti da un altro Stato, deve essere esteso a qualsiasi altro Stato
per prodotti similari), il principio del trattamento nazionale secondo il
quale gli Stati membri devono trattare i prodotti stranieri e i loro
produttori, come i  loro prodotti nazionali, i loro stessi cittadini, ecc.
L'applicazione di tali principi avrebbe come conseguenza diretta lo
smantellamento dei sistemi giuridici e finanziari che organizzano e regolano
le attività culturali, sfuggite finora alla  logica del solo mercato e del
profitto. L'esempio del sistema francese di finanziamento e di
organizzazione, del cinema e  della televisione, è in questo senso
emblematico: il sostegno finanziario pubblico all'industria cinematografica
e audiovisiva permette, con meccanismi diversi (aiuti automatici, aiuti
selettivi) di assicurare il finanziamento della creazione e produzione
francese, in base, ovviamente, a criteri di nazionali dell'opera. E' un tale
sistema  che ha permesso al cinema francese di continuare ad esistere,
mentre l'applicazione di regole ordinarie di scambio merci non porterebbe ad
altro che a lasciar esistere, essenzialmente, solo il cinema americano, come
già accade - purtroppo - nella maggioranza dei paesi europei.
Nella stessa logica, le quote riservate dalla televisione alle opere
nazionali e europee sono, è evidente, direttamente antinomiche ai principi
del libero scambio globalizzato dato che non hanno altro fine se non
esattamente quello di impedire l'egemonia delle produzioni americane.
Per farla breve, i principi istitutivi dell'OMC da un lato, e dall'altro le
modalità di finanziamento dell' "industria culturale" in un paese come la
Francia, si caratterizzano per una contrapposizione frontale. E' da questa
contraddizione che deriva il concetto di "Eccezione culturale": mentre il
principio del libero scambio commerciale costituisce il fondamento e la
finalità dell'OMC, questo principio non si applicherà alle attività aventi
una natura culturale, come è il caso del cinema e dell'audiovisivo.
D'altra parte si comprende immediatamente che qualunque siano i rischi
semantici della nozione di "Eccezione" culturale, questa è dotata di un
chiaro significato e di una evidente efficacia giuridica: la non
applicazione dei principi della liberalizzazione commerciale alle opere
cinematografiche e audiovisive, sulla base di una logica di eccezione
fondata sul carattere culturale delle suddette opere.
La nozione di "diversità culturale", invece, è sprovvista di pertinenza
giuridica: non può che rivestire un carattere "proclamatorio" o
"declamatorio", sprovvista quindi di  efficacia.

Le contraddizioni inerenti alla rivendicazione della diversità e della
Eccezione culturale
La tendenza oggi dominante di reclamare uno strumento giuridico specifico
per la cultura è intellettualmente seducente, ma politicamente e
giuridicamente è un azzardo: l'OMC ha la competenza sui servizi, e le opere
cinematografiche e audiovisive sono esattamente dei servizi. In quanto tali
non sfuggono alle regola del GATS se non nella logica procedurale della
Eccezione, che permette agli Stati di non sottoscrivere degli impegni di
liberalizzazione nei settori interessati.
Prima di promuovere l'adozione di un trattato internazionale specifico sulle
questioni culturali, converrebbe inizialmente fare adottare, in seno
all'OMC, una clausola di "esclusione culturale" che esenti esplicitamente le
attività culturali dalla competenza dell'OMC, cosa che gli Europei non hanno
né ottenuto, né rivendicato nel corso delle citate negoziazioni del GATT. In
mancanza di una tale esclusione preventiva, l'adozione di un testo
internazionale che proclami la "diversità culturale" resterebbe
un'illusione.
Questa divergenza terminologica non è l'unica contraddizione delle
argomentazioni "franco-europee", nel dibattito sull' "Eccezione culturale".
Innanzitutto bisogna interrogarsi sulla polarizzazione del dibattito sul
solo audiovisivo, proprio mentre l'audiovisivo tende a emanciparsi sempre
più nettamente dalle esigenze culturali per obbedire solo alle regole di
Audimat (l'equivalente dell'Audiotel italiano - N.d.T.) e delle "componenti
del mercato", ivi comprese - talvolta - le televisioni pubbliche.
E' uno degli aspetti delle contraddizioni  dei discorsi sull' Eccezione
culturale, apertamente rivendicata contro l'invasione di immagini americane
e certe pratiche del cinema e della televisione francese che mutuano da
quest'ultimo alcuni dei suoi caratteri peculiari:la standardizzazione delle
tematiche, sempre più formattate per fidelizzare la clientela, la
riscrittura multipla degli scenari, il ricorso allo "star-system" fondato
sulla ricerca dell'audience (ascolto),  a detrimento delle caratteristiche
artistiche e sacrificando il budget disponibile per attori di grande
talento, ma privi di richiamo (valore) commerciale.
Ma soprattutto, la principale potenziale contraddizione  consiste nel
lasciar credere che la cultura possa  essere salvata solo smantellando  un
insieme di interventi regolatori pubblici. Possiamo dire di voler salvare la
cultura dalla mercificazione liberale senza difendere congiuntamente le
politiche pubbliche e i servizi pubblici nel campo della Sanità e
dell'educazione? Una concezione della cultura, autonoma, ai limiti
dell'autismo, è destinata al fallimento - da un punto di vista strategico -
ed è sprovvista di legittimità in termini etici.
In proposito, il fallimento del progetto AMI (progetto di Accordo
Multilaterale sugli Investimenti) costituisce un precedente ricco di
insegnamenti: per salvare la cultura non conveniva cimentarsi in un
bizantinismo giuridico per immaginare dei dispositivi tecnici di "riserva"
alle disposizioni di questo testo nel campo della cultura, ma semplicemente
di ricusare  in toto, nel suo insieme, questo progetto di trattato
ultraliberale. Cosa che fu ottenuta.
Quest'esperienza dovrebbe interrogarci in merito alla "vigilanza" del
Comitato di vigilanza per la diversità culturale che, come è noto, ha scelto
di affidarsi  all'esperienza di personalità che accettarono, all'epoca, la
logica globale dell'AMI, temperata da simili dispositivi di "riserva" per la
protezione della cultura  che avrebbero portato, secondo la metafora di
Bertrand Tavernier, a creare, di fatto, delle nuove "riserve indiane" per i
cineasti francesi ed europei.

Note
(1) J.M. Messier - sostenitore del neoliberismo, è stato presidente della
Compagnie générale des eaux, diventata poi Vivendi, e in
seguitoVivendi-Universal . Sul suo conto si vedano vari articoli su LE MONDE
DIPLOMATIQUE, tra cui quello di FRÉDÉRIC LEBARON, maggio 2002, al sito:
http://www.monde-diplomatique.fr/2002/05/LEBARON/16414

Traduzione a cura di: Luisa Villa

* Serge Regourd Professore all'Università di Scienze Sociali di Tolosa.
Autore de "L'eccezione culturale" Que Sais-Je (P.U.F. 2002)
--------------------------
Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici
volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia redazione at attac.org
Riproduzione autorizzata previa citazione e segnalazione del "Granello di
Sabbia - ATTAC - http://attac.org/";