mobilita' e inquinamento



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Mobilità e inquinamento 
“Inquinamento e congestione: proposte per una mobilità sostenibile nelle
città”
Roma febbraio 2002
Schema della relazione
di Maria Rosa Vittadini
 

1. Il rapporto TERM 2001: un quadro europeo disomogeneo

Il rapporto annuale dell’Agenzia Europea dell’ambiente TERM (transport and
environment reporting mechanism) misura con indicatori sistematici
l’integrazione di criteri ambientali nelle politiche dei trasporti degli
Stati membri. Accanto ad alcuni progressi il TERM 2001 mostra il permanere
delle cause strutturali del peggioramento ambientale e la necessità di
adottare misure ben più severe per invertire le tendenze in atto.

Le attività di trasporto consumano energia in misura crescente. Dal 1985 la
crescita dei consumi energetici dei trasporti è stata del 47% a fronte
della crescita del 4,2% degli altri settori. Più del 30% dell’energia per
consumi finali è attribuibile al settore dei trasporti. Il settore è la
fonte maggiore di emissione di CO2 e contribuisce con il 24% al totale
delle amissioni. Tra il 1990 e il 1998 le emissioni di CO2 da trasporti
sono cresciute del 15%. Se si prescinde dall’accordo volontario stabilito
con i produttori di automobili per ridurre le emissioni (ACEA agreement)
occorre aspettarsi per il solo trasporto stradale una crescita delle
emissioni di CO2 del 29% al 2010; se l’accordo verrà rispettato la crescita
si ridurrà a circa 11%.

A livello europeo il progresso tecnologico nel settore dei trasporti ha
ridotto le emissioni di sostanze acidificanti del 20% e i precursori
dell’ozono troposferico del 25% tra il 1990 e il 1998. Ma occorre un forte
impegno aggiuntivo per conseguire gli obiettivi di riduzione dei NMVOC
(composti organici volatili non metanici) e di Nox stabiliti per il 2010.

Il punto dolente del sistema sono le aree urbane, nelle quali nonostante
alcune tendenze al miglioramento, la quota di persone esposte a
concentrazioni di inquinanti superiori alle soglie ammissibili resta
altissima. E’ prevedibile al 2010 una riduzione sostanziale della
popolazione esposta per quanto riguarda Benzene, Nox e CO; resta altissima
la popolazione esposta per il PM10. E resta elevata la quota di popolazione
sposta a livelli di rumore elevati (12 milioni di persone esposte a livelli
compresi tra 65 e 75 dB(A); oltre 6 milioni a livelli superiori a 75 dB(A).

Il trasporto dei passeggeri ha continuato a crescere e a rivolgersi
principalmente al trasporto stradale, con ulteriore caduta del livello di
occupazione dei veicoli e ulteriore allungamento delle distanza medie
giornaliere.

Il trasporto delle merci ha continuato a crescere e a rivolgersi alla
modalità stradale. Il trasporto stradale rappresenta ormai il 43% del
totale delle tonn-km (erano il 33% nel 1980) e riguarda oltre l’80% delle
tonnellate trasportate. La distanza media è di 110 km. Il trasporto via
nave ha guadagnato posizioni e si colloca, in termini di tonn-kn, sulla
stesso piano della strada. La ferrovia ha perso drammaticamente quote di
mercato (-8 % tra il 1980 e il 1998).

Nel complesso il costo della mobilità automobilistica è cresciuto meno di
quanto non siano cresciuto il prezzo del trasporto ferroviario e del
trasporto pubblico. I tentativi condotti da alcuni paesi riguardo alla
internalizzazione dei costi esterni trova ancora molte difficoltà. Il
primato del costo esternalizzato per unità di trasporto appartiene al
trasporto aereo, ma in ogni caso la struttura dei prezzi non rispecchia il
costo marginale sociale del trasporto soprattutto nelle ore di punta e
nelle aree urbane.

Il quadro tracciato per il complesso dei paesi europei rispecchia
pienamente la situazione italiana, dove gli squilibri verso la strada
permangono più elevati che altrove e i miglioramenti tecnologici più lenti.

Il rapporto annuale TERM 2001 costituisce lo strumento per il monitoraggio
dei risultati ambientali della politica comunitaria dei trasporti ed ha
l’ambizione di misurare il conseguimento degli obiettivi fissati dai
programmi d’azione ambientale. Il quadro 2001 sopra sinteticamente
accennato non lascia ben sperare né sul raggiungimento degli obiettivi di
Kyoto né sul concreto indirizzo verso la sostenibilità del sistema.

 

2. Il Libro bianco sulla politica europea dei trasporti per il 2010: è
tempo di decidere

Il V Programma d’azione ambientale della Comunità europea ed ora, con ancor
più energia, il VI Programma d’azione hanno indicato il settore dei
trasporti come quello per il quale le tendenze “spontanee” tendono più
chiaramente verso prospettive non sostenibili e per il quale sono
necessarie con più evidenza riforme e politiche nuove al fine di ridurre la
divergenza dalla sostenibilità.

Le diagnosi dell’Agenzia Europea per l’Ambiente indicano, come si è visto,
ulteriori peggioramenti. Nonostante qualche progresso la situazione non è
rosea e le prospettive indicano, per il futuro, ulteriori tendenze alla
crescita dei modi ambientalmente più aggressivi, come il trasporto stradale
e quello aereo, e ulteriori crescite dei relativi impatti.

Le preoccupazioni ambientali costituiscono uno degli elementi centrali
della politica europea dei trasporti espressa nel Libro Bianco, accanto
alla attenzione verso la garanzia della concorrenza e verso l’efficienza
del sistema rispetto ad una domanda di trasporto di merci e di passeggeri
quantitativamente crescente e qualitativamente sempre più esigente in un
mercato sempre più integrato ed allargato.

Il Libro bianco comunitario reca nel titolo stesso l’intenzione di passare
da una formulazioni politiche di puro indirizzo (e di efficacia relativa) a
formulazioni più stringenti che consentano di rompere gli indugi che fino
ad oggi hanno rallentato le riforme e politiche capaci di avviare il
settore dei trasporti verso una maggiore sostenibilità: è tempo di
decidere. E’ tempo che la Comunità attui davvero quel coordinamento della
politica dei trasporti previsto dai trattati istitutivi e che ad oggi si è
esercitato, con risultati modesti, solo per quanto riguarda le grandi
infrastrutture e l’apertura dei mercati (ferrovie, aerei, trasporto
pubblico locale, ecc.).

Il Libro bianco avanza una serie di proposte sulle quali i singoli stati
membri dovranno esprimersi nei mesi futuri. In seguito a queste
consultazioni la Comunità potrà stabilire la natura degli obiettivi da
raggiungere e il loro livello di cogenza.

Il Libro bianco indica alcuni principi e circa sessanta concrete “azioni”
di sviluppo e di gestione del sistema dei trasporti destinate, tra l’altro,
a farlo avanzare verso la sostenibilità.

Uno dei principi cardine riguarda l’integrazione dei trasporti nello
sviluppo sostenibile, da ottenersi attraverso lo “sganciamento” progressivo
fra crescita economica e crescita dei trasporti, senza peraltro tentare di
deprimere la domanda. La strategia proposta combina la tariffazione
sull’uso delle infrastrutture con il rilancio dei modi alternativi al
traffico stradale ed investimenti mirati nella rete transeuropea, con
l’obiettivo di riportare la ripartizione modale a quella registrata nel
1998 tendendo ad un riequilibrio entro il 2010.

Per sostanziare l’attuazione l’integrazione dei trasporti nello sviluppo
sostenibile si indicano molte politiche che vanno tra loro integrate e
coordinate. Sono misure di carattere e di portata diversissima, che
riguardano un grandissimo ventaglio di politiche, alcune delle quali
riguardano addirittura altri campi, come l’assetto del territorio o le
scelte di politica industriale. Le misure si pongono come traguardo il
2010, ma si prevede un primo momento di controllo sul conseguimento degli
obiettivi al 2005.

 

3. Il Libro Bianco: un insieme eterogeneo di misure

Le principali misure tra riguardano i seguenti campi di intervento:

il rilancio delle ferrovie con lo sviluppo di una reale concorrenza tra
imprese ferroviarie e un miglioramento effettivo soprattutto per il
trasporto merci (sicurezza, interoperabilità, regole comuni, ecc.). In
prospettiva si chiede di valutare l’opportunità dello sviluppo di una rete
ferroviaria dedicata esclusivamente alle merci; 

il miglioramento della sicurezza stradale soprattutto attraverso regole di
armonizzazione delle clausole contrattuali al fine di proteggere i
trasportatori rispetto ai caricatori, in modo che possano rivedere le
tariffe in caso di aumento dei prezzi del carburante. Si prevede di
intensificare sostanzialmente il controllo sul rispetto della legislazione
sociale e dei diritti dei lavoratori e di armonizzare i controlli al fine
di eliminare le pratiche che ostacolano la concorrenza; 

la promozione dei trasporti marittimi e fluviali con il rilancio delle
“autostrade del mare”, nuove e più severe regole sulla sicurezza in mare,
nuove regole sociali minime e lo sviluppo di un vero e proprio sistema
europeo di gestione del traffico marittimo; 

la conciliazione della crescita del trasporto aereo con l’ambiente fissando
una regolamentazione comunitaria del traffico aereo nonché subordinando
l’aumento della capacità degli aeroporti ad una nuova regolamentazione per
ridurre l’inquinamento acustico ed ambientale provocato dagli aerei; 

la realizzazione della rete transeuropea dei trasporti con priorità al
superamento delle strozzature della rete ferroviaria che dovrà assorbire
gli aumenti di traffico transfrontaliero e migliorare l’accessibilità delle
regioni periferiche. A tale scopo si propone di innalzare al 20% il
contributo finanziario comunitario; 

l’applicazione di una efficace politica di tariffazione dei trasporti si
tratta in primo luogo di armonizzare la fiscalità dei carburanti ad uso
professionale, soprattutto per il trasporto stradale e di ravvicinare i
principi tariffari di uso delle infrastrutture tenendo conto dei costi
esterni. Tale principio deve permettere di incoraggiare l’uso dei modi di
trasporto con minori impatti sull’ambiente finanziandoli con le risorse
derivanti dalla internalizzazione dei costi ambientali finora esternalizzati; 

il riconoscimento dei diritti e doveri degli utenti quali il diritto
all’informazione, alla compensazione nei casi di overbooking, indennizzi in
caso di incidente, ecc.; 

lo sviluppo di trasporti urbani di qualità favorendo, pur nel rispetto dei
principi di sussidiarietà, lo scambio e l’incentivazione di “buone pratiche”; 

l’innovazione tecnologica servizio di veicoli puliti ed efficienti con un
nuovo programma di ricerca sul veicoli e sui carburanti. Si preannuncia una
direttiva sulle modalità di pagamento dei pedaggi autostradali e sulle
norme di sicurezza in galleria; 

la buona gestione della mondializzazione rafforzando il ruolo della
Comunità verso le altre organizzazioni internazionali in materia di
trasporto; 

lo sviluppo di obiettivi ambientali a medio e lungo termine per un sistema
di trasporto sostenibile dando impulso al sistema di monitoraggio gia
avviato (TERM) con la definizione di obiettivi quantificati e di indicatori
effettivamente significativi per il controllo del raggiungimento di tali
obiettivi. 

 

4. Indicazioni per il caso italiano

Il caso italiano ha specificità sue proprie. La ripartizione modale più
squilibrata che altrove in favore della strada rende i problemi ambientali
del sistema di trasporto italiano più gravi e più urgenti che altrove.

Se una critica deve essere fatta riguarda la vaghezza ancora elevata con la
quale talune misure sono proposte e la mancanza pressoché generalizzata di
obiettivi definiti, analoghi a quelli stabiliti per Kyoto.

Anche la riduzione della CO2 non è considerata quantitativamente stringente
per il settore dei trasporti, in quanto non è stato stabilito in che misura
i trasporti debbano contribuire al suo raggiungimento. Quello che è certo è
che l’andamento tendenziale del settore potrebbe impedire di fatto il
raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.

Una seconda carenza evidente riguarda la ridotta attenzione verso le
cosiddette “politiche di domanda” ovvero tutte quelle politiche tendenti
sul breve termine a cambiare i comportamenti e sul lungo termine a cambiare
le determinanti territoriali della generazione della domanda. Anche in
questo caso si tratta di politiche complesse, che vanno dalla tariffazione
alla comunicazione, all’urbanistica fino all’ecolabelling del contenuto di
trasporto (e quindi di inquinamento) dei prodotti offerti ai consumatori.

Dal punto di vista delle conseguenze ambientali alcune delle politiche
proposte appaiono condivisibili e di grande interesse:

l’obiettivo di riportare la ripartizione modale a quella del 1998
costituirebbe un importantissimo segnale di inversione di tendenza, anche
se occorre notare che in Italia la ripartizione modale del 1998 era
comunque molto squilibrata a favore della strada; 

l’idea di associare all’investimento infrastrutturale nelle modalità
alternative alla strada (tipicamente la ferrovie e le vie marittime) una
efficace tariffazione capace di orientare nella medesima direzione il
comportamento degli utilizzatori delle attività di trasporto; 

l’idea di trasformare finalmente l’intermodalità in una strategia europea
economicamente conveniente e capace di sostanziare l’intero sistema dei
trasporti, combinando insieme i necessari potenziamenti infrastrutturali
(gabarit ferroviari, interoperabilità, piattaforme logistiche e
infrastrutture di interscambio, corridoi internazionali), ma soprattutto
intervenendo sulle modalità di organizzazione delle catene di trasporto, di
informazione e controllo dei traffici mediante la diffusione delle
tecnologie telematiche e dell’informazione; 

l’idea di far realisticamente contribuire i proventi derivanti dalla
internalizzazione dei costi ambientali al finanziamento degli investimenti
nelle modalità meno aggressive nei confronti dell’ambiente; 

 

5. Le città e le aree metropolitane: il cuore del problema

La specificità del caso italiano richiede che sia posto l’accento anche su
temi che il libro bianco considera solo marginalmente e che erano invece
con maggior approfondimento stati affrontati nel Piano generale dei
trasporti e della logistica (PGT):

Il problema della integrazione tra infrastrutture e servizi per le lunghe
distanze e le infrastrutture e servizi per muoversi nelle aree
metropolitane e nelle aree dense. Il collegamento, data la strutturazione
del territorio italiano, è strettissimo. Secondo le stime del PGT oltre il
65% della mobilità si svolge all’interno delle aree dense e delle aree
metropolitane. Sia le infrastrutture che i servizi di trasporto pensati per
le lunghe distanze hanno comunque almeno un terminale nelle aree addensate,
dove si verificano i maggiori problemi di inquinamento atmosferico,
acustico la congestione e i maggiori problemi di sicurezza. Le aree urbane
costituiscono quindi il vero problema strategico del paese e ad esse
dovrebbero essere dedicati anche strumenti straordinari come la legge
obiettivo; 

Un primo strumento era stato individuato dal PGT nei Piani Urbani della
Mobilità (PUM). Si trattava di uno strumento importante, capace di superare
le difficoltà dei Piani urbani del traffico (solo di breve periodo e senza
interventi infrastrutturali) e il Piani dei trasporti (di lungo periodo e
concentrati prevalentemente su problemi infrastrutturali). I PUM e il
sostanzioso concorso al loro finanziamento da parte dello Stato costituiva
una sorta di progetto speciale decennale finalizzato ad offrire alle città
e alle aree metropolitane risorse aggiuntive per superare il gap
infrastrutturale e di trasporto pubblico. 

Le condizioni attuali mostrano ad evidenza la necessità di accelerare e
potenziare l’introduzione dei PUM da finanziare in base ad obiettivi di
miglioramento ambientali definiti e dall’altra parte la non desiderabilità,
in linea di principio, di specializzazioni che impediscano alle grande reti
infrastrutturali di contribuire, ove ce ne sia bisogno, al sostegno della
mobilità di ordine locale. Attraverso un uso esteso di tecnologie
telematiche è possibile ottimizzare l’uso delle infrastrutture e garantire
al tempo stesso la massima flessibilità alla domanda dei cittadini (come ad
esempio il telepass per il controllo all’entrata dei centri storici). 

Il decentramento dei poteri alle Regioni potrà portare notevolissime
innovazioni, se solo sarà possibile allentare le perduranti rigidità che
derivano dal regime concessionario delle autostrade inopportunamente
sistematicamente prolungato negli anni recenti. 

Nei PUM devono trovare pieno sviluppo le misure finalizzate al governo
della domanda di mobilità, con tariffazioni coordinate della strada, dei
trasporti puibblici e dei parcheggi. Con politiche urbanistiche. Con il
coinvolgimento della popolazione per lo sviluppo di misure di traffic
calming e di reti “di vicinato” per i pedoni e le biciclette. 

Una particolare attenzione andrebbe posta alla parte terminale delle catene
logistiche del trasporto delle merci. La distribuzione in ambito urbano
infatti richiede innovazioni importanti in termini di organizzazione del
sistema (orari, razionalizzazione dei carichi e dei percorsi, adozione di
tecnologie ad elevata prestazione ambientale, uso di strumenti telematici
per la distribuzione e per il consumo). 

Molta attenzione infine andrebbe posta alle “determinanti” della mobilità,
ovvero alla organizzazione del territorio dalla quale tale mobilità
(soprattutto quella obbligata) in gran parte dipende. Il risparmio della
mobilità obbligata dovrebbe costituire un obiettivo esplicito delle
politiche di localizzazione delle attività e dei servizi. Un impulso
notevole al risparmio di mobilità deve derivare dalla riorganizzazione e
dall’innovazione tecnologica dei servizi prestati dalla Pubblica
Amministrazione, dove sussiste un largo margine per l’introduzione di
tecnologie telematiche.