il welfare del governo



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Mercoledì 19 Febbraio 
 
 Il Welfare rifà i conti: vola l'assistenza
  
   ROMA - Un costo del Welfare oscillante tra il 25,4% e il 27,5% del Pil,
sensibilmente superiore a quello ufficiale, pari al 24,4%, e forse anche
della media Ue. Una spesa pensionistica non superiore all'11,6% del
prodotto interno lordo, più bassa di almeno 3,5 punti dei valori Eurostat,
e sostanzialmente in linea con l'Europa. Un "peso" dell'assistenza maggiore
di quasi tre volte quello contabilizzato attualmente: 50 miliardi ? invece
di 18. Una bomba praticamente innescata, da 20 miliardi l'anno, chiamata
contribuzione figurativa. Sono questi i lineamenti del sistema italiano di
protezione sociale che scaturirebbe dall'applicazione del nuovo metodo di
classificazione della spesa pensionistica e delle voci dello Stato sociale,
contenuto in uno studio (dati '99) elaborato dal sottosegretario al
Welfare, Alberto Brambilla. Studio che sarà illustrato oggi al Cnel alla
presenza, oltre che di Pietro Larizza, del ministro Roberto Maroni e dei
segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. E che, privo di ricette politiche o
ipotesi di intervento, ha il solo obiettivo di aprire un dibattito sui
sistemi di classificazione delle uscite per il Welfare: anche perché
all'interno della stessa Ue vengono utilizzati modelli diversi. Di qui la
necessità di «gettare un sasso nello stagno» e aprire un nuovo fronte di
discussione, anche in vista del semestre di presidenza italiana della Ue
nel corso del quale quello delle pensioni sarà un tema centrale. E proprio
sulle pensioni è arrivato il parere della commissione Bilancio della
Camera, in cui sostanzialmente si chiede al Governo di "vincolare" ai
pareri delle commissioni parlamentari i decreti attuativi della delega
Maroni, soprattutto per la copertura finanziaria. Viene poi suggerito di
abolire il limite minimo della decontribuzione sui neo-assunti (la forbice
scende di fatto da 3-5 punti a 0-5 punti, spianando la strada a un taglio
soft) e di introdurre progressivamente la "totalizzazione". La Cgil intanto
torna all'attacco: i ministri Maroni e Tremonti stanno preparando un blocco
delle "anzianità". «La sclerosi» dei conti. Nel rapporto Brambilla si parla
di una «sclerosi» della comunicazione, nella classificazione europea
(almeno in parte) e in quella nazionale delle voci di Welfare: l'Istat, ad
esempio, continua a classificare i dati sulle pensioni senza tenere conto
della distinzione tra previdenza e assistenza. Dati non corretti che
vengono utilizzati dalla Ragioneria nella Relazione generale sulla
situazione economica del Paese e poi forniti a Eurostat che li prende a
riferimento. Separare previdenza e assistenza. Brambilla sostiene che
occorre separare le voci previdenziali da quelle assistenziali: Tfr (nel
'99 ammontava a circa 15 miliardi ?), indennità, una parte delle
invalidità, integrazioni al minimo e "reversibilità" «non hanno la
caratteristica di "pensioni"». Il sottosegretario considera grave la
mancata contabilizzazione delle contribuzioni figurative e giudica
sottostimate la spesa assistenziale degli enti locali, la spesa pubblica
per la casa e i sostegni alla famiglia e contro l'esclusione sociale.
Spostando queste voci, il costo dell'assistenza nel '99 salirebbe dall'1,6%
al 4,5% del Pil, la funzione disoccupazione dallo 0,4% all'1,76%, le uscite
per la famiglia dallo 0,9% al 3,18% e quelle per l'esclusione sociale da
quasi zero allo 0,34% del Pil. Il minor peso della previdenza. I dati
Eurostat '99 attribuiscono alla spesa complessiva per pensioni un'incidenza
sul Pil del 17,2% (il 70,6% dell'intero costo del Welfare), che scende a
quota 15,1% prendendo a riferimento la voce «spesa per pensioni e rendite».
Per l'Istat invece le uscite complessive hanno raggiunto il 14,6% del Pil
(59% del totale). Ma, applicando il metodo Brambilla, i dati mutando
sensibilmente: la spesa per pensioni e rendite scende all'11,66% del Pil
(il 47,8% del totale Welfare) e, nel computo complessivo, al 12,6% del Pil
(51,69% del totale). Spese più alte per il Welfare. A salire sarebbe la
spesa per il Welfare. Che dal 24,4% del Pil calcolato ufficialmente nel '99
lieviterebbe al 27,5% (26,4% la media Ue) o, al netto dell'incidenza
fiscale, al 25,4 per cento. MARCO ROGARI