piu' evadi meno paghi



       

Da l'Unità del 07.02.2003 
   
  Più evadi meno paghi
di Ferdinando Targetti

La Finanziaria fu presentata alla Camera con un certo numero di sanatorie e
condoni che avrebbero dovuto portare nelle casse dello Stato un gettito di
8 miliardi di euro.
Nel corso della discussione in Parlamento il governo si rese conto che
quella era una pia illusione e quindi ha aumentato il numero e l’estensione
dei vari condoni, che hanno raggiunto il numero di quindici.
La prima osservazione da fare è che il governo non ha mai modificato la
previsione del gettito, ipotizzando sempre di ricavare 8 miliardi. Questo
la dice lunga sulla approssimazione con la quale il ministero dell’Economia
riesce a quantificare le proprie misure di finanza pubblica. 
La seconda osservazione riguarda l’approssimazione con le quali le norme
sono state scritte. Esse sono state scritte in fretta e furia, rese
impraticabili da marchiani errori, palesi incongruenze e contraddizioni tra
articoli e articoli. Per questo motivo il governo ha approfittato del primo
decreto legge utile, il 282 del 24 dicembre scorso, per inserirvi un
emendamento del relatore che cercasse di sanare quelle deficienze e, già
che c’erano, di ampliare il ventaglio dei condoni. Questo provvedimento è
all’esame della Camera, poi passerà al Senato dove non potrà essere
modificato perché deve essere convertito in legge prima del 22 febbraio.
La terza osservazione riguarda la varietà delle sanatorie. Si può dire che
sono stati confezionati un insieme di abiti su misura per gli evasori:
ognuno ha il suo tipo di condono a secondo delle esigenze, come se fossero
dei consumatori. Il governo ha esteso il concetto di sovranità del
consumatore a quello dell’evasore. Tra le varie misure spicca lo scudo
fiscale, che è una regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero anche
da imprese per la costituzione di fondi neri o per disporre di strumenti di
corruzione e il condono tombale. Innanzitutto vorrei ricordare che
all’inizio dell’iter della Finanziaria il governo disse che di condono
tombale non se ne sarebbe parlato e invece eccola lì una regolarizzazione
dei periodi di imposta dal 1997 al 2001 con il pagamento di una certa
percentuale dell’imposta lorda pagata a suo tempo (articolo 9).
La quarta osservazione riguarda l’importo dei pagamenti: qui si entra a
pieno titolo nel campo di una perfida farsa. Innanzitutto va chiarito che
la base imponibile su cui si applica il condono tombale è l’imposta lorda
dichiarata. Ammettiamo quindi che se due contribuenti dovessero entrambi
10mila euro di imposte dirette al Fisco, quello che ha dichiarato 4mila (e
ha evaso 6mila) pagherà la metà di quello che ha dichiarato 8mila (e ha
evaso 2mila): chi più evade meno paga! In secondo luogo ci sono le aliquote
decrescenti: con la Finanziaria chi si fosse avvalso del condono avrebbe
dovuto pagare fino a 10mila euro il 18%, tra 10 e 20mila il 16%, oltre
20mila il 13%. Una volta di più chi più evade meno paga come aliquota
media. Ma siccome questo non bastava, nell’emendamento al decreto legge in
discussione alla Camera queste aliquote sono state tutte ridotte di ben 10
punti percentuali (e saranno 8%, 6% e 4%). E pensate che malgrado queste
enormi variazioni di aliquote le previsioni di gettito restano immutate a
riprova del totale pressapochismo del Ministero. Il relatore
dell’emendamento aveva poi tentato di far passare un’altra norma scandalosa
e cioè una soglia massima di pagamento di 100mila euro, qualsiasi fosse
stato l’importo dell’evasione. La feroce battaglia dell’opposizione ha
impedito che questo ulteriore regalo all’evasione diventasse legge e quella
norma è stata ritirata.
L’ultima osservazione riguarda gli aspetti penali. Il governo del
centrosinistra aveva individuato una serie di reati penali (dlg 74 del
2000) come dichiarazione fiscale omessa, falsa o fraudolenta, distruzione o
occultamento di contabilità, falso in atto pubblico e privato per finalità
di evasione eccetera. Il condono ripulisce da reati del penale tributario
strumentali all'evasione fiscale. Ma la norma non può essere costruita come
se si introducesse un’amnistia (che cancella il reato) a pena di
incostituzionalità. Infatti nel 1993 fu attuata una modifica costituzionale
in base alla quale l’amnistia può essere votata dal Parlamento solo con una
maggioranza qualificata. 
Questo è il motivo per cui prima del 1991 venivano promulgate amnistie ogni
tre o quattro anni poi mai più una. Se si fosse affermato che a chiunque è
sotto indagine o sotto processo, ma non ha avuto la sentenza definitiva,
con il condono gli viene estinto il reato, sarebbe stato equivalente a
varare un’amnistia. Per evitare l’incostituzionalità di una norma di
amnistia votata a maggioranza semplice, il governo ha seguito un’altra
strada che apre però il fianco ad un’altra obiezione di incostituzionalità.
I contribuenti sono stati distinti in due categorie a seconda dello stato
di avanzamento del processo. Nella prima categoria ci sono quelli nei cui
confronti pende un’indagine e che dunque sono stati già iscritti nel
registro degli indagati, ma non hanno ancora avuto notizia del processo
(non hanno ricevuto l’informazione di garanzia). Nella seconda quelli nei
cui confronti pure pende un procedimento, ma a cui è già stata notificata
l’informazione di garanzia. 
Il contribuente che è nella prima categoria può far ricorso al condono e
non rispondere penalmente dei reati che gli sono imputati, quello nella
seconda categoria non può estinguere i reati penali con il condono. Ma il
passaggio dalla prima alla seconda categoria non dipende dal contribuente,
ma da una serie di circostanze esterne, processo lento o veloce, pubblico
ministero solerte o pigro eccetera. 
Per questo motivo la norma discrimina tra due soggetti a prescindere dal
loro comportamento e per questo motivo contrasta con il principio
costituzionale di parità di trattamento del cittadino verso la legge. 
E pensare che in sede di conversione del decreto legge (all’evidente scopo
di incentivare ancor più il condono) si sta pensando di sostituire
l’informazione di garanzia come momento discriminatorio tra contribuente
condonante favorito e contribuente condonante sfavorito, con l’atto di
esercizio dell’azione penale (vale a dire con l'atto con cui si chiudono le
indagini e si rinvia a giudizio l'imputato); sostituzione che allargherebbe
ancor più il numero dei contribuente/rei ai quali si è deciso di fare ponti
d’oro, ad ulteriore beffa e scorno invece per quegli altri contribuenti che
pur avendo versato quanto dovuto ai fini del condono dovranno ancora avere
a che fare col processo penale.