il mercato dell'auto mondiale



da liberazione.it
  
Il mercato vale 1,8 milioni di miliardi di euro e se lo dividono in sei  
L'auto mondiale nelle mani dei global player: Fiat non c'è  
Fabio Sebastiani 
 
Dieci anni fa, con Cesare Romiti che aveva appena silurato Vittorio
Ghidella, ogni cento auto vendute in Italia 57 erano Fiat, Lancia o Alfa
Romeo. Una penetrazione altissima che consentiva al gruppo torinese di
fregiarsi del titolo di numero uno in Europa: aveva il 15 per cento del
mercato continentale, superando di un soffio i rivali tedeschi della
Volkswagen. Un decennio dopo la situazione è completamente diversa: adesso
ogni dieci auto vendute in Italia solo tre sono prodotte dal gruppo Fiat e
le altre sette vengono dall'estero. E' questa la fotografia più sintetica
della crisi del Lingotto. Se si ragiona solo in termini finanziari, poi, la
situazione appare addirittura ridicola: la redditività della Fiat
nell'ultimo anno è stata così bassa che neppure i Bot rendono così poco
(1.5%). Se poi parliamo del margine sulle vendite la situazione è
disastrosa fin dal 1998: 2,2% per arrivare ad un misero 0,4% del 2001. 
Il mercato italiano dell'auto è stabilmente uno dei più importanti di
Europa (il terzo) e del mondo, con un acquisto medio di auto pari a
2.200.000 l'anno, con 2.400.000 vetture raggiunte negli anni più
favorevoli. Un mercato che vale 65 miliardi di euro. Nei primi nove mesi
del 2002 la flessione rispetto all 2001 della quota Fiat è stata pari al
19,2% (elaborazione Anfia su dati ministeriali). Peggio del Lingotto solo
marchi come Daewoo, Land rover Mitsubishi e Nissan. A tutta birra, invece,
marchi come Peugeot (+8,6%). Volvo (+3,8%) e Mercedes (+13). Insomma, tutte
le "classi" di vendita registrano per gli altri valori positivi. Senza
parlare, ovviamente, del boom della Smart (12%), che appartiene a quella
tipologia di automobile che la Fiat negli anni passati si rifiutò di
produrre. 

Sul fronte dell'Europa la casa torinese è scivolata al sesto posto con una
quota di mercato poco superiore all'8 per cento: nei primi otto mesi del
2002 le sue vendite hanno preso una botta del 19 per cento contro un calo
generale del mercato europeo del 4 per cento. 

Infine, la dimensione mondiale. A fine 2002 sono state vendute nel mondo
47.000.000 di automobili. La Fiat ne ha vendute poco più di un milione. 

Negli Stati Uniti le vendite raggiungeranno le 16.500.000 unità, in
Giappone le 4.350.000 unità mentre in Europa le vendite saranno 14.300.000.
Le previsioni globali non sono positive: nelle tre grandi aree,
registreranno una flessione Stati Uniti (-3,5%) ed Europa (-3,7%), mentre
il Giappone chiuderà l'anno con un lieve incremento (+1,4%). 

La torta del mercato mondiale vale più o meno 1,8 milioni di miliardi di
euro da spartire fra un'oligarchia di megagruppi. I loro nomi? General
Motors, Ford, Toyota, Volkswagen e Daimler Chrysler. E' questa la
classifica dei primi cinque produttori al mondo. 

Il nodo fondamentale resta quello della sovracapacità produttiva e della
esasperata diversificazione della domanda. I cosiddetti global players
stanno mettendo in atto politiche aggressive proprio su questi fronti.
Qualsiasi strategia, comunque, ha bisogno di fortissime liquidità. La Fiat
vede davanti a sé una situazione disastrosa in quanto si trova attaccata
sul proprio mercato, e in panne sul bilancio, non riesce a trovare una
seppur piccola via d'uscita su quelli esteri. La scelta di puntare al Sud
America, poi, si è rivelata, Brasile a parte, un vero e proprio disastro. 

Toyota, ad esempio, ha già detto chiaro e tondo che entro il 2010 intende
salire di almeno 3 milioni per occupare una fetta del mercato mondiale pari
al 15% (e diventare così il gruppo leader a livello planetario). Assai più
di General Motors e Ford è in grado di produrre utili. L'anno scorso la
casa giapponese avrebbe realizzato 4,7 miliardi di dollari di utile, contro
i 5,4 miliardi di dollari di perdite della Ford e i 601 milioni di utili
della Gm. Linea aggressiva anche per la più piccola ma efficientissima PSA
(Peugeot-Citroen), che promette un milione aggiuntivo entro il 2003, senza
contare le velleità di espansione di Bmw e delle marche nobili della Ford
(Jaguar, Volvo ecc.) contenute nello scrigno del Premier Group. 

Si tratta di un mercato che presenta diverse sfaccettature, naturalmente:
dalla Cina, che deve avviare ancora una prima fase di motorizzazione a
quell'87% di mercato rappresentato dall'Europa occidentale, dai paesi della
«NAFTA» (Usa più Canada e Messico) e da quelli dell'area asiatica
(Giappone, Cina e Corea del Sud) che ha come obittivo principale la
sostituzione fisiologica del parco circolante, e sono quindi le zone in cui
è più facile diminuire che crescere. Sul Giappone, in particolare, pesa una
crisi economica che non accenna a diminuire, al contrario molti prevedono
perfino un peggioramento. 

Altrove, territori anche vastissimi, a cominciare naturalmente dalla Cina,
appunto, per proseguire con l'India e l'Europa dell'Est, dovrebbero offrire
maggiori opportunità alla crescita ma solo per chi saprà proporre costi
stracciati. E secondo gli esperti l'unico produttore al mondo che può
vantare qualche capacità di riuscita è sicuramente la Toyota. 

Sulla carta spuntano, poi, almeno quattro milioni di possibili vendite in
tutta l'area dell'Europa orientale, senza dubbio in fermento, e almeno
altri due milioni sui fronti di Cina e India, mentre si riflette un minore
ottimismo dall'America Latina e da quel Mercosur che ha bruciato più d'una
autorevole previsione di pochi anni fa. 




 

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