italia crack delle finanze



dal mondo 15 nov.2002
 
ITALIA CRACK – DOPO FIAT E CIRIO, ALTRI FALLIMENTI RISCHIANO DI FAR SALTARE
IL SISTEMA CREDITIZIO (E FAZIO CHIAMA A RAPPORTO LE BANCHE)

Gian Carla Perego per Il Mondo 


Banche e imprese: un rapporto necessario, ma che può diventare pericoloso.
Come rischia di succedere in questa fase al sistema economico-finanziario
italiano nella quale, proprio come nel 1974, i banchieri tornano a
soccorrere gli industriali. Pericoli? Bankitalia giura che il sistema è
solido, ma intanto giovedì 14 novembre ha chiamato a rapporto i vertici dei
principali gruppi creditizi. Perché le banche sono diventate le stampelle
di un sistema in crisi. Negli ultimi anni, infatti, è aumentato in maniera
esponenziale il ricorso all'indebitamento da parte delle grandi imprese. 
 
L'ultima fotografia dell'ufficio studi Mediobanca, che riguarda 1.925
aziende (su bilanci 2001), parla chiaro: l'esposizione complessiva verso il
sistema creditizio ammonta ormai a 90,5 miliardi di euro. Confermando un
trend di crescita nel periodo 1991-2001, dopo anni di tendenza alla
riduzione. Le banche, insomma, hanno aperto i rubinetti del credito,
soprattutto nei confronti dei grandi gruppi e in particolare di utility e
tlc, tendenzialmente in grado di generare flussi di cassa sostanziosi e
quindi di ripagare i propri debiti. 

Ma a queste operazioni si aggiungono i prestiti a gruppi come Cirio, finito
in default dopo che non è stato in grado di rimborsare un'obbligazione in
scadenza per 150 milioni di euro e che è esposta verso le banche per 400
milioni. E non è solo il ricorso al credito ad aver rafforzato il legame
banche-industrie. Diversi istituti di credito hanno assunto direttamente
partecipazioni consistenti nel capitale delle imprese: un fenomeno che
ricorda la situazione che si era creata negli anni Trenta, quando il
sistema bancario italiano, pesantemente esposto verso l'industria (in forte
crisi), rischiò il collasso, evitato solo con la nascita dell'Iri. 

La lista dei casi sotto osservazione è lunga. Dopo Fiat, che ha visto
Capitalia, IntesaBci, Sanpaolo Imi e Unicredit finanziare il convertible
bond da 3 miliardi di euro, ora toccherà al gruppo Benetton-Autostrade
bussare agli sportelli. Per l'Opa lanciata da Schemaventotto sulla società
di gestione autostradale, nell'ipotesi ovviamente che questa vada a buon
fine, serviranno circa 8 miliardi di euro, che dovrebbero essere messi a
disposizione da un pool di banche. 

Per quanto riguarda il fronte equity, invece, basti citare l'esempio di
Edison-Italenergia, che post-fusione e dopo la diminuzione della quota in
capo a Fiat vede tra i propri azionisti tre banche, Capitalia, gruppo
Sanpaolo Imi, tramite Imi investimenti, e IntesaBci, rispettivamente con il
14,21, 12,48 e 10,66% del capitale. A quanto ammonta l'esposizione delle
banche verso le grandi imprese? Difficile giungere a una cifra precisa. Ma
per avere una panoramica sul settore, il Mondo ha analizzato un campione di
società quotate a Piazza Affari che presentano debiti pari o superiori al
patrimonio netto. 

Tra le prime, per esempio, c'è il gruppo Enel, che a fine giugno 2002
presentava un indebitamento finanziario complessivo pari a 25.864 milioni,
di cui 15.902 verso banche. Una grossa fetta del debito di Enel è data da
Wind, per 6 miliardi, e da Infostrada, per 1,5 miliardi. Mentre il dato di
Autostrade e Benetton aggiornato all'ultima semestrale non tiene ovviamente
conto dell'indebitamento che comporterà la riuscita dell'offerta pubblica
di acquisto. 

Più difficile, invece, stabilire l'esposizione complessiva verso le banche
di Edison-Italenergia. Dal prospetto informativo relativo alla quotazione
della nuova Edison, per, esempio, emerge che verso il solo gruppo San Paolo
Imi l'indebitamento era pari a circa 480 milioni di euro al 31 luglio 2002.
In totale, in base a dati ufficiali, la posizione finanziaria netta stimata
al 31 dicembre prossimo risulta pari a 7,9 miliardi di euro (era 10,5 al 30
giugno), al netto dei proventi per cessioni di Cereol, Provimi e Beghin
say. Cifra che va oltre il piano di dismissioni presentato dal management,
ma che non tiene conto del debito di Eurogen (poiché partecipata al 40%),
attorno a 1,5 miliardi. Dei 7,9 miliardi, inoltre, 5,6 devono essere
restituiti alle banche entro il 10 gennaio prossimo. Non a caso la società
dovrebbe avere in cantiere un aumento di capitale da 1 miliardo e ulteriori
finanziamenti dai soci. Anche per quanto riguarda il gruppo del Lingotto,
poi, i dati ufficiali sui debiti verso banche non abbondano. 


Tra le altre società, invece, che negli ultimi anni hanno sostenuto un
progetto di crescita sostanzioso, utilizzando anche la leva finanziaria,
c'è Parmalat. Il gruppo di Calisto Tanzi aveva al 30-6-2002 un
indebitamento finanziario netto di 2.015 milioni, operazioni di factoring
escluse, che dovrebbero superare i 600 milioni. In ogni caso il rapporto
debt su equity, cioè su patrimonio netto consolidato, secondo stime di
mercato dovrebbe attestarsi a fine anno a 0,84, grazie a un cash flow
previsto di circa 47 milioni di euro, al netto dei dividendi. 
Come finirà? Il mercato scommette che non ci saranno crac. In via Nazionale
ostentano sicurezza. Ma il caso Cirio non sarà archiviato facilmente.