economia all'idrogeno



dal messaggero  

----------------------------------------------------------------------------
----
 Giovedì 12 Settembre 2002  
Intervista a Jeremy Rifkin/L’economista americano parla del suo nuovo
saggio sulla prossima grande svolta
energetica. Spiega perché è inevitabile e come cambierà tutta la società.
Prendendo a modello Internet 
di MASSIMO DI FORTI 
«L’IDROGENO è l’elemento chimico più presente nell’universo, costituisce il
75 per cento della sua massa e il 90 per cento delle sue molecole. Non
inquina affatto ed è una fonte energetica potenzialmente illimitata. Sarà
l’idrogeno a sostituire il petrolio. O sarà un’autentica catastrofe per il
pianeta e per l’umanità». Ha dormito appena tre ore, Jeremy Rifkin, ma non
ha perso né acutezza né vivacità. E’ appena arrivato da New York e, in una
sala di un grande albergo romano, affronta con imperturbabile lucidità il
problema della rivoluzione prossima ventura che scuoterà da cima a fondo il
Villaggio Globale. Rifkin parla del suo nuovo saggio Economia all’idrogeno
(Mondadori, 344 pagine, euro 17,60), ultimo di una collana di bestseller
che abbracciano le utopiche prospettive di La fine del lavoro e gli scenari
avveniristici de Il secolo biotech, gli antidoti al consumismo prospettati
in L’era dell’accesso e la denuncia della “cultura della carne" di
Ecocidio. L’idea dell’idrogeno come soluzione dei problemi energetici -
ricorda - era stata avanzata addirittura da Jules Verne nel romanzo L’isola
misteriosa del 1874... Ma l’economista americano, che dirige a Washington
la Foundation of Economic Trends, non è un geniale profeta: è uno degli
scienziati sociali più preparati del mondo, un provocatore a tempo pieno
magari, ma soprattutto un aggiornatissimo osservatore delle tendenze
socio-economiche, capace come pochi di decifrarle e anticiparle. 
Professor Rifkin, lei sostiene che abbiamo soltanto quindici o venti anni
prima di dover dare l’addio al petrolio: non è una visione troppo
pessimista sul futuro dell’attuale sistema energetico? 
«In America alcuni esperti sostengono che ci saranno ancora trentacinque
anni prima dell’esaurimento del 50 per cento delle riserve globali di
petrolio. Ma dodici fra i più importanti geologi del mondo dicono che il
picco dei consumi del petrolio si verificherà entro il 2010-20, molto
prima. Tutti però sono d’accordo che ci sarà una grossa crisi e che, nel
frattempo, dipenderemo sempre di più dal Medio Oriente. Di fronte a questa
svolta storica, l’Europa sembra muoversi bene, puntando verso le energie
rinnovabili e verso l’economia fondata sull’idrogeno. Gli Stati Uniti,
invece, sono ossessionati dal mantenimento del vecchio regime petrolifero.
Bush pensa ai parchi nazionali che ci sono in Alaska. Siamo in piena crisi
con l’Iraq e si motiva un eventuale attacco con il pericolo delle armi di
distruzione di massa di Saddam, mentre non si dice che c’è in ballo,
eccome, il petrolio iracheno. E il 1° ottobre ci sarà l’accordo tra Putin e
Bush per la fornitura del petrolio russo all’America. Insomma, l’Europa va
incontro alla nuova era mentre gli Stati Uniti sono per la conservazione». 
Ma, a parte il suo imminente esaurimento, ci sono altre serie ragioni per
dire addio al petrolio? 
«Ce ne sono almeno tre. La prima è il surriscaldamento del pianeta, perché
l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera è ormai insostenibile. Lo
ha capito anche la gente comune. La seconda è il divario tra “quelli che
hanno" e “quelli che non hanno". Viviamo in un mondo incredibilmente
ingiusto: se mettessimo in questa stanza i 356 uomini più ricchi del
pianeta ci accorgeremmo che il loro reddito sarebbe il 40 per cento di
quello dell’umanità intera! E, tornando all’energia, molti hanno
dimenticato che il Terzo mondo si è indebitato fino al collo proprio
durante la crisi petrolifera degli anni 70. Il terzo problema è quello del
Medio Oriente. Dobbiamo combattere il terrorismo di Bin Laden. Adesso
vogliamo invadere l’Iraq per prendere il petrolio iracheno... Invece, i
grandi paesi industrializzati dovrebbero elaborare un piano comune per
passare dall’economia basata sul petrolio a quella basata sull’idrogeno». 
Quali sono i problemi da risolvere per consentire l’avvento dell’idrogeno? 
«Benché sia onnipresente in natura anche l’idrogeno, per essere usato come
forma di energia, deve essere estratto. Per esempio, dal metano che però ha
lo svantaggio di essere in via di esaurimento, cosa che avverrà circa dieci
anni dopo la fine del petrolio. E muoversi in questa direzione non avrebbe
molto senso... La soluzione migliore è l’elettrolisi, che utilizza
l’elettricità per scindere le molecole di acqua in atomi di idrogeno e
ossigeno. Dopodiché si separa l’idrogeno, si conserva e poi lo si può usare
in cellule combustibili come quelle impiegate dalla Nasa nelle missioni
spaziali A quel punto rimane rimane disponibile, come avviene oggi con il
carbone e il gas». 
Perché ci sono tante resistenze a un cambiamento che è inevitabile? 
«Non so. Eppure ci sono 850 grandi aziende che stanno iniziando questa
grande corsa verso l’idrogeno, da entrambe le parti dell’Atlantico. La
General Electric e la General Motors stanno costruendo le reti distributive
per le cellule di combustibili perché pensano che ci sarà un grande mercato
nel prossimo futuro». 
L’idrogeno, però, avrà anche lati negativi... 
«Beh, tutte le fonti energetiche ne hanno. Ma l’idrogeno non sarà più
pericoloso della benzina dal punto di vista esplosivo. E, soprattutto,
eviterà il surriscaldamento del pianeta che con i combustibili fossili ci
porterebbe al viale del tramonto della nostra civiltà. L’industria
dell’auto lo ha capito e ha investito oltre due miliardi di dollari nelle
ricerche sull’idrogeno. Il problema è: chi controllerà questa energia?». 
Cosa pensa che avverrà? 
«Il modello da seguire, secondo me, è quello italiano delle cooperative.
L’ho detto pochi giorni fa parlando davanti al cancelliere Schroeder. Voi
italiani avete le cooperative, piccole unità indipendenti di produzione che
si mettono insieme e possono essere imitate anche nel Terzo mondo per
quanto riguarda l’energia. Allora, mentre le grandi società
controllerebbero le cellule combustibili, cooperative high-tech potrebbero
gestire il decentramento costituendo associazioni di produzione e
distribuzione in grado di contrattare con le grosse società. Resta il fatto
che la conseguenza più importante dell’avvento di un’economia all’idrogeno
sarebbe il decentramento dell’energia e una società più giusta». 
Come? 
«La svolta sarà rappresentata dal matrimonio tra la rivoluzione delle
comunicazioni e quella dell’energia all’idrogeno. L’energia sarà trattata
come Internet: l’avremo quando, come e dove vorremo. Una volta configurate
le reti distributive, prima potremo democratizzare l’energia stessa e poi
la gente potrà accedervi direttamente. A livello planetario, i paesi del
Terzo mondo saranno i beneficiari di questa rivoluzione. L’avvento
dell’idrogeno li libererà dal giogo energetico che hanno dovuto sopportare
da sempre. Non sarà una svolta energetica soltanto: cambieranno i rapporti
di potere e tutta la società». 


----------------------------------------------------------------------------
----