greeespan:il nostro sistema finanziario e' malato



da affari e finanza

 
 
lunedi 22 Luglio 2002 
 
 
"Il nostro sistema finanziario è malato"

ALAN GREENSPAN

Stralcio del rapporto sulla politica monetaria della Federal Reserve letto
al Congresso il 16 luglio.
Durante i quattro mesi e mezzo trascorsi dalla mia ultima audizione,
l’economia ha continuato ad espandersi, in gran parte lungo le linee che
avevamo previsto. Sebbene le incertezze della prima parte del 2002 non
siano state ancora superate del tutto, l’economia Usa sembra aver retto ad
una serie di duri colpi – forti cali dei mercati azionari, un netto taglio
alla spesa per investimenti e i tragici attentati terroristici dello scorso
settembre – che nei precedenti cicli congiunturali avrebbero indotto una
forte contrazione. L’esiguità e la brevità della recessione sono testimoni
della resistenza e flessibilità dell’economia statunitense. Ma mentre
l’economia registra una buona tenuta, non sorprende la persistenza degli
effetti dei recenti eventi. La spesa continuerà per qualche tempo ad
adeguarsi ai cali dei corsi azionari. Nelle ultime settimane, i valori sono
scesi ulteriormente anche per la crescente preoccupazione sui problemi di
governo societario e trasparenza aziende che si erano accumulati durante il
periodo precedente di crescita frenetica. Siamo di fronte a grosse
incertezze sull’andamento degli investimenti e la ripresa degli utili, le
potenziali ulteriori rivelazioni di illeciti delle grandi aziende, i
possibili rischi legati ad eventi politici mondiali e al terrorismo. 
Malgrado ciò, esistono i presupposti di un ritorno a una sostenuta
crescita: gli squilibri nelle scorte e nei beni d’investimento sono stati
eliminati; l’inflazione è bassa e non ci aspettiamo sorprese; la crescita
della produttività è sostenuta dando sostegno alla spesa delle famiglie e
delle imprese e attenuando la pressione di costi e prezzi. Nel valutare le
azioni di politica monetaria, il Comitato per le Operazioni di Mercato
Aperto ha ammesso che, con ogni probabilità, gli orientamenti espansivi
adottati lo scorso anno in risposta ai decisi tentativi di frenare
l’economia non si dimostreranno compatibili nel tempo con una crescita
sostenuta e con la stabilità del prezzi. D’altro canto, con un’inflazione
contenuta e con scarsi segnali di pressioni, abbiamo deciso di mantenere
tale orientamento in attesa delle prove che le forze che stanno inibendo la
crescita economica sono venute meno quel tanto che basta per consentire ai
solidi fondamentali di far avvertire la loro presenza. Come è già avvenuto
in passato, il comportamento delle giacenze ha fornito un decisivo impulso
all’iniziale rafforzamento dell’economia. I produttori, i grossisti e gli
operatori al dettaglio hanno compiuto passi vigorosi per tutto il 2001 per
eliminare un indesiderato accumulo di merci che si era manifestato quando,
alla fine del 2000, la domanda era rallentata. Con l’inizio di quest’anno,
con livelli di giacenze che apparentemente si sono meglio allineati alle
vendite previste, il ritmo della riduzione delle stesse ha iniziato a
rallentare, e gli sforzi di limitare ulteriori cali hanno fornito slancio
alla produzione. Ora in diversi settori la liquidazione fa posto alla
ricostituzione delle scorte, ma se nei prossimi trimestri queste
inizieranno a crescere più delle vendite, il contributo alla crescita del
Pil degli investimenti per rimpinguare le scorte diminuirà. La forza della
domanda giocherà un determinante ruolo nel determinare l’espansione. 
La spesa delle famiglie ha retto bene durante la fase di recessione e ha
svolto il suo compito di forza stabilizzatrice. L’abbassamento dei tassi di
interesse ha aiutato a limare gli oneri finanziari per le famiglie.
Importante per incoraggiare la spesa sono stati i bassi livelli dei tassi
di interesse sui mutui ipotecari, fattore che ha spinto le famiglie ad
acquistare case, a rifinanziare i debiti, ad alleggerire gli oneri
finanziari, a far leva sulla quota di loro proprietà delle abitazioni per
finanziare le spese. Malgrado le preoccupazioni sulle prospettive
economiche, i corsi azionari, il terrorismo, i conflitti geopolitici, non
sembra che i consumatori abbiano fatto economie. Al contrario, questo mese
hanno risposto entusiasticamente ai nuovi incentivi dei costruttori di
automobili. Le segnalazioni indicano un significativo miglioramento delle
vendite in giugno. Per contro, la spesa delle imprese è molto bassa. Le
vendite mensili di computer e periferiche, per esempio, sono scese del 40%
rispetto al picco registrato nel 1999. Anche le vendite di attrezzature per
la comunicazione sono precipitate. La produzione è diminuita anche al di
fuori dell’alta tecnologia: la produzione di aerei commerciali è crollata,
un altro calo rilevante è da registrare nella costruzione di uffici e di
edifici industriali. Il fallimento di molte imprese su Internet e le
difficoltà del settore dell’alta tecnologia hanno condotto ad una
significativa caduta della domanda di uffici. Tra il picco trimestrale
registrato negli ultimi mesi del 2000 e il primo trimestre di quest’anno,
il livello degli investimenti fissi in termini reali delle imprese è sceso
dell’11%. Con le correzioni alle scorte in fase avanzata, gli investimenti
fissi possono essere sul punto di riprendere la marcia. E’ probabile che
una ripresa avvenga gradualmente rispetto alla norma storica e in maniera
disomogenea nei diversi settori. Ad esempio, da un anno c’è una ripresa
nella produzione di computer, ma con l’eccesso di capacità produttiva nelle
telecomunicazioni, che permane tuttora, è probabile che gli investimenti in
attrezzature per le comunicazioni restino contenuti per qualche tempo.
Malgrado l’incoraggiante evoluzione delle prospettive, i mercati dimostrano
volatilità e le aziende rimangono caute, atteggiamenti che riflettono i
postumi degli shock che l’economia ha subito nel 2000 e nel 2001. Alla luce
delle dimensioni di quegli shock, non c’è da sorprendersi se incertezza e
preoccupazione persistono. Poiché nutrono ancora dubbi sulla ripresa, i
manager continuano a limitare le spese per investimenti. 
E’ paradossale che l’uso di non imputare a conto economico i diritti di
opzione concessi ai dirigenti, che ha contribuito a far lievitare gli utili
fra il 1997 e il 2000, dia ora l’impressione di una debolezza dei profitti.
Man mano che i guadagni di borsa si tramutavano in perdite, i lavoratori
dipendenti diventavano restii ad accettare diritti d’opzione in luogo dei
contanti, che invece sono spesati, contribuendo a rendere più esangue la
crescita degli utili. La difficoltà di giudicare le tendenze degli utili è
accentuata dalle rivelazioni sulle pratiche contabili fuorvianti da parte
di diverse importanti aziende. Disfunzioni gestionali minano l’efficienza
delle imprese. Mercati ben oliati hanno bisogno di informazioni precise per
allocare capitali e risorse; gli operatori devono avere fiducia nella
trasparenza e nell’equità del sistema di scambi. Le operazioni commerciali
sono governate da leggi e contratti: se anche una modesta frazione di tali
operazioni finisce in giudizio, i tribunali sono paralizzati. Il nostro
sistema di mercato dipende dalla fiducia, nella parola dei colleghi delle
controparti. La falsificazione e la frode distruggono il libero mercato e
le colonne portanti della nostra società. 
In anni recenti, gli azionisti e i potenziali investitori sarebbero stati
difesi dalle informazioni false se avesse retto uno dei tanti baluardi a
salvaguardia dei sistemi di valutazione aziendale. In troppo casi c’è stato
un cedimento. Avvocati, sindaci, revisori, consigli di amministrazione,
analisti di Wall Street, agenzie di rating, investitori istituzionali,
hanno tutti omesso di scoprire e denunciare chi aveva tradito la fiducia
che è la linfa vitale dei mercati. Perché sono crollati i controlli
incrociati? Alla base c’è la crescita delle capitalizzazioni della seconda
metà degli anni 90, che ha creato un aumento sproporzionato delle occasioni
in cui l’ingordigia la fa da padrona. Troppi dirigenti hanno cercato la
strada più semplice per sfruttare i rialzi di mercato. La diffusione di
azioni e opzioni ha creato incentivi perversi per gonfiare artificialmente
gli utili con lo scopo di spingere al rialzo i titoli. L’incentivo creato
dalle opzioni ha offuscato il giudizio di troppi capi azienda. Gli uomini
non sono diventati più avidi che in passato, sono solo aumentate le strade
che permettono all’avidità di manifestarsi con prepotenza. Il crollo delle
barriere protettive ha permesso di dar vita a una di quelle bolle
speculative che si vedono una volta ogni generazione. Con un calo delle
occasioni per realizzare guadagni illeciti, è probabile che nel futuro non
si verifichino più tante pratiche equivoche. Comunque sicuramente
emergeranno attività illegali che erano state coperte in passato, man mano
che capi azienda più timorosi rivedranno gli utili delle loro società. Ma
anche se il peggio è passato, la storia insegna che il ricordo tende a
svanire. E’ nostro dovere applicare le lezioni apprese in questo periodo
per evitare che tali avvenimenti si ripetano in futuro. 
Gli azionisti devono percepire che il sistema di governo societario è
strutturato in maniera appropriata, in modo che i vantaggi finanziari siano
negoziati equamente fra gli azionisti stessi e coloro che ricoprono
incarichi aziendali. Le manifestazioni di un governo societario poco
rigoroso sono sintomatiche di un amministratore delegato che ha fallito il
suo compito. La presenza di amministratori indipendenti, i cui voti non
sono controllati dal Ceo, è importante per un consiglio di amministrazione
efficace. Tuttavia, è opportuno stare attenti affinché nel processo non si
creino conventicole di amministratori e luoghi di poteri in contrasto fra
loro che possono nuocere notevolmente alla società. Un’organizzazione opera
in maniera efficace solo se è imperniata su un centro d’autorità. Il Ceo
dev’essere munito dei pieni poteri per realizzare le strategie aziendali e
deve farsi carico della responsabilità di far conoscere i risultati della
sua opera ad azionisti e potenziali investitori. Le leggi esistenti,
naturalmente, vietano le frodi aziendali e l’informativa fuorviante. Ma
anche un piccolo aumento della probabilità di sanzioni penali più severe
per il comportamento scorretto può avere effetti importanti sul governo
societario, perché tutto in un’azienda ruota intorno alla figura del suo
massimo dirigente. Un Ceo che vuole informazioni obiettive dai sindaci le
ottiene, e chi scoraggia l’adozione di scorciatoie da parte dei suoi
collaboratori difficilmente si trova esposto a conseguenze negative. Non
possiamo cambiare il carattere dei capi di un’azienda, ma possiamo cambiare
il loro comportamento con incentivi e sanzioni. E’ necessario apportare
delle modifiche alle norme contabili: nel formularle dobbiamo ricordare che
la regolamentazione e la vigilanza dei mercati finanziari devono essere
flessibili per adattarsi a una struttura finanziaria in costante
evoluzione. Se la regolamentazione è statica distorce il flusso efficiente
di capitale dai risparmiatori a coloro che investono. La questione più
critica è il rafforzamento delle leggi che presiedono ai diritti di
proprietà degli azionisti e di altri titolari di capitale. La frode e
l’inganno sono un furto della proprietà. Se le leggi che regolano la vita
dei mercati e delle aziende non sono ritenute eque, il nostro sistema
economico non può realizzare appieno il suo potenziale. Molti osservatori
ritengono che i timori sulle prospettive degli utili e le continue
rivelazioni in merito ai bilanci abbiano contribuito ad abbassare sia i
corsi azionari che il dollaro. Vorrei esprimere cautela su tali previsioni:
i tassi di cambio sono più imprevedibili di tutte le altre variabili
economiche. Non è stato ancora scoperto un indicatore utile a far prevedere
i cambi neanche a distanza di un anno o due. 
La nostra capacità di attirare capitali dall’estero nei prossimi anni
consentirà di aumentare gli investimenti. Il governo deve riconoscere il
ruolo svolto da una prudente politica di bilancio nella promozione del
risparmio e nel mantenimento delle condizioni che favoriscono gli
investimenti. Il ritorno del disavanzo di bilancio è il risultato di
fattori temporanei come la caduta delle entrate e l’aumento degli impieghi
associati alla recessione. Queste influenze dovrebbero invertire la marcia
nei prossimi 1<\->2 anni, ma il calo delle entrate non recupererà.
L’aumento della spesa per la guerra al terrorismo e per rafforzare la
sicurezza interna, nonché gli sgravi fiscali approvati l’anno scorso, hanno
avuto un impatto. Purtroppo, i meccanismi disciplinari entro i quali erano
prese le decisioni di bilancio federale negli ultimi 15 anni si sono
arrugginiti. L’amministrazione e il Congresso possono dare un contributo
alle prospettive dell’economia adottando provvedimenti che ripristinino la
disciplina e che diano al bilancio federale un’impostazione che sostenga la
crescita economica a lungo termine. 
La tendenza di fondo è quella di una di un’espansione del Pil reale nel
2002 in misura pari al 3,5<\->3,75%, un tasso di crescita leggermente
superiore a quello previsto a febbraio. Prevediamo una buona crescita
economica anche per l’anno prossimo, con la produzione che aumenta del
3,5<\->4%. Questi rialzi dovrebbero abbassare il tasso di disoccupazione al
5,25<\->5,5% entro la fine del 2003. L’inflazione resterà sotto controllo
durante tutto il periodo, con un aumento dell’1,5<\->1,75%. Possiamo
favorire il prolungarsi di quest’andamento con sagge politiche monetarie,
di bilancio, fiscali e commerciali.