il capitalismo e' senza etica



da liberazione 25 - 7 - 2002

  
Emiliano Brancaccio, economista: la politica assuma la responsabilità di
direzione  
«Il capitalismo è senza etica»  
Castalda Musacchio 
«Oggi la borsa americana ha un effetto macroeconomico globale più che nel
passato»  
«Il capitalismo è per definizione senza etica». Emiliano Brancaccio,
giovane docente "a contratto" di economia politica dell'università di
Napoli Federico II, non ha dubbi sui commenti da fare sulla crisi
finanziaria che sta attanagliando il sistema economico dei paesi avanzati.
«Dire che il capitalismo abbia un'etica è un paradosso. Significa affermare
che fino a qualche tempo fa si poteva parlare di un capitalismo con
un'etica. Non mi pare che ciò sia possibile. SI vuole far credere che la
crisi di questi mesi derivi dal comportamento spregiudicato e immorale di
pochi manager. La verità è che la crisi è strutturale al capitalismo». 

Per il capitalismo è ora, dunque, di fare un bell'esame di coscienza? 

Proprio quello che sta accadendo in questi giorni dimostra che dare le
redini della dinamica economica al mercato finanziario significa generare
instabilità e ingiustizia finale. Il problema non riguarda solo i piccoli
risparmiatori, le "famiglie formica" che perdono i soldi, anche se tra
questi ci sono molti pensionati. Ma è soprattutto l'effetto finale sulla
redistribuzione del reddito a produrre conseguenze nefaste. Poi c'è un
altro problema. 


Quale? 

Quello che sta avvenendo chiarisce bene un aspetto importante su una
possibile analisi del capitalismo. In particolar modo, la completa
deregolamentazione dei nostri giorni genera un completa instabilità. In
secondo luogo: quando si parla di un governo politico sovranazionale del
capitalismo si dovrebbero tenere sempre ben presenti gli obiettivi. Vale a
dire la gestione degli interessi. Una crisi può essere gestita sulla base
di certi interessi piuttosto che sulla base di altri. E' questo il perno
fondamentale da analizzare. Non è tanto la necessità di risolvere la crisi
ma valutare quali sono gli interessi. Oggi senza dubbio quando si gestisce
una crisi non si fanno certo gli interessi dei più deboli della società. 


Giacomo Vaciago, oggi sul Sole240re, ha parlato dell'innesto di una serie
di reazioni a catena nell'economia che dovrebbero preoccupare i paesi di
tutto il mondo. E che si dovrebbe tener conto della governance
dell'economia, invece di discutere di etica e di governance delle aziende... 

Ripeto: è difficile affidare un'etica al capitalismo che, di per sé, non la
possiede. Oggi, se mai, è ora che alcuni accademici rivedano alcune
posizioni. Soprattutto quelli che hanno sempre avuto una piena fiducia
verso il capitalismo governato dalla finanza. 


E' plausibile presumere che questa crisi sia simile a quella del '29? 

La questione è che le crisi finanziarie in un certo senso si somigliano
tutte. In quasi tutti i casi si verificano fenomeni comuni con picchi di
ottimismo a cui fanno seguito ondate di panico e pessimismo. Quello che
distingue in modo significativo la crisi del '29 da quella di oggi è la
gestione della politica economica della crisi. Nel '29 si commise un errore
spaventoso quello di praticare una politica creditizia restrittiva. Questo
errore oggi non è stato commesso. 


Le borse europee continuano a scendere. L'effetto avvitamento prezzi-borse
potrebbe creare una pericolosa deriva deflazionistica... 

Diffido di chiunque faccia previsioni quando si tratta di borse. Detto
questo: non sappiamo che cosa succederà domani. E' estremamente difficile
saperlo. Quello che si può dire è che, sicuramente, in particolar modo
negli Stati Uniti, la borsa può avere un effetto macroeconomico globale
oggi più che sul passato. Perché le famiglie contavano sulle ricchezze
della borsa per poter finanziare i loro consumi. E' la politica, oggi, però
che deve assumersi la responsabilità di ridiscutere il governo del
capitalismo e abbandonare l'idea che il mercato finanziario ci avrebbe resi
tutti ricchi e felici.