la citta' e i nuovi bisogni



dal corriere.it
   
  
 Mercoledì 5 Giugno 2002 
 
 
 
La città e i nuovi bisogni

IL WELFARE FEDERALE


Dopo mesi di aspri conflitti, sembra che nei palazzi romani si stia
finalmente riannodando il filo del negoziato sulle riforme del welfare. Ciò
che si deciderà a livello centrale avrà grande importanza per tutti i
cittadini. Ma è opportuno ricordare che oggi in Italia le vere partite sul
welfare si giocano a livello locale. Dopo le leggi Bassanini, la legge
quadro sull'assistenza, ma soprattutto dopo la riforma del Titolo V della
Costituzione i veri protagonisti del nostro stato sociale sono diventate le
regioni, le province e i comuni. Come si posiziona Milano in questa nuova
cornice di forte «localizzazione» del welfare? In sintesi estrema la
risposta è: si posiziona bene, ma deve prepararsi meglio per affrontare le
sfide future. Rispetto a molte altre metropoli italiane (non solo del Sud),
Milano offre ai suoi abitanti condizioni di partenza decisamente più
favorevoli. Il mercato occupazionale va bene e chi non riesce a trarre dal
proprio lavoro risorse economiche sufficienti trova nei servizi comunali
sostegni affidabili e perlopiù adeguati. Quella «rete di sicurezza» di cui
si discute a livello nazionale (e quasi assente in molte aree del
Mezzogiorno) è a Milano una realtà ben collaudata ed efficace. 
D'altra parte, rispetto a molte altre metropoli straniere caratterizzate da
analoghi (se non maggiori) livelli di ricchezza, Milano non presenta quei
fenomeni di polarizzazione della disuguaglianza e di concentrazione
spaziale dello svantaggio che creano acute tensioni sociali e vere e
proprie spirali di degrado urbano. Nella cintura esterna vi sono, certo,
alcuni quartieri ove il disagio è socialmente e materialmente ben visibile.
Si tratta comunque di fenomeni molto meno intensi di quelli osservabili in
città come Londra o Parigi, per non parlare delle metropoli americane. 
Ma quanto stabile è il modello sociale ambrosiano? Qui sta il problema.
L'invecchiamento della popolazione, l'aumento dei nuclei familiari
vulnerabili, la rapidissima crescita dei lavori atipici, l'immigrazione:
queste tendenze stanno sottoponendo il sistema di welfare milanese a
tensioni sempre più difficili da gestire. Le sfide da affrontare non sono
quelle «vecchie» della povertà e del disagio economico, ma quelle nuove
dell'«esclusione sociale» e della segregazione territoriale dello
svantaggio. Per far fronte a queste sfide occorre un grosso sforzo di
diagnosi e di elaborazione progettuale. A Milano non mancano certo le
risorse intellettuali per intraprendere questo sforzo. Per fare un solo
esempio, in occasione di un convegno internazionale su welfare e
distribuzione del reddito, la Bocconi ha inaugurato una comunità virtuale
all'interno del nuovo sito web (www.uni-bocconi.it/egalitarian) che
consente di aver accesso diretto alle frontiere del dibattito scientifico e
della ricerca empirica sui temi della disuguaglianza, della povertà,
dell'esclusione sociale e delle politiche pubbliche in questo settore. Ma
il circuito delle idee deve trovare collegamenti più diretti con il
circuito delle istituzioni. 
Localizzare il welfare significa incoraggiare combinazioni virtuose di
comportamenti e politiche nei contesti concreti dove si generano i bisogni.
Ma per individuare incentivi e strumenti adeguati bisogna progettare e
innovare «viaggiando». Data la sua tradizione e la sua visibilità, c'è da
augurarsi che Milano sappia dare rapidamente su questo fronte qualche buon
esempio. 
 
di MAURIZIO FERRERA