per una nuova globalizzazione sostenibile



da boiler.it

 
Per una nuova globalizzazione

estratto dall’introduzione di Christopher Flavin a:
State of the World 2002 – Rapporto annuale del Worldwatch Institute
(a cura di Christopher Flavin, Hilary French e Gary Gardner)
Edizioni Ambiente 2002
21,50 euro – 325 pagine  


 IL SUMMIT MONDIALE sullo sviluppo sostenibile, che si terrà a Johannesburg
ad agosto 2002, costituirà una preziosa opportunità per i leader mondiali
di avvicinarsi ad alcuni tra i temi più cruciali che la specie umana sta
affrontando all’alba del nuovo secolo. L’economia globale troverà un nuovo
equilibrio con i sistemi naturali delle terra? E sapremo soddisfare le
necessità elementari del miliardo e più di poveri attuali, così come quelle
dei 2-3 miliardi che andranno ad accrescere l’umanità nei prossimi decenni?
All’inizio del 2001, con i miei colleghi del Worldwatch decidemmo che dare
un contributo alla definizione dell’agenda per il World Summit era
l’obiettivo più significativo su cui avremmo potuto focalizzare State of
the World 2002. Erano passati dieci anni dallo storico Earth Summit di Rio
de Janeiro, un buon momento, quindi, per ripercorrere i passi compiuti a
partire da quell’incontro e pensare a come accelerare il ritmo del
cambiamento nel prossimo decennio. Negli ultimi dieci anni, chi si batte
per la causa di un mondo sostenibile ha visto dei successi quanto ha
sofferto delle delusioni: da tutto quello che è successo si possono trarre
importanti lezioni.


Instabilità ecologica e umana

L’urgenza di questo sforzo è drammaticamente aumentata dopo l’11 settembre.
Era mattino presto, quel giorno, quando tra gli autori di State of the
World riuniti nella nostra sede di Washington iniziarono a circolare voci
di un aereo e poi di un altro che avevano centrato le torri del World Trade
Center a New York, con un terzo aereo che si abbatteva sul Pentagono,
appena al di là del Potomac. Non appena ci riprendemmo dallo shock e dalla
confusione iniziale, con i miei colleghi iniziammo a pensare alle più
profonde implicazioni di quella tragedia. Alla fine, questi inquietanti
eventi ci ricordano in maniera drammatica che all’instabilità ecologica del
mondo contemporaneo si affianca un’instabilità nelle questioni umane che
richiede urgentemente attenzione. Rispondere ai più elementari bisogni
umani, rallentare una crescita della popolazione senza precedenti,
proteggere risorse naturali vitali, le acque potabili, le foreste, le
risorse ittiche, sono tutti prerequisiti di una società sana e stabile.
Costruire un mondo più sostenibile e sicuro – e che sia basato sui valori
umani universali e sulla solidarietà – non potrebbe essere più urgente.



Se è nuova l’urgenza, non sono nuovi i temi, che derivano direttamente
dall’agenda dell’Earth Summit del 1992. Al centro c’era un consenso globale
sull’idea che il mondo avesse bisogno di un nuovo approccio allo sviluppo,
in grado di garantire che i bisogni umani siano soddisfatti secondo
modalità che non compromettano l’ambiente naturale e non pregiudichino le
prospettive delle generazioni future. Il Summit di Rio condusse ad alcuni
risultati di portata storica: due trattati globali che sono pietre miliari
per quanto riguarda il cambiamento climatico e la biodiversità, e un
documento noto come “Agenda 21”, un piano in 40 capitoli per raggiungere lo
sviluppo sostenibile.


Due questioni alle quali rispondere

Questi accordi rappresentano un significativo cambiamento nel modo di
vedere e un allargamento degli orizzonti per la comunità umana. Ma il
grande entusiasmo del pubblico e l’intensa copertura dei media per la più
ampia riunione di leader mondiali mai registrata diede una percezione
falsata della distanza da percorrere per un radicale riordino delle
priorità mondiali. La stessa Agenda 21 era un elenco di obiettivi piuttosto
vago, privo di chiari programmi di attuazione o di requisiti normativi
vincolanti. Mentre i governi si preparano per il summit di Johannesburg, e
riflettono sulle lezioni dell’11 settembre, due questioni chiedono una
risposta: perché sono stati fatti così pochi progressi sull’ambiziosa
agenda stilata dieci anni fa? E che cosa va fatto per garantirsi che il
prossimo sia un decennio di sviluppo sostenibile per la società e l’ambiente?

La risposta alla prima domanda è contemporaneamente semplice e complessa: i
governi, come gli individui, in tutto mondo continuano ad affrontare temi
come la crescita della popolazione, la perdita di biodiversità,
l’accumularsi dei gas serra nell’atmosfera nello stesso modo in cui
affronta problemi locali di inquinamento dell’aria o dell’acqua, problemi
che possono essere risolti semplicemente ordinando di aumentare i
dispositivi di controllo. L’umanità non ha ancora mostrato la capacità di
affrontare i cambiamenti di portata globale e a lungo termine nella
biosfera, in particolare quando questi richiedono una risposta “di
sistema”, come la creazione di tecnologie totalmente differenti, lo
sviluppo di nuovi modelli economico-finanziari, l’adozione di nuovi valori
e stili di vita.
Ad oggi, la nostra straordinaria abilità nell’espandere di numero e di
livello i consumi materiali ha largamente sorpassato la nostra capacità di
comprendere la dimensione dei problemi che stiamo creando a noi stessi.
Solo di recente abbiamo imparato a usare le immagini dal satellite per
mappare la distruzione di vaste aree forestali o per sviluppare i modelli
che ci consentono di  determinare, anche se in modo approssimativo, i
cambiamenti nel clima che si verificheranno se immettiamo ancora più
anidride carbonica nell’atmosfera

Ma la neo-acquisita conoscenza degli scienziati è difficile da tradurre nel
linguaggio comune dell’individuo medio, o nel gergo specialistico degli
uomini d’affari o dei politici. Fenomeni che lasciano attoniti, come il
fatto che il 50 per cento delle zone umide nel mondo è stato distrutto – e
buona parte di esse nei dieci anni dopo Rio – sono difficili da cogliere ed
è altrettanto difficile formulare risposte. Il fatto che il 12 per cento
delle specie di uccelli è minacciato di estinzione va oltre la nostra
normale capacità di immaginazione. E il fatto che 1,1 miliardi di persone
non abbiano accesso a fonti adeguate di acqua potabile – più del doppio
delle persone che usano il computer – indica un livello di povertà che
stride con la nostra immagine del Ventunesimo secolo.


Niente avversari, solo alleati…

(…) Una delle principali sfide che affronteranno i leader mondiali che si
riuniranno a Johannesburg sarà lo sviluppo di un nuovo concetto di
globalizzazione, che non sia pensata solo nella ristretta ottica del
commercio e della finanza, che ha portato a distorcere il dibattito
internazionale e ha suscitato una forte opposizione nel pubblico, tanto nei
paesi industrializzati quanto in quelli in via di sviluppo. La creazione di
un’armoniosa comunità globale sarà possibile solo basandosi sui principi
universali del rispetto dei diritti umani, del soddisfacimento dei bisogni
elementari dell’uomo, e conservando l’ambiente naturale per le future
generazioni. In questo sforzo, governi, organismi internazionali, imprese
del settore privato e cittadini, hanno tutti un importante ruolo da
interpretare.

(…) Se i nobili obiettivi fissati a Rio fossero stati raggiunti, forse le
crisi di quest’ultimo anno non si sarebbero verificate. Ma si tratta di
obiettivi enormi, che richiedevano tempo per essere raggiunti. Nel 2002 la
sfida è ancora più grande, ma l’estrema urgenza potrebbe dare finalmente
quello scossone che è necessario se si deve rimettere ordine tra le
priorità globali. In particolare, affrontare questa sfida richiederà una
comunità di intenti che unisca i paesi ricchi a quelli poveri, superando
quella sorta di apartheid globale che si era tradotto, a Rio, in una
profonda divisione tra nazioni ricche e povere che aveva fortemente
caratterizzato i negoziati, e che è proseguita fino a oggi. Nella lotta per
creare un mondo sostenibile esistono solo alleati, non avversari.
Johannesburg può essere un passo importante per “svegliare” il mondo tanto
quanto richiedono la dimensione della sfida cui ci troviamo di fronte e gli
impegni che sarà necessario assumere.