governo le pensioni? non ora



dal manifesto

     
    
 
    
 

19 Marzo 2002 
  
 
   
Le pensioni? "Non ora" 
"Non è ancora il momento di innalzare l'età pensionabile". Governo e
maggioranza frenano sul nuovo intervento previdenziale in attesa di vedere
l'esito del braccio di ferro sull'art.18. E mettono a punto l'offensiva
propagandistica: "Il solo obiettivo di Cofferati è far cadere il governo" 
ANDREA COLOMBO - ROMA 

Piovono smentite. Alcune ufficiali, molte altre ufficiose. Il ritornello è
sempre lo stesso: dell'ipotesi di un imminente innalzamento dell'età
pensionabile, i ministri in blocco affermano di non sapere nulla.
Assicurano che non se ne farà niente. Aggiungono tutti un prudente "per ora".
Dopo il ministro dell'Economia Tremonti, che già domenica sera aveva
garantito che l'intervento sulle pensioni "resterà nell'alveo della delega"
(nella quale di innalzamento non si parla), ieri è stato il ministro
dell'Agricoltura Alemanno il più esplicito nell'escludere la mossa a
sorpresa. "Credo - ha detto - che non ci siano indicazioni chiare e
formalizzate da parte del governo ma solo indiscrezioni sulle quali non ho
trovato conferme nel governo. Prima di fare qualsiasi scelta, credo si
debba ricostruire il dialogo sociale". Una smentita, sì, ma
sufficientemente prudente da far pensare che il governo potrebbe
effettivamente giocare, non subito ma neppure in tempi biblici, la carta
dell'innalzamento dell'età pensionabile. Va ricordato, del resto, che
Alemanno fa parte della pattuglia governativa ostile sia a una riforma
drastica delle pensioni che alla stessa delega sull'art.18.
Anche al ministero del Lavoro, tutti assicurano di non aver mai sentito
parlare di una mossa come quella suggerita da Berlusconi, a Barcellona, e
poi da Tremonti, a Cernobbio. Il partito del ministro Maroni, la Lega, si
preoccupa comunque di mettere la mani avanti bocciando in partenza
l'ipotesi. "Non siamo dell'idea - dichiara il capogruppo alla Camera Cè -
che sia il momento di intervenire su questo argomento, avendo aperto il
fronte dell'art.18. Non c'è emergenza".
No, emergenza non ce n'è. Ma che il progetto sia nella testa dei
governanti, o almeno di buona parte di loro, è più che probabile. Ne fa
fede quel martellante rinvio al "momento giusto", quel "non ora" che spunta
in tutte le dichiarazioni, ufficiali o ufficiose che siano. Al momento,
l'allusione mira soprattutto a far capire ai sindacati, o meglio alla Cisl
e alla Uil, che il governo andrà avanti con o senza di loro, ma non certo
con il medesimo passo. In cambio della rottura del fronte sindacale, si
procederà con maggior tatto e con ben diversa cautela. Una volta data per
perso l'asse con le due confederazioni "non estremiste", invece, si passerà
alle maniere forti. Come sull'art.18.
Ma a frenare (per ora) l'esecutivo non c'è solo la speranza di riportare
all'ovile Pezzotta e Angeletti. Nella battaglia in corso sull'art.18 almeno
un capitolo dal bilancio già disastroso per il governo c'è, ed è uno di
quelli sui quali la sensibilità di Silvio Berlusconi è più desta: la
comunicazione. Nel governo un po' tutti, premier incluso, pensano quel che
Umberto Bossi ha detto apertamente, e cioè che la "campagna promozionale"
del governo sull'a rt.18 è stata sinora disastrosa. Prima di passare ai
prossimi obiettivi, occorre rimettere a punto la strategia comunicativa
(compito che, va detto, sarà reso più facile dalla imminente colonizzazione
dell'informazione Rai).
In vista del 23 marzo, il governo fa le prove generali dell'offensiva sulla
propaganda. La parola d'ordine è mostrare la massima fermezza e, allo
stesso tempo fare il possibile per delegittimare la manifestazione
accusandola di aver mire esclusivamente politiche. E stavolta Berlusconi
vuole che il coro sia intonato, snza le stecche e le contraddizioni che
hanno caratterizzato la comunicazione dell'esecutivo in proposito. Come è
giusto, è il Maroni a dare il la: "Il governo non teme le piazze. Spero
chela manifestazione del sindacato sia veramente a favore del governo, ma
credo che sarà invece esclusivamente politica perché Cofferati ha deciso di
provare a far cadere il governo". Più raffinato, il ministro per
l'Attuazione del programma di governo, l'ex Dc Beppe Pisanu: "Emerge un
nuovo frontismo politico-sociale, che assume le insegne di un'arcaica
opposizione alla modernità e al governo Berlusconi. I Ds mettono insieme
tutto quello che c'è in parlamento, da Mastella a Bertinotti, e si
appellano alla piazza. La Cgil mette insieme tutto quello che si può
portare in piazza e si appella all'opposizione parlamentare. Li tiene uniti
solo l'avversione sorda al governo Berlusconi". Infine il capo dei senatori
forzisti Schifani, quello che sembra sempre in gara per l'ambito titolo di
mazziere numero uno della destra: "Non accettiamo lezioni da Cofferati, che
trasuda ostilità contro il governo sin dal 14 maggio".
Non è una coincidenza questa martellante monotonia. Per governo e
maggioranza, la sfida sulla propaganda è determinante, e lo si vedrà nelle
prossime settimane. Prima di passare a una nuova fase dell'offensiva,
probabilmente proprio l'innalzamento dell'età pensionabile, Berlusconi
vuole essere ben certo di non ripetere gli errori dell'art.18. Se e quando
i sondaggi lo conforteranno, sarà pronto.