una giornata di un lavoratore mcdonald



da repubblica di venerdi 17 marzo
 
  Un'artista canadese ha simulato, in un sito, le 24 ore
sempre uguali di un dipendente della catena di hamburger

Una giornata nella vita
di un commesso di McDonald
Si può seguire, passo passo, l'esistenza quotidiana
di un nuovo "alienato" al tempo della globalizzazione

di RICCARDO STAGLIANO'    

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 ROMA - La giornata di un dipendente di McDonald è un ciclo di 24 ore che
si rifrange all'infinito nello specchio della vita. Il domani è uguale a
ieri e identico alla settimana prossima: il pane con il sesamo, le
sottilette, i cetrioli, la carne macinata, le guarnizioni e tutto il resto
sino alla scatola bianca e rossa del BigMac. E si ricomincia da capo, senza
sosta. Il prima e il dopo sono solo il tessuto connettivo di un'esistenza
che sola riesce a riprodurre i ritmi meccanici di un'era industriale
d'antan: la catena di montaggio, un uomo che gira una manovella e al posto
del bullone stringe una fettina di bacon.

E se il turno di fabbrica è stato cantato in "Tempi moderni" da Charlie
Chaplin, il cottimo dell'hamburger è immortalato mirabilmente in un
sito-testimonianza di Garnet Hertz, un laureando di Belle Arti
all'Università di Saskatchewan che ne fece, anni fa, la sua tesi di laurea
e che oggi - in tempi di No global - è diventato un tormentone della Rete.
A partire dalle 8, quando la sveglia trilla: "Alzarsi. Fare la doccia" è
un'opzione, "Troppo stanco. Spegnere la suoneria" è l'altra. Il visitatore
può scegliere una strada o l'altra e seguire, passo dopo passo, la giornata
del nuovo alienato. Appare un'altra immagine e altre strade possibili:
scegliere gli abiti, salire in macchina, guidare a velocità
minima-media-massima verso il negozio per prepararsi al piatto forte,
l'azione.

Inizia la sequenza, che diventa presto un'ossessione: parte inferiore del
panino, salse, sottilette, carne, divisorio di pane, altra carne, lattuga,
cetrioli, parte superiore del panino e tutto finisce nella scatola. Si
ricomincia da capo, ad oltranza. Uno, due, cinque BigMac. E quando il turno
potrebbe considerarsi concluso, salta fuori lo scrupolo sul se si è fatto
abbastanza. Se si prosegue, infatti, si può prendere un piccolo
straordinario, 5 dollari l'ora per imbandire l'ennesima sfilza di
super-panini.

Ma a un certo punto la stanchezza ha la meglio. E' il momento di tornare a
casa. Come una pellicola girata all'indietro il turnista della
globalizzazione torna a casa dove l'aspetta un'entusiasmante cenetta. Più
carote? Più patate lesse? Più carne? Non si può dire che sia una vita senza
possibilità di scelta. Poi la dicotomia finale: "Guardare la tv" o "Andare
a letto"? Nel primo caso, ancora un sacco di alternative ma - come qualcuno
ha detto - "Tanti canali, niente da vedere". Quando finalmente tocca il
letto, il dipendente spera di affrancarsi con i sogni, che però risultano
marchiati con il medesimo logo della "M" grande e tonda. Non c'è scampo.

"Come sempre, alle cinque del mattino, suonarono la sveglia percuotendo con
un martello un pezzo di rotaia appeso vicino alla baracca del comando"
iniziava "Una giornata di Ivan Denisovic", il romanzo che dette la
notorietà internazionale a Aleksandr Solzenicyn e che raccontava le
disumane condizioni di vita di un prigioniero dei gulag staliniani. Nei
McDonald le cose sono ben diverse, a nessuno sfugge, ma simile è
l'inesorabile ripetizione delle giornate, che non conoscono variazioni sul
tema, non consentono scarti. Ivan, scrive Solzenicyn, "Aveva desiderato che
non venisse il mattino. Ma il mattino, come sempre, era venuto". Il
dipendente senza nome che l'artista canadese racconta ha avuto, più e più
volte, il medesimo desiderio. Invano.