se anche gli automi collaborano



dal manifesto

     
    
 
    
 

03 Marzo 2002 
  
 
  
Se anche gli automi cooperano 
Il ruolo del modello delle reti neurali quando la complessità dei problemi
supera le capacità 
FRANCO CARLINI 




Cooperazione in rete, sistemi P2P, movimento Open Source, possono essere
fatti rientrare in un filone culturale robusto e vastissimo che negli
ultimi anni ha attraversato un po' tutte le discipline, specialmente quelle
scientifiche. Genericamente appartiene al paradigma, a sua volta ormai
troppo vasto e generico della "complessità". Più da vicino si alimenta di
un settore specifico, le teorie che i matematici chiamano degli Automi
Cellulari. In sostanza di questo si tratta: fenomeni collettivi di natura
anche molto diversa possono essere descritti in maniera efficace facendo
ricorso a dei modelli in cui una molteplicità di soggetti (celle)
interagiscono tra di loro; anzi, più precisamente, ogni cella risente e
influenza solo un certo numero di "vicini", di solito sulla base di poche e
elementari regole. Per effetto delle interazioni locali, a ogni passo il
panorama si trasforma e a ogni passo si applicano nuovamente le regole a
tutte le celle della configurazione. Iterando i cicli più e più volte, si
ottengono dei risultati finali che non erano in alcun modo predicibili. Il
sistema è deterministico, nel senso che data una certa configurazione di
partenza e certe regole, il suo destino è segnato, ma, a differenza di
altri sistemi fisici, non esiste una legge generale che ne descriva le
traiettorie. Per sapere dove sarà al passo n-simo si può soltanto provare e
osservare. Per dirla in modo suggestivo: "il locale determina il globale;
il micro determina il macro".
Modelli di questo tipo sono stati applicati con successo in molti casi in
cui non era possibile utilizzare un'equazione generale per rappresentare il
fenomeno. Non c'è bisogno invece di ricorrere agli Automi Cellulari quando
tali leggi esistono: non avrebbe senso descrivere in questa maniera il moto
di un pendolo o la discesa di una sfera lungo un piano inclinato. Si
useranno invece, per esempio, per modellizzare il comportamento globale di
un cristallo, a partire dalle interazioni a corto raggio che ognuno degli
atomi ha con quelli più prossimi.
Anche le "reti neurali" appartengono a questo filone. Le celle in questo
caso rappresentano i neuroni, di cui in modo semplicato vengono descritte
le regole di interazione. Queste stabiliscono soltanto in che condizione
(on-off, ovvero eccitato-non eccitato) si troverà il neurone all'istante
successivo per effetto degli input eccitatori e inibitori che riceve dai
vicini con cui è in contatto attraverso le sinapsi.
Nel caso delle reti neurali l'idea sottostante è questa: modificando
opportunamente l'architettura (quali neuroni sono in contatto con quali
altri) e le caratteristiche dell'interazione, si spera di ottenere un
comportamento globale interessante; per esempio la capacità della rete di
fare semplici operazioni matematiche, di riconoscere il volto di un uomo da
quello di una donna eccetera. Questo approccio è radicalmente diverso da
quello classico che cerca di descrivere i sistemi complessi con leggi
generali. Nel caso delle reti neurali ad esso si è fatto ricorso per due
motivi, l'uno pratico e l'altro culturale. Quello pratico sono gli
insuccessi che hanno punteggiato le ricerche più ambiziose di Intelligenza
Artificiale che cercavano di modellizzare il pensiero umano facendo ricorso
a funzioni cognitive alte e astratte, di tipo simbolico. Negli anni `50
quando i primi studiosi di quella disciplina che poi si sarebbe chiamata
intelligenza artificiale (AI), scelsero dama e scacchi come banchi di prova
per collaudare le capacità furbe delle loro creature. In quella scelta
c'era un'ingenuità tipicamente ingegneristica e una piccola furbizia, quasi
un sotterfugio. Scacchi e dama, infatti, pur essendo estremamente
complicati quanto al numero di combinazioni possibili, hanno un grandissimo
pregio: sono dei giochi a piena visibilità, senza alcun elemento aleatorio.
In altre parole ogni giocatore conosce tutto, a differenza del poker, dove
non si sa cosa l'altro abbia in mano. L'informazione è completa e dunque si
presta perfettamente a una trattazione razionale. In altre parole, e almeno
in linea di principio, un giocatore dotato di un cervello prodigioso
(magari un "cervello elettronico") potrebbe esaminare tutte le possibili
mosse e contromosse sue e dell'avversario e scegliere quella che porta,
come esito finale, alla vittoria sua e alla sconfitta dell'altro. Alcuni
giochi da tavolo con un numero molto ridotto di mosse, sono perfettamente
trattabili in tale maniera, anche soltanto dotandosi di un pezzo di carta e
di un po' di pensiero sistematico. Si trattava dunque di fare lo stesso
alla grande, per la dama e gli scacchi.
L'ingenuità furba di quei tecnologici consisteva nel dare per scontato (o
nel lasciare intendere) che l'intelligenza umana, quella da riprodurre sui
computer, coincidesse con il pensiero razionale e matematico. In tal modo
si liberavano di colpo di tutte le complicazioni derivanti dalle situazioni
non pienamente definite o ambigue - sono tali per esempio quelle del
linguaggio naturale e delle sue infinite sfumature. Pensavano che intanto
si poteva affrontare il problema più facile (sia pure di grande complessità
numerica) e per poi passare a quelli più complicati. Le ricerche di allora
portarono ad alcuni successi significativi, specialmente nel campo della
dama, e soprattutto alla realizzazione di alcuni programmi come il Logic
Theorist, che erano in grado di formulare la dimostrazione di teoremi
matematici o addirittura di trovarne di nuovi. In questo caso il brillante
successo (e non c'è dubbio che fosse tale) era tuttavia stato ottenuto
confinando il ruolo della macchina a quello che, per sua struttura e
definizione sa fare, anzi che fa meglio del cervello umano:
instancabilmente e sistematicamente esplorare tutte le possibili strade, a
ogni bivio fermandosi e chiedendosi: cosa succede se faccio così e cosa
succede se faccio cosà? In pratica usando infinite volte il costrutto
logico fondamentale della programmazione: if ... then ..., else ... (se ...
allora ... altrimenti ...).
Le cose non hanno funzionato quando l'AI ha cercato di cimentarsi con altre
prestazioni intelligenti come la comprensione del linguaggio naturale o il
riconoscimento delle immagini ed è qui che sono entrate in gioco le reti
neurali che cercano di arrivare allo stesso obbiettivo salendo dal basso,
anziché scendendo dall'alto. In questo caso il programma coincide appunto
con un reticolo di singole unità, ognuna delle quali svolge delle piccole
trasformazioni dei segnali che riceve in ingresso e a sua volta emette dei
segnali in uscita, influenzando il comportamento di altre celle.