la scatola nera della scienza i ricercatori flessibili



dal manifesto

     
    
 
    
 

02 Marzo 2002 
  
 
   
La scatola nera della scienza 
Dal "ricercatore massa" della Big Science ai ricercatori "flessibili" di
oggi. Un testo che analizza l'organizzazione, l'uso delle risorse e la
gestione dei risultati del lavoro scientifico. Temi che saranno discussi
domani, alle 17, dal gruppo Laser al Teatro Polivalente Occupato di Bologna 
YURIJ CASTELFRANCHI 




Un quarto di secolo fa veniva dato alle stampe da Feltrinelli L'ape e
l'architetto. Lavoro coraggioso di un gruppo di ricercatori (fra i quali un
cattivo maestro del calibro e dell'energia di Marcello Cini che lo firmava
insieme a Giovanni Ciccotti, Michelangelo de Maria, Giovanni Jona-Lasinio),
il libro legava il progresso della scienza alle trasformazioni produttive,
e mostrava quanto e in quali modi la ricerca scientifica risentisse (non
solo al livello delle ricadute tecnologiche) del contesto sociale da cui
emergeva. L'esperimento allora apparve fastidioso o velletario a molti, a
destra e a sinistra. E oggi sembra essere stato rimosso dai più. Gli
scienziati sono presi da altro. Preoccupati (giustamente) dello stato
miserevole dei finanziamenti alla ricerca pubblica in Italia, indignati
(comprensibilmente) per la condizione deplorevole in cui versa la cultura
scientifica italiana, abbiamo visto di recente i ricercatori attivarsi per
fare lobbying, lottare in difesa della ricerca e, cosa nuova, fare appello
non più solo ai politici, ma al pubblico.

Peccato però che l'analisi del rapporto problematico fra la scienza e il
resto della società si fermi spesso a un livello superficiale e aneddotico.
Concentrati sulla stigmatizzazione dei deficit culturali del pubblico,
sulle patologie della comunicazione mediatica della scienza, pochi hanno
cercato di analizzare come la scienza stessa sia cambiata radicalmente in
questi anni, e come, di conseguenza, vadano ripensate le categorie e i modi
per interpretarla, comunicarla, discuterla.
Convinti del postulato che siamo tutti dominati da una paura irrazionale
nei confronti della scienza (nonostante ricerche italiane e internazionali,
che mostrano come la gente continui ad avere fiducia nella scienza, e stima
per il lavoro dello scienziato), pochi ammettono che non c'è tanto una
paura rivolta all'agire scientifico in sé, quanto una richiesta di
partecipazione e comprensione, e una diffidenza forte nei confronti dei
nessi, complessi, a volte ambigui, fra la ricerca e chi la finanzia, fra le
innovazioni tecnologiche e il loro status di merce o strumento di controllo.
Un grande passo avanti sarebbe allora quello di scendere in piazza anche
per aprire una discussione democratica su tali aspetti. Per dichiararsi,
mettersi in gioco anche politicamente, sul ruolo e il peso che vogliamo che
brevetti, diritti di proprietà intellettuale, finanziamenti pubblici e
privati, abbiano nella ricerca. Purtroppo, la maggior parte dei ricercatori
sembra molto meno interessata, disponibile (e, forse, attrezzata
culturalmente) a discutere in pubblico tali aspetti, quasi che analizzarli
significasse denigrare l'attività "pura" dello scienziato.
Per questo è un'ottima notizia l'uscita, per Derive Approdi, di Scienza Spa
- Scienziati, tecnici e conflitti (pp. 168, 9,30 euro). Gli autori, che
sono giovani ricercatori e filosofi della scienza, scrivono ricordando
proprio l'Ape e l'architetto: "si sa che i cattivi maestri sono sempre
seguiti da cattivi studenti. Dunque abbiamo intenzione di riprendere il
filo rosso che lega scienza e produzione". Ci sono piaciuti i modi e i
mezzi con cui l'hanno fatto. Scienza Spa non è un libro, ma un esperimento
di hacking epistemologico. Come L'ape e l'architetto è un lavoro di gruppo,
ma lo è in forma ancor più radicale. Gli autori si firmano come L.a.s.e.r.,
"laboratorio autonomo scienza epistemologia ricerca": un collettivo nato
nel 1996 ma che ha antenati in esperimenti risalenti alle occupazioni
universitarie della Pantera. Non si tratta di un gruppo nel senso classico,
ma quasi di un'intelligenza collettiva distribuita, interdisciplinare,
delocalizzata. Nel solco delle esperienze di Luther Blisset/Wu Ming, del
copyleft, del free software, Laser produce un testo che è dichiaratamente
NoAuthor: "un libro di cui il lettore si può appropriare interamente come
autore". In un momento in cui domina la dinamica perversa e nevrotica del
numero di pubblicazioni come metro unico di valutazione della produttività
scientifica, Laser scrive: "chiunque, in qualsiasi modo, sente di aver
fatto proprie le riflessioni proposte condividendole o avversandole, [...]
può sentirsi a pieno diritto Autore del libro" e "può inserire nel proprio
curriculum vitae la realizzazione di quest'opera".
Non c'è unità di tempo, luogo, registro linguistico, in Scienza Spa. C'è un
testo che ha appendici intercalate ai capitoli, che ricombina i modi e i
timbri dell'inchiesta, dell'intervista, assieme a quelli tipici del saggio
politico o sociologico. C'è un discorso che è reticolare nella logica e nel
mezzo. Nickname come "Laser-Roma", "Laser-Losanna", "Laser-Manchester",
interagiscono via mail in un contrappunto di analisi e racconti su come,
nel nuovo contesto postfordista, siano mutati i modi di produzione della
scienza e il lavoro di ricercatori e tecnici. La scienza non è una scatola
nera che produce in output solo idee e conoscenze neutre sul mondo (da
applicare poi, eventualmente, in innovazioni tecnologiche). anche un
oggetto da smontare, su cui "mettere le mani" (hacking, dicevamo), per
vedere come al suo interno si manifesti il conflitto sociale. E per
immaginare pratiche di "sottrazione del sapere" scientifico, pensarne un
uso sociale, una trasformazione, una produzione liberata dalla pura
dimensione mercantile e privatistica.

Laser analizza come alla catena di montaggio di epoca fordista corrispose,
nell'ambito dell'organizzazione del lavoro scientifico, la nascita della
Big Science: grandi gruppi di ricerca, grandi finanziamenti, forte sostegno
da parte degli Stati nazionali e in particolare delle commesse militari,
organizzazione gerarchica e quasi militare dei gruppi di ricerca. La
ricerca scientifica divenne una catena di montaggio, ciascun individuo o
équipe erano responsabili di una sola fase del lavoro. Oggi invece, scrive
Laser, "al postfordismo nel sistema produttivo fa eco una riorganizzazione
della ricerca, fin nei suoi fondamenti epistemologici". I gruppi sono
spesso immensi, ma anche delocalizzati e profondamente interdisciplinari.
La parola chiave è network. "Alla politica produttiva della scienza
fordista basata sul controllo si sovrappone la politica produttiva della
scienza postfordista basata sulla connessione". Il ricercatore della Big
Science, un "ricercatore massa", inquadrato in una gigantesca catena di
montaggio della produzione scientifica, sempre più spesso è sostituito da
un ricercatore autonomo, free-lance della conoscenza, che è ora manager e
imprenditore, ora un precario costretto a lavorare gratis in attesa di un
posto. "In una parola potremmo dire che il suo nome è Il Dottor
Flessibile". Se i finanziamenti per i grandi progetti di ricerca restano
enormi e anzi continuano a crescere, oggi l'interesse militare e quello
degli Stati nazionali sono affiancati, e a volte sorpassati, da quelli
delle organizzazioni internazionali: "il mondo della ricerca deve
rivolgersi a istituzioni di credito, banche, organizzazioni internazionali
che trasformano la scoperta scientifica in un'operazione finanziaria e
imprenditoriale". Tagli alla ricerca, riorganizzazione della ricerca
stessa, fanno sì che flessibilità del lavoro, progetti a breve termine,
subappalti della ricerca e collaborazioni esterne diventino fenomeni
comuni: "si incentivano gli spin off, piccole imprese ad alto tasso
tecnologico svezzate dalle università [...] Nei centri di ricerca, nelle
università e nelle imprese lo scienziato assume direttamente l'onere di
instaurare collaborazioni multidisciplinari, reperire finanziamenti e
gestire direttamente la commercializzazione della ricerca".
Ecco allora mutare la politica della ricerca, la gestione dei suoi
risultati. E, con esse, anche la percezione della gente e la gestione degli
indirizzi e dei risultati della ricerca stessa: "nel fordismo l'indirizzo
scientifico era deciso su scala nazionale e vincolato alle esigenze
geopolitiche della Guerra Fredda. Sebbene l'innovazione tecnologica fosse
fuori dal controllo democratico dei cittadini, il suo svolgersi avveniva
secondo direttive chiare e pubbliche, come l'esigenza di produrre
tecnologia nucleare [...] la fede nella scienza era comune sia
all'ideologia borghese, che chiedeva alla scienza gli aumenti di
produttività e la diminuzione del lavoro vivo, che a quella
anticapitalista, che attribuiva alla scienza la capacità di superare il
lavoro salariato. Nel postfordismo la committenza della ricerca è affidata
ai mercati, e contemporaneamente il carattere progressista assoluto
dell'innovazione tecnologica è messo in discussione da più punti di vista.
Decadendo i luoghi del dibattito scientifico, il processo di innovazione
appare come una scatola nera, il cui meccanismo interno è inaccessibile a
interessi sociali diversi dal profitto. Con queste premesse, non rimane che
accettarne gli sviluppi senza discussione, o rifiutarlo in blocco con
spirito spesso reazionario, senza proporre alternative".

Ma la risposta politica sensata, secondo Laser, non è quella del rifiuto (o
della mera azione diretta luddista), bensì quella della sottrazione. Aprire
la scatola nera, metterci le mani su, politicamente ed epistemologicamente,
e usare la scienza per produrre liberazione. "Se la scienza e la tecnologia
non sono neutrali, bisogna capire come invertire il segno di questa non
neutralità al fine di aprire il sapere scientifico agli interessi di chi
vuole una società diversa da quella attuale [...] Perché ciò sia possibile,
il sapere deve essere sottratto. La parte in cui si spiega cosa sia tale
sottrazione dei saperi, e come praticarla, è forse la più interessante del
libro, anche se quella più preliminare e meno definita. A rischio di
deludere il lettore, non ne parliamo. Di proposito, per invitare a compiere
ciò che Laser auspica: utilizzare il libro, magari avversandolo, per aprire
la discussione. Chiunque lo faccia, stando a Laser e all'idea del copyleft,
è Autore a pieno titolo. Speriamo allora, che di autori-hacker ce ne siano
molti. Un testo come Scienza Spa nasce per essere smontato, ricombinato,
per avere un seguito. Anzi, un reticolo di seguiti.