dopo la concertazione



da repubblica di domenica 24 febbraio 2002

DOPO LA CONCERTAZIONE

di ilvio diamanti

Quanta polvere attorno al dibattito fra il governo e i sindacati, attorno
al nodo dei licenziamenti.Attorno alla divisione tra i sindacati
confederali in merito alla trattativa sulla flessibilita' la CGIL decisa
procede nel progettato sciopero generale, la Cisl e la Uil contrarie e
disponibili a riprendere il confronto con il governo. E' diffusa la
tentazione di ricorrere a spiegazioni immediatistiche e politichesi: la
ambizioni politiche di Cofferati , interessato a guidare la sinistra;il
cedimento di Cisl e Uil alle pressioni della Cdl. 
A LA questione è ben più ampia. Riguarda il posto del sindacato nell'era
della post-concertazione; il suo rapporto con la politica, irrisolto dopo
la fine della prima Repubblica. '
Sotto questo profilo~ il percorso tortùoso intrapreso da Cofferati non
differisce molto da quello affrontato, negli anni 90, da Sergio D'Antoni:
costretto a inventare un referente politico che non c'era più, dopo la fine
della Dc e del Psi. Fino a "privatizzare" la Cisl, facendone una sorta di
partito personale. Per scoprire, dopo essere entrato direttamente in
politica, fondando DE, che lo spazio politico "intermedio", era piccolo
piccolo. Molto più di quanto immaginasse. Cofferati, a sua volta, oggi si
trova a fare i conti, nella sinistra, con un referente politico debole e
diviso. Dove, peraltro, come ha dimostraio il congressa di Pesaro, egli
rappresenta una minoranza.
D'altra parte, il rapporto con la politica per il sindacato è diventato
topico. Perché la realtà del lavoro è sempre più condizionata dalle scelte
esercitate in ambito pubblico. Basta pensare agli argomenti che oggi
infiammano il dibattito: la disciplina del mercato del lavoro, la
previdenza, la' tutela. Poi, c'è il problema della rappresentanza del
sindacato, che è cambiata profondamente. I luoghi di lavoro si sono
frammentati, la produzione globalizzata, le grandi fabbriche declinano, i
nuovi occupati hanno contratti intermittenti e parziali. La gente
invecchia. Fatica, il sindacato, a iscrivere i nuovi assunti. Mancano i
"posti", dove li poteva incontrare. Mentre la componente più estesa dei
suoi iscritti è costituita da pensionati. Se aggiungiamo il peso dei
dipendenti pubblici fra i sindacalizzati, si comprende bene come il
rapporto con lo Stato e con il sistema politico per il sindacato divenga
essenziale. Vincolante.
Da ciò 1'importanza assunta, nei primi anni `90, dalla concertazione:
1'intesa fra Stato-governo, sindacati e associazioni imprenditoriali. Per
lo Stato e per il siste- ma politico, in tempi di difficoltà economiche e
finanziarie e di sfaldamento della prima Repubblica, la concertazione è una
via obbligata per affrontare il risanamento economico e finanziario e i
sacrifici che ne conseguono, garantendosi un consenso adeguato. Per il
sindacato, però, la concertazione costituisce un modo per fare fronte alle
sue difficoltà interne ed esterne: per acquisire legittimazione pubblica,
per ottenere risorse che ne saldino il rapporto con i lavoratori. Da ciò
una lunga stagione senza conflitti, rotta solo dalla pausa del governo
Berlusconi. Non tanto per ostilita';ma perche' la proposta sulle pensioni
minaccia di spezzare quell'intesa, quell'equilibrio.
LA stagione concertativa, peraltro, accelera la mutazione del sindacato.
Che si istituzionalizza e si burocratizza. Moltiplica i legami con le
pubbliche amministrazioni. Peraltro, il modello della concertazione si
propaga in diverse direzioni: di settore, di territorio.
Tuttavia, questa stagione nella seconda metà degli anni 90 appassisce,
proprio mentre (e perché) i suoi frutti maturano. In primo luogo, il
rafforzamento del1'Unione europea sposta altrove a Bruxelles, a
Francoforte, in sede di Commissione e di Bce, la definizione dei parametri
di reddito, inflazione; oltre alle le scelte in materia di mercato del
lavoro, Welfare. Così la concertazione perde i suoi fini
I suoi contenuti.
Inoltre, il sistema partitico, che ha usato la concertazione per ridurre la
crisi di consenso degli anni 90, sopporta con disagio crescente la
supplenza e la mediazione sindacale nell'ambito della politica sociale e,
in generale, nel rapporto con la società.
Così il sindacato si ritrova ad affrontare il dclino della concertazione
senza disporre di una strategia altemativa. Istituzionalizzato,und decennio
di bassa mobilitazione sociale, con un rapporto nei con&onti della politica
irrisolto e, per certi versi, più complicato di prima. D' altra parte, alle
elezioni politiche del 13 maggio 2001 (indàgine di Itanes) il 50~o della
classe operaia ha votato per la Cdl, il 42°io per 1'Ulivo. Ma questa
pluralità di opzioni riguarda anche gli iscritti al sindacato, tra i quali
il 60~ hanno votato per il centrosinistra, il 36% per la Cdl. Gli elettori
di centrodestra, inoltre, salgono al 40°Io nella base Uil e al 50% tra gli
iscritti della Cisl, mentre fra gli aderenti della Cgil scendono al 29%.
Che costituisce, comunque, una quota ragguardevole.
Dunque, non esiste una coalizionediriferimentoesclusivaper i sindacati. Era
così anche in passato: ma oggi il bipolarismo
rischiadiriprodurreallorointerno i conffitri politici "esterni". Con
effetti laceranti.
È 1'epoca della post-concertazione. Segnata dalla ricerca di nuovi modelli
di relazioni fra governo e parti sociali, In un clima di conflitti sui
simboli, più che su interessi concreti.
L'art. 18: riguarderà pochi lavoratori, ma se si andasse a un referendum,
come mostrano i sondaggi, il 60% degli elettori voterebbero per mantenerlo.
Inoltre, anche se ispirato da Confindustria, questo tema non sembra
interessare molto gli imprenditori, soprattutto nel Nord.
TUTTAVIA, il govemo ha molte ragioni per investire in questa direzione. Per
tracciare un solco rispetto al passato; per sancire che nell'era di
Berlusconi la concertazione è finita.
Per affermare il metodo Tremonti, tradotto da Maroni, che mira ad
accentuare 1'autonomia decisionale del governo attraverso lo strumento
della delega.
` Per nascondere la povertà delle risorse che il governo può spendere sul
tavolo del negoziato fra le parti sociali. In parte perché vincolato
dallaUe. In parte, perché risorse da trasferire nel negoziato ce
nesonomolto poche. E le poche dispoonibili le ha gia impegnate nel
contratto del pubblico impiego. Per questo agisce sulla leva "ideologica"
dell'art. 18, sperando che apra la breccia verso una nuova era, in cui il
vincolo della mediazione e dei mediatori sociali si allenti.
Per ragioni diverse, gli stessi sindacati stanno al gioco. Perché non hanno
chiara 1'alternativa alla concertazione, né dispongono di un disegno
preciso, circa il rapporto con il sistema politico. Così la Cisl e la Uil,
impiantate su un retroterra contrattualista e pragmatico e su una base
politicamente divisa, accettano di andare al tavolo delle trattative. Così
la Cgil, coerentemente con la sua tradizione, spinge sulla Ieva
dell'identità e dell'opposizione attraverso il richiamo alla piazza.
Ma tutti rischiano qualcosa, in questo gioco, dove la massa simbolica è
eccedente, debordante.
La Cisl e la Uil perché, al tavolo del negoziato c'è dawero poco da
negoziare, in quanto il governo non offre contropartite strategiche
(unpianosulMezzogiorno, investimenti in formazione...) al pacchetto sulla
flessibilità nel lavoro. Può al massimo.:. rinunciare all'art.l8. La Cgil,
perché la piazza è uno strumento forte per generare identità e aspettative.
Ma poi, se non arrivano risultati, può subentrare la delusione. Il governo,
perché ogni giorno che passa, senza unadecisione, la sua pretesa di attore
forte, in grado di bypassare il sindacato, perde credibilità; mentre la sua
posizione ostile su temi sensibili per i lavoratori (sindacalizzati e non),
come i licenziamenti e le pensioni, rischia di fargli perdere il consenso
presso una parte importante del suo elettorato.
È il tempo della post-concertazione e dello sconcerto. Nel quale i soggetti
politici, economici, sindacali si aggrappano alle parole e ai miti del
passato. Per non fare i conti con se stessi.