lavoro e pensioni due riforme boomerang



dal nuovo.it
Giovedi, 27 Dicembre 2001    19:20  
  
 
Lavoro e pensioni, due riforme boomerang

 
 di Raffaele Morese 
 
Lavoro e pensioni, due riforme incompiute 
Hanno scontentato i sindacati, compattandoli 
Ma non ha soddisfatto gli imprenditori 
E la concertazione è saltata senza alternative
Come per la delega sul mercato del lavoro, il Governo ha incassato il "sì"
senza entusiasmo degli imprenditori e il "no" con rancore dei sindacati
sulla delega relativa alle pensioni. Come per la delega sul mercato del
lavoro, quella sulle pensioni contiene misure condivisibili e soluzioni
considerate inaccettabili dai sindacati. Ma le prime, sebbene di qualità
apprezzabili, non riescono a controbilanciare la digeribilità delle seconde.

Il Governo Berlusconi si è comportato come quel cuoco che fa una squisita
crema di tonno, ma la mette a copertura di un taglio di vitello scadente.
La modifica dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori – quello relativo ai
licenziamenti individuali – e la decontribuzione da 3 a 5 punti per i nuovi
assunti a tempo indeterminato sono questioni rilevanti in termini
strategici, di concreta convenienza oltre che di equità sociale. Non
riescono a controbilanciare questo significativo cambiamento, né le nuove
normative sul collocamento, sul part-time e sulla formazione, né il
potenziamento della previdenza integrativa o il superamento del divieto di
cumulo.

Le misure sull’art.18 e sulla decontribuzione non sono in sé stravolgenti.
Interesseranno quote minoritarie del mercato del lavoro. Ma, soprattutto il
modo come sono maturate, hanno fatto intendere di incorporare una buona
dose di furbizia. Un forellino oggi, per creare la voragine domani.

Il semaforo rosso del sindacato, come l’applauso confindustriale guardano
più al futuro che al presente. Più alle demolizioni attese che alle crepe
appena aperte.

Prendiamo la decontribuzione. Riguarda, nelle intenzioni del Governo,
soltanto chi è neo-assunto a tempo indeterminato. Ma oggi, quasi nessuno è
assunto con un contratto a tempo indeterminato. Per cui è dubbia la
previsione di un incentivo all’occupabilità dei giovani.

Inoltre, viene presentata come misura fine a sé stessa. A compensazione
parziale della destinazione del TFR ai fondi pensione integrativi. Altra
cosa sarebbe, se fosse il primo passo per una più generale rivoluzione
degli oneri contributivi. Tutti avrebbero capito che non si stava facendo
una operazione compensatrice e, dal punto di vista dei lavoratori, una
furbata.

Ti accresco la pensione integrativa, ma ti mino quella obbligatoria.

Tutti avrebbero capito che si stava ridisegnando, sia pure in un arco di
tempo pluriennale, il rapporto tra contributi e prestazioni del sistema
previdenziale. Questo è assente e la dietrologia ha preso il sopravvento.

Il Governo Berlusconi ha deciso. Ci sono due deleghe che riguardano il
lavoro su cui, dopo la discussione parlamentare, saranno adottati i decreti
attuativi. Il 2002 sarà largamente utilizzato per dare corpo ad esse.

Il sindacato si sta attrezzando per una mobilitazione lunga. Conta, così,
di influire sulle decisioni della maggioranza per ottenere aggiustamenti a
proprio favore. I lavoratori saranno schierati con il sindacato. Il
sospetto che i cavalli di Troia siano stati piazzati, è diffuso tra la gente.

E’ possibile che il sindacato riesca nell’impresa di cambiare le deleghe.
Anche perché il fronte imprenditoriale non è compatto. Data la congiuntura,
molti preferiscono la mobilità lunga alla modifica dell’art.18. La non
obbligatorietà del trasferimento del TFR ai fondi pensione, alla
decontribuzione.

Resta il fatto che il Governo che ha seppellito la concertazione, non si
ritrova in mano neanche il dialogo sociale. Era stato pensato come
alternativo alla concertazione perché più flessibile. Dopo il confronto, il
Governo decideva avendo acquisito consensi quantomeno trasversali.

Ciò non è avvenuto. Il Governo ha sì deciso, ma provocando schieramenti
compatti.

Non era questo l’obiettivo. Berlusconi voleva attenuare al massimo lo
scontro. Ma si è ritrovato senza concertazione e senza dialogo sociale. E
come ai tempi della prima Repubblica, ai Ministri tocca usare la formula di
rito. "Il testo è aperto al contributo di tutti". In Parlamento sarà un
nuovo giorno.