rifiuti ospedalieri nei cassonetti



dal corriere della sera di venerdi 7 dicembre 2001
 
La nuova legge è stata approvata dal governo per consentire di contenere la
spesa sanitaria e far risparmiare le Asl

I rifiuti degli ospedali dentro i cassonetti

Il materiale di scarto di sale operatorie e laboratori come spazzatura
urbana: basta sterilizzarlo


E di trattare il materiale di scarto delle sale operatorie, dei laboratori
o dei reparti, dopo una veloce «sterilizzazione» o «disinfezione», come
«rifiuti solidi urbani». Capiamoci: non è il primo e non sarà l’ultimo caso
di una legge varata con dentro uno svarione. Basti ricordare il caso del
«comma 1, articolo 13 bis del Dpr del 22-12-86 numero 917» che, superato
dall’arrivo sul mercato di una gran varietà di auto col cambio automatico,
prevede (colpa di un delirante inghippo burocratico inutile da spiegare nei
dettagli) per i monchi della gamba sinistra, alla faccia di eroi della
patria quali Pietro Maroncelli ed Enrico Toti, agevolazioni molto inferiori
a quelle concesse agli amputati della gamba destra. Un’idiozia legislativa
pari solo alla «Taxa Camarae» di papa Leone X, che stabiliva: «I laici
contraffatti o deformi che voglian ricevere ordini sacri e possedere
benefici, pagheranno alla cancelleria apostolica 58 libbre, 2 soldi. Uguale
somma pagherà il guercio dell’occhio destro, mentre il guercio dell’occhio
sinistro pagherà al Papa 10 libbre, 7 soldi». 
Negli anni, come hanno denunciato tra gli altri Giulio Tremonti e Michele
Ainis nei libri «Lo stato criminogeno» e «La legge oscura», abbiamo visto
di tutto. Un articolo del codice della strada che sentenzia: «La
circolazione delle slitte è ammessa soltanto quando le strade sono
ricoperte di ghiaccio e neve». Un Regio Decreto ancora in vigore (dal 24
maggio 1925) che prevede l’obbligo per gli alberghi di «porre sputacchiere
in numero adeguato». Un verdetto della Gazzetta Ufficiale (16 gennaio 1992)
che stabilisce: «Per "sedile del conducente" s’intende il sedile destinato
al conducente. Per vibrazione s’intende il movimento verticale ascendente e
discendente del sedile del conducente». 
Non siamo soli. A causa della loro storia, gli Usa sono ingombri di
migliaia e migliaia di leggi appartenenti ai vecchi Stati, superate dalle
nuove norme federali ma mai abolite, come certe vecchie scartoffie lasciate
in soffitta che non si trova mai il tempo di buttare via. Ed ecco che a Oak
Park, nell’Illinois, è vietato, pena l’arresto, ai galli di cantare prima
delle sei del mattino. In Alabama, guidare «indossando paraocchi» e
«portare baffi finti in chiesa suscitando ilarità». A Seattle «nascondere
sul proprio corpo un’arma di lunghezza superiore al metro e mezzo». 
Forse nessuno, però, ha mai avuto una produzione di leggi assurde quanto
noi. Colpa della logorrea dei nostri deputati, ignari che Einstein riuscì a
riassumere la teoria della relatività in trentacinque pagine, la metà dei
tre articoli della legge 662 del 1996. Colpa della macchinosità del
linguaggio usato, che ha sprecato 625 parole (i Dieci Comandamenti ne
contengono 279, la Dichiarazione Americana d’Indipendenza 300) per dire che
il francobollo «Le istituzioni», da lire 800, sarebbe stato largo 3
centimetri e alto 4. E colpa d’un ammasso di leggi e leggine, codici e
codicilli così abnorme che per eliminare una legge devi farne un’altra. Al
punto che la Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia, il 31 ottobre 1995,
arrivò a pubblicare una dopo l’altra due norme, con la seconda che abrogava
la prima. 
Il centrodestra, sulla scia di spassose denunce de Il Giornale che celebrò
il giorno di Santa Zita irridendo all’Ulivo che prometteva meno leggi
mentre un solo numero della Gazzetta Ufficiale pubblicava intanto «una
legge, 2 decreti presidenziali, un decreto del presidente del Consiglio dei
ministri, 16 decreti ministeriali e una circolare», aveva giurato: noi no.
Mica facile, visto il sistema. Pochi mesi dopo, i cantori intonavano: «In
poche settimane il governo Berlusconi è riuscito a far approvare 24 leggi,
quello di Prodi nello stesso tempo era arrivato solo a quattro». Tie’. 
Corri corri, però, lo scivolone può capitare. Ed ecco che nella legge 405
varata dalla Camera il 14 novembre scorso per convertire il DL 347 del 18
settembre, quella decisa per contenere la spesa sanitaria, passa la facoltà
per gli ospedali di risparmiare anche sul trattamento dei rifiuti. Prima
quelli speciali potevano essere solo ridotti in cenere. Adesso possono
essere semplicemente sterilizzati o peggio ancora disinfettati e buttati
nelle discariche come normali rifiuti solidi urbani. 
Braccia, gambe, orecchie amputate e provette di sangue infetto comprese.
Una svista. Ma così marchiana che i rappresentanti di tutti i partiti, da
Pietro Armani (An) ad Ermete Realacci, presidente di Legambiente che è la
più combattiva sul tema, firmano in contemporanea un ordine del giorno
subito votato dall’aula. Il succo è: ormai quel pezzo di legge, contenuto
com’è in un pacchetto su cui è stata messa la fiducia, non si può più
cambiare. Ma per favore, amici delle Asl, non applicatelo: valgono le
regole di prima. Coerente al tema, ecco una legge monca.  
Gian Antonio Stella