il terrorismo figlio del sottosviluppo



dalla stampa di domenica 25 novembre 2001

 
UNA POSSIBILE RICETTA: L´EQUAZIONE DI BENESSERE, RISORSE E LIBERTA´ IN
PAESI CHE NE SONO PRIVI, UNITA ALL´ELIMINAZIONE DI DISPARITA´ SECOLARI  
«Il terrorismo figlio del sottosviluppo»  
Lo scrittore Dominique Lapierre: credo che ampia parte del mondo
occidentale abbia compreso la necessità di un riequilibrio. «La crisi non
terminerà se non affronteremo la sfida del nuovo Millennio»  

TORINO POSSO dirlo con franchezza? Il regime dei talebani è alla frutta e
credo che manchi poco alla cattura dello stesso Bin Laden, ma il prossimo
futuro riserverà altri incubi se non ci rendiamo conto dell´abisso che oggi
ci divide da una parte del mondo». Dominique Lapierre, celebre giornalista
e scrittore francese autore di best-sellers tradotti in tutte le lingue e
premiati da milioni di copie, è appena arrivato da Parigi per presentare al
Sermig di Ernesto Olivero la sua ultima fatica, «Mezzanotte e cinque a
Bhopal» (Mondadori): quattro anni di inchiesta per ricostruire cause ed
effetti dell´eplosione dello stabilimento chimico statunitense che nell´84
provocò 30 mila morti nella regione dell´India centrale. Nella stessa
occasione, riceverà dal vicesindaco di Torino Marco Calgaro un contributo
per la sua battaglia a favore dei minori relegati in condizioni di povertà
e talora di schiavitù.
Mentre i talebani si eclissano, riemergono gli attriti tra i mujaheddin.
Sul fronte internazionale, invece, Pechino si schiera con il Pakistan
contro ogni interferenza esterna nella questione afghana. Riparte il
«grande gioco» fra superpotenze? «Sono questioni politiche che dimostrano
solo come il calvario dell´Afghanistan, paese martire, non sia terminato.
Così come non terminerà mai il terrorismo se l´Occidente non affronterà la
sfida del Nuovo millennio: una redistribuzione del benessere, delle risorse
e della libertà in paesi che ne sono privi, unita all´eliminazione di
ingiustizie secolari. Basta pensare alle migliaia di palestinesi costretti
da quarant´anni nei campi profughi: in queste condizioni si troverà sempre
qualcuno disposto a farsi saltare in aria». Sta dicendo che la soluzione
militare è inefficace senza una svolta a livello politico, sociale ed
economico? «Dico che il terrorismo e il fanatismo sono figli di un
sottosviluppo che affonda in troppe ingiustizie: l´effetto è quello di una
bomba ad orologeria. Con fanatici del calibro di Bin Laden è impossibile
ragionare. Ma se domani un ´´mahatma´´ violento eppure rispettato si
recasse nelle bidonville di Calcutta predicando la lotta dei poveri contro
i ricchi non sappiamo cosa potrebbe scaturirne. Il punto non è se la pace
può valere una guerra, ma prevenirla». Favorendo il dialogo e varando un
piano di aiuti economici? «Credo che ampia parte del mondo occidentale
abbia compreso la necessità di un riequilibrio: il problema è mettere a
punto i canali e le strutture giuste per realizzarlo. Quella contro il
sottosviluppo è una battaglia che non si combatte necessariamente in prima
linea: tutti possiamo fare la nostra parte, da casa nostra e nei rispettivi
ruoli. Nel mio caso, è stata Madre Teresa a farmi capire quanto fosse
potente la leva della scrittura, ancora oggi trovo incredibile quello che
siamo riusciti a fare grazie ai diritti del mio primo libro, ´´ La Città
della Gioia´´». Come i quattro battelli ospedalieri che abbiamo portato nel
Delta del Gange per aiutare un milione di persone prive di assistenza
medica distribuite in 54 isole che ufficialmente non esistono.
Cinquantaquattro isole ai confini con il Bangladesh che non sono nemmeno
riportate sulle carte geografiche. E´ scandaloso». Un impegno a tutto
campo... «Grazie all´aiuto di persone di nazionalità diverse, italiani
compresi. L´Italia è un paese straordinario, l´unico in Europa che abbia
questa molla, questo interesse a capire e ad occuparsi di problemi che non
la riguardano direttamente». La redistribuzione delle risorse significa
anche trasferimento delle tecnologie. Eppure il suo ultimo libro è ispirato
ad una delle più grandi tragedie industriali della storia. «Un monito da
non scordare mai più. E´ la cronaca di un progetto nato con le migliori
intenzioni, la produzione di un potente insetticida per combattere il
proliferare degli insetti nella regione di Bhopal, e trasformatosi in un
incubo che ancora oggi rovina l´esistenza di 150 mila persone: una condanna
scolpita per sempre nel Dna di intere generazioni. Sono i drammi innescati
dalla logica di un profitto inseguito forsennatamente, a costo di ridurre
le misure di sicurezza quando lo stabilimento della Union Carbide è andato
in rosso. Nessuno finì in tribunale, il risarcimento di 400 milioni di
dollari pagato al governo indiano per chiudere ogni vertenza giudiziaria si
disperse in mille rivoli senza tradursi in cure mediche ed assistenza alla
popolazione colpita: ovviamente la più povera. Oggi quella società è stata
comprata da un´altra multinazionale, l´ex-presidente della ´´Union´´ - pur
avendo ucciso in un colpo solo un numero di vittime cinque volte superiore
a quelle attribuite a Bin Laden - si gode tranquillamente il suo buen
retiro nella lussuosa villa della Florida. Inutile dire quali strascichi
abbia lasciato quella tragedia e qual´è oggi l´immagine dell´Occidente
ipertecnologico fra quei disgraziati».