buona fortuna a chi continuerà nell'impresa



 Esco di scena. Me lo impongono impedimenti personali. Però resto convinto che non verrà meno tanto presto la spinta, raccolta da ogni parte della penisola, ad una organizzazione finalmente nazionale e stabile dei movimenti, si chiami “Stati generali per il governo dei beni comuni” o “Alleanza dei beni comuni” o altro. La semina darà i suoi frutti. Certo, la strada dell’autoconvocazione del “millepiedi” (i comitati delle migliaia di vertenze aperte sui territori) è più complicata, ma diventerà indispensabile perché i “piedi” più robusti (acqua, nucleare, rifiuti, no tav…) non si sono messi dopo il referendum in moto in quella direzione. E’ evidente che dentro i movimenti c’è anche una vocazione rinunciataria. Trapela ad esempio anche nell’introduzione di un altro libro di Bersani, secondo la quale nella vittoria referendaria “c’è un sentore di irripetibilità”, quale “evento tanto straordinario quanto incomprensibile” per migliaia di attivisti/e. E’ visto come un ostacolo insormontabile che l’immenso patrimonio di democrazia partecipata sia spezzettato. In effetti è frantumato in spezzoni non solo monotematici, ma addirittura sottomonotematici (o peggio: il piccolo arcipelago pacifista non violento è sparso in almeno sei liste). Pensiamo che ci sono liste che si occupano separatamente chi di riciclo risorse e rifiuti, chi di energie rinnovabili, chi di nucleare, inceneritori ecc. mentre tutte andrebbero ricondotte ad un capitolo unico “energia” e a un’unica regia dei beni comuni. Altro esempio: per “acqua pubblica” i più si riferiscono prevalentemente alla questione della gestione di acquedotti e tariffe, mentre pochi (Valassina, Nebbia, chi scrive ecc.) insistono che a maggior ragione vanno compresi nel concetto di beni comuni l’emergenza dei fiumi inquinati e dell’assetto idrogeologico e della manutenzione e rinaturalizzazione del territorio, le fonti di energia idrica rinnovabile ecc.. Il tutto dunque fattibile di una unica regia. E gli esempi possono andare avanti a lungo: agricoltura e mobilità sostenibili, trasporti , grandi opere, no tav, ecc. che ci riportano al tema dell’energia, in un circolo ininterrotto di beni comuni.

Solo che dovremmo affrettarci. Dobbiamo imporre il cambiamento di modello, ora. Gestirlo. E’ macroscopico il nesso tra crisi economica e impossibilità di una crescita illimitata del pianeta.  La terza rivoluzione industriale è già cominciata e la crisi economica dovrebbe convincerci. La gestione dell’energia  ha sempre formato la natura della civiltà, sia nella prima che nella  seconda rivoluzione (dominata dal petrolio). La Terra era concepita  come contenitore di risorse da sfruttare: uno sviluppo non sostenibile innanzitutto come disastro ambientale. Ora si tratta di spostare la gestione lungo linee di pensiero ecologico: dalle gigantesche campagne centralizzate  basate sui combustibili fossili a milioni di piccoli produttori di energie rinnovabili (democratizzazione dell’energia). Condividere le energie rinnovabili  della Terra, il governo dei bei comuni, creerà una nuova identità della specie umana, un nuovo segno di qualità della vita. La terza rivoluzione industriale, cambiando il business, cambierà anche la politica. Però bisogna, come movimenti, essere preparati, organizzati, e non spettatori. E allora speriamo che la spinta ai movimenti italiani venga anche dalla preparazione della Costituzione europea di una rete contro la privatizzazione (svendita incentivata) dei beni comuni, e in vista del Forum mondiale alternativo dell’acqua di Marsiglia 2012.

Infine un accenno alla paura che c’è in molti fra noi che una organizzazione nazionale stabile dei movimenti sia fagocitabile dai partiti o si trasformi in partito. La paura è un sentimento utile fino a quando non paralizza. Dove sta in effetti il pericolo? La politica è ormai impermeabile ai movimenti e alle lotte sociali, è governata dal pensiero unico, partiti e sindacati  non sono più motori di cambiamento, la democrazia è negata. Dunque l’autonomia dei movimenti, oggi, è più facile per affermarsi e conservarsi. Oggi la spinta dal basso  per organizzarci: c’è. Non perdiamola. Buona fortuna a chi continuerà nell’impresa.

Lino Balza            


Sent: Sunday, September 11, 2011 9:35 AM
To: Undisclosed-Recipient:;
Subject: Fw: -non stiamo con le mani in mano: aggiornamento

Sintetico aggiornamento dello stato dell'arte.
I consensi e i contributi continuano a pervenire da molti (compresi nell'elenco sottostante) e ancora una volta si dimostra  che tanti sono i canali in Rete ma che purtroppo  non esiste uno spazio condivisibile da tutti i movimenti. Opportunamente si sta costruendo 0) un Forum che possa essere funzionale ad aggregare almeno per un confronto in Rete. Appena pronto, sarà reso noto il link, così tentando di iscrivere in un unico spazio persone e movimenti separati nei vari canali delle mailing list e personali, blog. Sarebbe così disponibile in più uno strumento per sottoporre a dibattito collettivo, prima dell'incontro costituente, due mozioni preliminari che vengono proposte: 1) il documento sulla organizzazione, 2) il manifesto di intenti.
 Sarebbero così utilizzabili materiali in via di redazione o già ora disponibili, come ad esempio a) quelli redatti sotto il titolo di energia quale bene comune legato alla vita,  quelli che avrebbero titolo di definirsi "grandi opere" nazionali come b) un piano di difesa del suolo e di regolazione del corso dei fiumi o c) come un piano di bonifica dei tetti in amianto e sostituzione con pannelli fotovoltaici, d) un documento di economia alternativa integrato con i dati delle ricadute occupazionali, e) un documento per il protagonismo della società civile, democrazia diretta ecc. f) una bozza di programma per un incontro nazionale (3 giorni), g) una conferenza nazionale sul modello toscano di sviluppo, h) documenti sull'emergenza della distruzione del paesaggio, i)  lo stesso appello degli indignati, l) altre  proposte e tanti intenti. 
Come si vede, sono necessari molti altri contributi a cominciare dai punti 1) e 2).           ,
 
Sent: Tuesday, September 06, 2011 9:25 AM
Subject: Fw: noi non stiamo con le mani in mano

Stiamo attenti quando parliamo di gambe, come si sta discutendo in Rete, perché l’animale in realtà è un millepiedi. D’accordo che alcune gambe sono indicate come più robuste (Forum acqua pubblica, NoTav Valsusa) ma guai a ignorare che il movimento è fatto di mille vertenze grandi e piccole in ogni angolo della penisola. Pensiamo infatti a quanti comitati si occupano di energia e rifiuti. O al Forum elettrosmog che da solo fa 1.070 iscritti. E ai No Dal Molin e ai mille altri esempi. Certo, la spinta a muovere il gigantesco animale, a organizzare cioè gli “Stati generali del governo dei beni comuni”, potrebbe, anzi dovrebbe partire dalle gambe più muscolose, ma guai a farle camminare da sole azzoppando il millepiedi. Però questa spinta all’organizzazione finalmente stabile dei movimenti non è avvenuta all’indomani del referendum. E ne hanno subito approfittato. Perciò ci siamo chiesti: dobbiamo autorganizzarci? Sì, è stata forte la risposta in Rete. Alla quale si è affiancata la proposta di mettere in moto le gambe più robuste. (*1*)

Dunque in qualche maniera arriveremo a definire data e luogo di convocazione dell’assise degli Stati generali (con questo o altro nome). Però, attenzione, non possiamo andarci come alla solita conferenza nazionale dove tutti parlano e si ritorna a casa senza aver costruito una organizzazione stabile e strutturata sulla base di un programma condiviso: il “Manifesto dei beni comuni”. Non stiamo con le mani in mano, da subito cominciamo a costruire la piattaforma, il Manifesto, lo si mette in Rete, e lo si discute tutti assieme, affinchè l’assemblea degli Stati generali ne faccia la sintesi finale. Per farlo, abbiamo gli uomini e le donne del sapere e dell’azione, praticamente ci siamo conosciuti tutti di persona: l’elenco (*2*) è più lungo assai della mia memoria  e resterà, per quanto doverosamente implementato, come la punta di un iceberg. Ad essi ci appelliamo. Chi inizia a scrivere, chi comincia l’opera ambiziosa?

Lino Balza

(*1*) Il Forum dei movimenti per l’acqua pubblica sarà in assemblea nazionale il 1° ottobre. E’ annunciata una proposta Notav Valsusa alla Marcia Perugia Assisi, del 24 settembre. Delegati sindacali di Fiom e sindacati di base, intellettuali e militanti del movimento Notav, per l’acqua, studentesco ecc.: assemblea 1° ottobre.

 (*2*) Ugo Mattei, Alberto Lucarelli, Michele Boato, Marco Giustini, Antonio Valassina, Alberto Asor Rosa, Giulio Marcon, Marco Bersani, Fulvio Aurora, Piero Bevilacqua, Luigi Mara, Riccardo Petrella, Maurizio Pallante, Gabriele Polo, Luigi Meconi, Luca Martinelli, Alberto Perino, Fabrizio Bertini, Emilio Molinari, Alfiero Grandi, Corrado Oddi, Lele Rizzo, Luigi Ciotti, Alex Zanotelli, Mao Valpiana, Marco Revelli, Luca Mercalli, Giorgio Nebbia, Gianni Mattioli, Giorgio Ferrari, Paul Connet, Alfonso Navarra, Claudio Giorno, Ernesto Burgio, Rossano Ercolini, Giuseppe Altieri, Mario Agostinelli, Angelo Baracca, Michelangiolo Bolognini, Giulietto Chiesa, Alessandro Mortarino, Paolo Carsetti, Gianpiero Godio, Vincenzo Miliucci, Olol Jackson, Patrizia Gentilini, Cinzia Pasi, Barbara Rimaudo,  Raffaella Costi, Paola Ghini, Katia Lumachi, Anna Ricci, Barbara Martucci, Laura Gola, Giuliana Vallarino, Tiziana Volta, Cristina Pavone, Gabriella Grasso, Giuliana Contini, Ida Cappetti, Helen Ampt, Alma Carlevarino, Ivana Nannini, Margherita Ciervo, Cinzia Bottene, Anna Andorno, Luca Benedini, Fausto Angelini, Paolo Fierro, Gino Carpentiero, Massimo Piras, Francesco Facchini, Felice Airoldi, Isidoro Malandra, Giandomenico Zucca, Stefano Pighini, Michele Morini, Luciano Panato, Piero Aimasso, Gianpaolo Bardini, Gaetano Alibrandi, Ernesto Celestini, Tonino Mancino, Alessandro Capuzzo, Paolo D’Arpini, Gianluca Bonazzi, Rino Vaccaro, Raffaele Maggi, Massimo Iaretti, Gianfranco Drogo, Franco Borghi, Enrico Peyretti, Antonello Brunetti, Benito Fiori, Oscar Margaira, Massimo Marino, Stefano Montanari, Piero Lanfranco, Pietro Clerici, Gianluca Garetti, Alessandro Marescotti, Giulio Cengia eccetera.         


From: medicinademocraticalinobalza at hotmail.com

Sent: Monday, August 29, 2011 9:10 AM
Subject: Fw: ci autoconvochiamo? emergenza beni comuni

Siamo fermi. Dobbiamo ripartire. Come movimenti, dobbiamo farci un’autocritica se il governo, con la complicità delle opposizioni e dei sindacati, si sta facendo beffe dell’esito referendario tramite la riproposizione tale e quale della messa in gara dei servizi pubblici locali (rifiuti, trasporti, energia, eccezione apparente l’acqua), e svendendo il nostro patrimonio collettivo –i beni pubblici sociali (Mattei)- che la sovrana volontà popolare, con 27 milioni di voti, ha invece sancito debba essere governato in termini ecologici, sociali e sostenibili, nell’interesse comune, e non espropriato. Ferme le responsabilità bipartisan di inaudita gravità politica giuridica e costituzionale, che vanno denunciate in tutte le forme di lotta possibili, i movimenti dei beni comuni dovrebbero però interrogarsi sui propri limiti che hanno favorito in pochi mesi il tentativo di svuotamento dell’esito epocale dei referendum. E porvi rimedio. Tramite due strumenti: organizzazione e programma.

Già all’indomani del voto c’è stato chi, fra noi, ha posto l’esigenza di una organizzazione stabile di tutti i movimenti. Sulla base di un “MANIFESTO DEI BENI COMUNI” (Lucarelli). Petrella ne ha perfino coniato la denominazione: “STATI GENERALI DEL GOVERNO DEI BENI COMUNI” . Però l’organizzazione è sempre stata il tallone d’Achille dei movimenti. Non è che ne siamo incapaci. Anzi. A novembre, ad esempio, abbiamo organizzato, improvvisando via internet, una vivacissima giornata contro il nucleare in un centinaio di località italiane, auto convocazione che ha posto le basi per la mobilitazione referendaria. Oppure pensiamo alla trionfale organizzazione del popolo dell’acqua: strutturata a livello nazionale e articolata localmente. E all’eroica resistenza dei No Tav, e non solo in Valsusa, e ai No Dal Molin e ai tantissimi altri esempi consolidati negli anni.

Esiste infatti un immenso ma disperso patrimonio di “democrazia partecipata” composto da mille vertenze sul territorio che si stanno scontrando  con i poteri economico e politico, un patrimonio di movimenti ambientalisti, civici, non violenti, pacifisti, che però non hanno spiccato il salto di qualità. Sono sì innervati in una serie di formidabili reti nazionali (acqua pubblica, rifiuti, inceneritori, ogm, elettrosmog, nucleare, tav, grandi opere, pace, grillo, amianto, sanità ecc.) tutte, di fatto, convergenti su un comune alternativo modello di sviluppo e di politica che, di fatto, è un vero e proprio programma nazionale, però sono da sempre senza una esplicita piattaforma comune, senza la spina dorsale di un coordinamento,  senza mezzi di comunicazione unitari,  con interne difficoltà e resistenze al collegamento e all’unità, dunque sempre sull’orlo della sconfitta epocale. Insomma: una forza politica straordinaria e inespressa. Si è finalmente espressa con i referendum. Poi si è di nuovo fermata.

Eppure, dopo il referendum, nessuno, nessun partito o sindacato, se non il movimento dei movimenti sarebbe in grado credibilmente di opporre alla “manovra” di macelleria sociale (M. Bersani) una contromanovra di alternativa economica e democratica: tasse sui patrimoni e le rendite, tagli alle spese militari, alle grandi opere e Tav, sviluppo della green economy, energie rinnovabili, riciclo rifiuti, mobilità sostenibile, agricoltura biologica, lotta al precariato, sostegno alle pensioni più basse, recupero del fiscal drag, reddito di cittadinanza, diritto alla salute ecc. (Sbilanciamoci).

Dunque è dimostrato che a livelli settoriale e locale esiste, enorme,  una potenzialità auto organizzativa pari a quella propositiva , però che ci sono dentro i movimenti prudenze esagerate, paure,  anche resistenze culturali a capire la valenza strategica di darsi una organizzazione stabile a livello nazionale, addirittura resistenze miopi impastate di autosufficienza  e separatezza, oltre alle ostilità ideologiche. Si è perfino stentato ad ammettere che ciascun quesito referendario sarebbe stato perdente se scollegato dagli altri.

L’affermazione a giugno dei referendum ha illuso molti di noi che fosse finalmente giunto il momento di costruire una organizzazione nazionale stabile, sapendo che nessun partito è in grado di rappresentare le istanze del movimento o solo di contrastare i prevedibili stravolgimenti post referendari. “Usciamo subito da Roma,” fu proposto “ facciamo della Valsusa la sede ufficiale dei comitati dei beni comuni, per un modello alternativo di sviluppo e democrazia”. A qualche mese di distanza, lo spirito di quell’appello rimane valido. Restano valide le affermazioni fatte: “Con lo straordinario avvenimento politico del referendum ha trionfato un nuovo modello di fare politica… la fine di un ciclo politico e culturale… è nato un nuovo laboratorio politico… il conflitto,  la partecipazione e i beni comuni sono le nuove categorie per la nascita di nuove soggettività politiche fuori e oltre il sistema dei partiti”. Resta dunque valida l’opportunità allora avvertita di impegnarci per un” MANIFESTO DEI BENI COMUNI”. Resta valido l’obbiettivo che gli “STATI GENERALI DEL GOVERNO DEI BENI COMUNI”, o come altrimenti si vuole chiamarli, “siano il primo e rapido atto costituente  del popolo dei beni comuni”. Ebbene, convochiamo questi Stati generali, autoconvochiamoci!  Di lì, in piena autonomia,  tenteremo di costruire  una “ALLEANZA PER I BENI COMUNI (Giustini) cercando di coalizzare in un patto forze sociali, sindacali e politiche, centri sociali, circoli culturali, associazioni civiche, studentesche, reti, imprese sociali ecc. (Viale) .

Autoconvochiamoci. Chi è d’accordo alzi la mano (via internet). Ci siamo già riusciti, ripeteremo il miracolo.

Abbiamo i programmi alternativi e gli uomini e le donne, ci manca l’organizzazione. Con l’organizzazione poniamo le basi per la creazione dal basso di una nuova classe dirigente che faccia fuori l’insopportabile occupazione del potere a tutti i livelli amministrativi e statali. Non siamo velleitari: proponiamoci solo di porre le basi. Nessuno vorrebbe abolire i partiti. Rivoltarli come un calzino, sì.        

Pensare globalmente e agire localmente: abbiamo  sempre detto, però più che mai è tempo che la dimensione locale diventi quella nazionale. Come indirizza l’esito dei referendum. Se invece continuiamo a ragionare per compartimenti stagni, ognuno curando il proprio “bene comune”, non faremo molta strada, né globalmente né localmente. Saremo perdenti se non difendiamo, conquistiamo tutti  i “beni comuni”. “Beni comuni” sono l’acqua, i servizi pubblici, l’aria, le energie, zero rifiuti, ma anche la salute, la sanità pubblica, i saperi, l’istruzione, ma anche il territorio, le fonti non rinnovabili, la vita del pianeta, gli ecosistemi, la biodiversità, ma anche il lavoro, la casa, il cibo, la sociodiversità, le relazioni sociali. Gli strumenti di conquista sono, dal basso, la partecipazione e la democrazia. Complessivamente, la difesa e la conquista , la riappropriazione e la messa in comune di questi “beni comuni” significano la conquista e la costruzione di un modello alternativo di politica e di sviluppo, alternativo all’espropriazione-privatizzazione capitalistica  dei beni e dei luoghi comuni materiali e immateriali che si avvale (la “manovra”) della stessa provocata crisi  economica e sociale  per accrescere precarietà,  povertà e profitti. Se tale è il progetto che ereditiamo dai referendum, non dobbiamo perdere tempo in compartimenti stagni, a lavorare separatamente chi per l’acqua, chi per le fonti rinnovabili, chi per i rifiuti ecc. Organizziamo la partecipazione, la democrazia. Organizziamoci, senza fonderci, conservando la propria specificità. Ma organizziamoci.

Lino Balza Medicina democratica Movimento di lotta per la salute Articolo su Il Manifesto del 25 agosto  http://www.ilmanifesto.it/io-manifesto/lettere-e-filosofia/anno/2011/mese/08/articolo/5232/ 
 

 

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