statalizzazione vs privatizzazione: ed il pubblico dov'è?





Salute!

Riporto di seguito una bell'analisi e riflessione circolata di recente in Lista altremarche at altraofficina.it che mi pare avalli la percezione che una gestione dell'acqua ricondotta in mano agli statali non sia affatto pubblica.

Vive cordialità.

Danilo D'Antonio






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privatizzazione dei servizi di interesse generale


Questa volta voglio andare controcorrente e qualche ragione c'è.
Nelle discussioni in corso, mi sembra che si persegua sempre nel filone dello storico "socialismo reale" novecentesco che ci vedeva divisi tra Statalisti e Liberisti.
Tempi in cui l'assioma Stato = "di tutti" e proprietà privata =  "di pochi" era la semplificazione concettuale populista.
L'estrema conseguenza di questo assioma lo si trova in Stalin, dove lo Stato (presunto comunista) era l'espressione storica e materializzata del "socialismo reale" e di conseguenza chi andava contro lo Stato andava contro il presupposto Comunismo storicamente dato, e come tale era anticomunista e da epurare.  Aveva costruito uno Stato che occupava e si preoccupava di tutto, dall'etica all'economia, dalla culla alla tomba.
Perchè tutti gli aspetti della vita venivano considerati servizi di interesse generale e-quindi-statalizzabili.
Ma la storia della sinistra era un pò diversa, come dicevano gli anarchici e come analizzava Marx, l'assioma "Stato = di tutti" è una mera finzione delle classi dominati. Esso è uno strumento  di comando-controllo di recente realizzazione frutto della modernità borghese.
Se per Marx il Comunismo (la massima libertà-autonomia e autocooperazione concepibile dell'uomo e per l'uomo) doveva passare necessariamente per l'estinzione dello Stato e non per la sua bulimia.
Lenin a questa idea (sto semplificando il suo pensiero) ci apportò qualche "ritocco" , e pose il problema della "conquista dello Stato" -invece-della-sua-estinzione da parte di una nuova classe dominante: il proletariato; e gestire lo stato attraverso i soviet proletari (dei concili proletari, una versione allargata e più profonda dell'attuale "bilancio partecipato" o della democrazia a Km 0). Nella illusione che la macchina dello Stato fosse una cosa neutra e in quanto tale andava solo "gestita" in modo democratico. Il progetto fallì come ben sappiamo proprio per questo piccolo "cavillo", l'ingombro sociale dello Stato aveva generato una nuova borghesia Statale che ha finito con il prevalere sul proletariato.
Questa idea della progressiva statalizzazione tipica dei PCI di allora non fallì solo in URSS ma anche in occidente; anche in Italia nel dopoguerra il  PCI (con la complicità della DC) si procedette concordemente alla statalizzazione di tutto, dal panettone al cinema alla televisione all'IRI ecc.
Come conseguenza (una peculiarità delle democrazie "latine") si ebbe la produzione generalizzata di "corpi separati" in senso stretto degli apparati statali. Corpi autorefenziali, veri centri di potere (spesso occulti), di lobby e di cooptazione politica, dove la "funzione pubblica" era solo un pretesto per giustificare i reali giochi di potere interni. Dalle università alle USL,  dagli acquedotti all'esercito, dalle banche all'ENI (tra l'altro avrete certamente notato che ancora oggi questa è l'unica che detta l'agenda in fatto di politica estera Italiano ed è anche quella che insieme alle consorelle statali Francesi e alle multinazionali-liberiste anglo-americane del petrolio corrompono gli Stati centro africani per rapinarne il petrolio e le materie prime o per vendere armi).
Concettualmente la sinistra non è mai uscita da questo assioma Stato vs Privato anche di fronte ai fallimenti dovuti alla società che si è andata via via complessificando al punto che l'antico concetto di proprietà privata comincia a vacillare.
Il vecchio Foucault osservava che il problema del potere è CHI gestisce le funzioni non la chi ha la nuda proprietà.
Ci sono multinazionali private che vengono gestite da chi detiene solamente il 5% della proprietà.
Ci sono imprese e multinazionali di Stato o apparati Statali che vengono gestite da chi ha zero voti, non è stato eletto e sembra che siano più loro a "gestire" i cittadini e non viceversa; questo avviene a livello centrale, ma non solo, ad esempio nei comuni non è infrequente trovare assessori che sono eterodiretti dai dirigenti comunali.
 
Riassumendo, se alcuni Comuni e alcune Provincie chiudono non mi dispiace, la democrazia complessiva non perde nulla, anzi,  c'è la possibilità che si posa destinare più risorse ai servizi e meno alle poltrone.
Per i rimanenti Comuni, anche senza le partecipate, potrebbero non stare a girare i pollici se facessero gli interessi collettivi promuovendo cooperative di cittadini (ex utenti)  nella gestione dei servizi di interesse generale come acqua, energia, trasporti, welfare, credito, salute ecc. ecc. anche in concorrenza con i privati; in questo modo si sprecherebbe meno fiato nelle lotte di poltrone e tutti ci guadagnerebbero.
Si potrebbe valutare la possibilità di collocare le attuali azioni delle partecipate a delle (auspicabili) cooperative sociali di utenti promosse dai Comuni.
 
Oppure il comune potrebbe mettere ex-novo tubi acqua e gas, cavi di energia e telematici sotto le strade (ma si potrebbero anche costruire case, banche di credito ecc) e darli in usufrutto gestionale ai cittadini "utenti"-gestori per un tot. anni e se questi non vogliono gestirli si potrebbero dare ad imprese private, sempre pro-tempore
Se si riesce a rendere i servizi in qualche modo autogestibili dagli abitanti stessi, si facesse un'azione di autoresponsabilizzazione civica e gestionale, non ci sarebbe bisogno di ri-Statalizzare la società o fare da sponda o promuovere ciecamente  ingestibili "monopoli" di inefficienti Borghesie di Stato, di parastato, S.p.A.-consorzi, o conviventi imprenditori parassiti che mungono dalla cosa pubblica (es ferrovie, autostrade telefoni, energia, poste, coniatori di moneta, concessionari vari grandi e piccoli ecc.) in regime di monopolio, in qualche modo "statalizzati" anche loro.
Con buona pace dei liberisti.
 
La parola chiave dovrebbero essere solidarietà-cooperazione  nella competizione.
I due aspetti possono convivere senza dover ricorrere nuovamente alla Mamma-Stato, e badando più seriamente al "controllo" della cosa pubblica più che la sua proprietà formale.
 
Nel mio modo di vedere la libertà e la democrazia, meno Stato c'è meglio è,  più ci si spende nell'autogestione, responsabilità sociale, cooperazione meglio è; e sogno una politica che si occupi di etica, della società, delle nuove generazioni e meno di elezioni e poltrone.
Con buona pace dei neo-giacobini Statalisti.
 
Qualche passo fuori dai luoghi "comuni" della sinistra farebbe solo bene.
Ciao
Antonio Savino