Biologico?





http://altrainformazione.wordpress.com/2009/08/01/bluffbiologico/

Uno studio inglese avrebbe dimostrato che prodotti biologici o coltivati con agricoltura tradizionale hanno le stesse proprietà nutritive, come riportato in un articolo pubblicato ieri su “la Repubblica”. 

Ne cito una parte: “Mangiare cibi biologici o prodotti convenzionali non fa alcuna differenza. I loro contenuti nutritivi, dati alla mano, sono gli stessi. Parola della Food standards agency (Fsa), l’ organismo ministeriale incaricato di tutelare la sicurezza alimentare inglese, che con una ricerca-choc su 162 studi dell’ ultimo mezzo secolo ha rilanciato su scala planetaria la guerra (scientifica) del bio. «Il nostro lavoro non riguarda le conseguenze sull’ organismo dell’ uso di erbicidi o pesticidi» mette le mani avanti Alan Dangour, uno dei curatori del rapporto. Ma i risultati sono lo stesso sorprendenti: ortaggi, cereali e frutta coltivati con metodi naturali (solo letame e concimi organici, niente diserbanti o pesticidi di sintesi) hanno gli stessi "ingredienti" dei cugini tirati su a forza di chimica.” 
Questo è diventato il cavallo di battaglia di tutti i bio-scettici… 
Ho trovato eccellente il commento di Carlo Petrini (fondatore di “Slow food”). La riporto qui sotto.

NIENTE CHIMICA E PIU’ NATURA, ECCO PERCHE’ LA SCELTA è GIUSTA

Mentre in ogni angolo di mondo ci si trova a ragionare in termini di sicurezza alimentare su Ogm, fitofarmaci, sementi, cibi funzionali, salute delle acque e situazione dei mari; mentre da ogni angolo del pianeta si leva, verso la ricerca pubblica, la medesima richiesta di ricerca indipendente e di risultati certi su cui basare le scelte politiche future, invece di costruirle solo sul mercato; mentre la parte più ragionevole dei consumatori e dei produttori di cibo si converte al biologico, per convinzione o per disperazione, di cosa si occupa l’ ente governativo britannico preposto alla tutela della salute pubblica per quel che concerne il cibo? Di provare e pubblicizzare, non voglio sapere usando quanto tempo e denaro, che il cibo biologico non sarebbe, dal punto di vista nutrizionale, superiore a quello convenzionale.

UDITE udite: un pomodoro bio non avrebbe più vitamine di un pomodoro convenzionale. E allora? Anche ammesso fosse vero – e ci sono fior di ricerche a provare il contrario – pensano davvero che i consumatori scelgono il bio solo perché credono abbia più vitamine? Non li sfiora il pensiero che chi sceglie di consumare o produrre bio ha una visione un poco più complessa e ampia del cibo? Non si vive di sole vitamine. Si vive di rispetto dei ritmi di maturazione, di tutela della fertilità dei terreni, di paesaggi custoditi, di bellezza pur nello sviluppo, di tessuto sociale, di bontà organolettica, di relazioni umane come quelle che si instaurano in un mercato di prossimità. Si vive di assenza di residui chimici. Si vive di cibo raccolto quando è maturo e prodotto nei territori vocati, si vive di cibo spostato il meno possibile, si vive di cibo vero. E si vive di cibo trasparente.

Una delle ragioni principali per cui i consumatori scelgono il bio è che sanno cosa è. Una delle ragioni principali per cui certo cibo industriale riesce ad essere venduto è che una lunga serie di informazioni su di esso viene taciuta al consumatore, poiché non rientra negli obblighi di legge. Anche la battaglia sugli Ogm è una battaglia di etichette. Se si aprissero tutti i mercati agli Ogm ma con l’ obbligo di dichiararli in etichetta la maggior parte delle aziende produttrici fallirebbe. E infatti accanto alle azioni di lobbying per ottenere autorizzazioni alla coltivazione e commercializzazione, c’ è una azione di lobbying straordinariamente più forte e cocciuta per evitare, ad ogni livello, l’ obbligatorietà delle dichiarazioni in etichetta.

Di questo occorrerebbe occuparsi, quando si parla di sicurezza alimentare e di salute pubblica: non del fatto che i pomodori bio non sono più salutari di quelli convenzionali. Ma del fatto che un certo tipo di agricoltura tratta produttori e consumatori come pedine di un gioco le cui vincite non vanno in tasca né agli uni né agli altri. Se la Food Standards Agency si ritrova con tempo e cervelli in abbondanza, provi a rispondere alle domande che davvero interessano i consumatori, a proposito della loro salute in relazione al cibo. Provi a chiarire le relazioni tra l’ uso della chimica in agricoltura e l’ impennarsi di tumori degli ultimi cinquant’ anni. Provi a dirci quali e quante sostanze chimiche vengono rilevate in mare e dunque nei pesci a ciclo vitale lungo.Indagare su quello che già siamo sicuri sia innocuo, è troppo facile. E, in un momento in cui i consumi di biologico stanno crescendo, viene da chiedersi per quale motivo, e per fare un favore a chi, si senta il bisogno di raffreddare gli entusiasmi.