Re:[ecologia] Il nucleare, l´emotività e l´ideo logia I luoghi comuni, le bugie e le paure legate al tentativo di rinascita del nucleare in Italia.



Articolo veramente accurato illuminante e ben scritto, i miei complimenti a Zabot.

http://www.circolovegetarianocalcata.it/2009/06/06/cronistoria-sulla-produzione-energertica-in-italia-e-favola-sul-nucleare-necessario-articolo-veritiero-di-sergio-zabot/ 
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Date      : Sat, 6 Jun 2009 14:09:48 +0200 (CEST)
Subject : [ecologia] Il nucleare, l´emotività e l´ideo  logia I luoghi comuni, le bugie e   le paure legate al tentativo di   rinascita del nucleare in Italia.







> Articolo 
> Il nucleare, l´emotività e l´ideologia I luoghi comuni, le bugie e le paure 
> legate al tentativo di rinascita del nucleare in Italia. I veri costi del 
> nucleare e i futuri prezzi dell´elettricità, il mito dell´atomo francese, la 
> sicurezza, le emissioni da nucleare, lo sviluppo tecnologico. A chi giova 
> veramente ripartire con il nucleare? Ci servirà tutta questa elettricità in 
> vista 
> degli obiettivi 20-20-20 del 2020? Un articolo di Sergio Zabot. Versione 
> dell'articolo in pdf
> 
> E´ innegabile che l´uscita dell´Italia dal nucleare sia stata determinata 
> dall´emotività indotta della catastrofe di Cernobyl. I quesiti referendari 
> chiave, peraltro, erano diretti ad abolire le norme sulla localizzazione delle 
> centrali nucleari e i contributi a Comuni e Regioni sedi di centrali nucleari, 
> cosa che avrebbe reso impossibile trovare un Comune disposto a ospitare sul suo 
> territorio un impianto nucleare o anche un deposito di scorie radioattive. 
> 
> E´ il caso di ricordare anche, come a quell´epoca la DC e il PCI fossero 
> decisamente contrari ai quesiti proposti dal Partito Radicale, dal Partito 
> Liberale e dal Partito Socialista. La prima strategia adottata contro i 
> referendum fu quella dello scioglimento anticipato delle camere per lo stallo 
> che si era prodotto nei rapporti tra Dc e Psi: protagonista fu Ciriaco De Mita, 
> che decise le elezioni anticipate per rompere la convergenza di quei mesi tra i 
> partiti laici e in particolare tra Craxi e Pannella. 
> Dopo le elezioni anticipate, di fronte all´appuntamento referendario, Dc e 
> Pci, inizialmente ostili ai quesiti, si schieravano a favore del «sì». Questo 
> repentino cambio di rotta dei due maggiori partiti derivava dalle implicazioni 
> politiche che poteva provocare una eventuale sconfitta dello schieramento del 
> «no» imperniato sull´asse Dc e Pci, in contrapposizione ad uno schieramento 
> laico-progressista formato da Radicali e Socialisti. 
> 
> La rilettura di quel periodo dimostra che il risultato del referendum del 
> 1987, oltre ad essere stato frutto dell´emotività fu soprattutto figlio dell´
> ideologia. E´ corretto quindi affermare che quella scelta fu emotiva e 
> ideologica. 
> Quello che è meno evidente è come anche l´attuale rientro dell´Italia nel 
> nucleare sia dovuto a un´altrettanta ondata emotiva ancorché ideologica, 
> sapientemente pilotata da un Governo che altera i fatti e stimola le paure più 
> ancestrali dei cittadini. 
> Di fatto, rispetto il 1987, la situazione si è ribaltata: gli emotivi di 
> allora, ancorché mossi da una forte preoccupazione per le possibili conseguenze 
> sanitarie e ambientali del fallout radioattivo, contestano il ritorno al 
> nucleare su basi razionali e i sostenitori del nucleare implorano ora tale 
> ritorno su basi emotive e ideologiche, quali la paura dell´aumento del costo 
> del petrolio, l´inaffidabilità dei paesi produttori di gas naturale, la 
> fatalità di uno sviluppo che ci porterà ad un consumo sempre maggiore di 
> energia, l´inevitabilità che per salvaguardare il nostro pianeta e ridurre le 
> emissioni di gas serra, si debba scegliere il male minore. 
> 
> Per sostenere la necessità di realizzare in Italia una nuova filiera 
> nucleare, molte sono le menzogne che vengono regolarmente diffuse e 
> propagandate, al punto che anche molti esponenti del mondo ambientalista 
> finiscono per crederci: 
> Ecco le bugie e le paure che vengono più frequentemente diffuse.
> 
> LE BUGIE
> 
> L´energia elettrica in Italia è più cara perché in nostro mix di produzione è 
> troppo sbilanciato verso il gas naturale e non abbiamo centrali atomiche. 
> 
> Ciò è assolutamente falso. L´alto costo dell´energia elettrica italiana è 
> dovuta a quattro principali fattori: 
> 1. il sistema di formazione del prezzo dell´elettricità nella borsa 
> elettrica, detto anche "sistema del prezzo marginale". Con questo sistema l´
> energia elettrica offerta non viene remunerata in base al singolo prezzo 
> richiesto da ogni produttore, ma in base al prezzo più alto offerto tra i 
> produttori, con il risultato di consentire loro grossi extra-profitti e un 
> prezzo finale per i consumatori più alto anche del 10%. 
> 
> 2. I cosiddetti "oneri generali di sistema", che pesano per un altro 10% 
> sulle bollette elettriche e che servono a pagare lo smantellamento delle 4 
> vecchie centrali nucleari italiane (212 milioni di euro nel 2008), a ripagare 
> le imprese elettriche e l´Enel in particolare per gli investimenti fatti prima 
> della liberalizzazione (680 milioni di euro nel 2007), e soprattutto per 
> incentivare le fonti assimilate alle rinnovabili, ossia la produzione di 
> elettricità con gli scarti delle raffinerie di petrolio, con i rifiuti, con la 
> cogenerazione a gas naturale. In particolare, queste fonti non rinnovabili, nel 
> 2008 hanno rappresentato l´83,3% dei ritiri obbligati CIP6 e il costo per i 
> consumatori è stato di 1.720 milioni di Euro. 
> 
> 3. L´inadeguatezza della rete elettrica nazionale sia in alta, che media e 
> bassa tensione. La rete di trasporto e di distribuzione è stata progettata 
> negli anni `60 del secolo scorso, gli anni del monopolio, e realizzata 
> principalmente come monodirezionale e quindi passiva. Le odierne esigenze sono 
> invece di sviluppare reti di trasmissione attive, cioè in grado di accogliere e 
> smistare efficientemente anche i flussi provenienti dai tanti piccoli e medi 
> impianti (la cosiddetta generazione distribuita). Nel Sud Italia e nelle Isole 
> poi, la rete di trasmissione è particolarmente insufficiente e congestionata, 
> con il risultato che l´energia elettrica raggiunge prezzi molto elevati con 
> punte, nella Borsa Elettrica, di 180 €/MWh contro medie di 70 €/MWh del resto 
> dell´Italia (vedi GME). Possiamo sostenere quindi che un'altra buona fetta 
> della tariffa elettrica è imputabile alla inadeguatezza della rete elettrica 
> italiana. 
> 
> 4. Infine, quasi il 20% della bolletta elettrica se ne va in tasse e IVA. 
> Secondo una indagine svolta da Confartigianato la tassazione dell´energia in 
> Italia risulta superiore del 30% rispetto alla media europea. Certamente la 
> tassazione più consistente riguarda i prodotti petroliferi, ma anche sull´
> energia elettrica lo Stato non scherza. L´impatto di questo sistema d´
> imposizione è particolarmente pesante sull´industria: escludendo l´iva, un´
> impresa che consuma 160 megawattora all´anno, paga il 25,4% di imposte sui suoi 
> consumi elettrici, contro una media del 9,5% in Europa. 
> 
> Mettendo assieme questi elementi scopriamo che la modalità con cui si produce 
> la corrente elettrica non c´entra proprio nulla e che l´alto costo dell´
> elettricità in Italia è dovuto esclusivamente ai privilegi di cui ancora godono 
> i produttori di elettricità e i petrolieri, all´inefficienza del sistema 
> elettrico italiano e alla voracità dello Stato. 
> 
> In Francia l´energia elettrica costa meno perché ha il nucleare. 
> 
> E´ il cavallo di battaglia dei fautori del nucleare, purtroppo incapaci di 
> comprendere la storia e l´intimo rapporto che ha legato da sempre il nucleare 
> civile con il nucleare militare. Di fatto le condizioni che hanno portato la 
> Francia a diventare una potenza nucleare sono frutto dell´azione politica del 
> generale De Gaulle per creare, in piena guerra fredda, un polo nucleare europeo 
> a guida francese. 
> 
> De Gaulle tentò prima di pervenire ad un accordo con gli USA e la GB per 
> istituire un "direttorio franco-anglo-americano" alla guida dell´Alleanza 
> Atlantica, ma al "no" di Londra e Washington, uscì dalla NATO ed elaborò un 
> disegno politico in cui l´Europa si poneva come "terza forza" fra USA ed URSS e 
> in questo quadro, doveva essere accentuata la leadership francese. Necessità e 
> condizione preliminare per tale politica era che la Francia si dotasse di una 
> capacità militare nucleare ("La force de frappe"), per cui una delle prime 
> decisioni del generale fu di accelerare i piani per l´atomica francese che 
> esplose così nel 1960 nel Sahara algerino. 
> 
> Il nucleare civile francese è nato quindi in simbiosi con il nucleare 
> militare, per ripartire gli enormi costi per produrre l´uranio e soprattutto 
> per arricchirlo al cosiddetto "weapon grade". Lo sforzo civile e militare 
> francese è stato imponente e la maggior parte dei costi, dalla Ricerca e 
> Sviluppo fino al trattamento del combustibile esausto non sono mai entrati nel 
> costo dei kWh che i cittadini pagano in tariffa, ma sono nascosti nelle tasse 
> che pure i francesi pagano. Non dimentichiamo che EdF, la società elettrica che 
> gestisce le centrali nucleari è statale e che anche gli arsenali militari e gli 
> impianti di arricchimento e di ritrattamento dell´uranio sono statali. 
> 
> L´esperienza francese è irripetibile, soprattutto in un mercato liberalizzato 
> dove i costi devono essere trasparenti e le attività industriali devono 
> competere sul mercato. D´altra parte basta leggersi i rapporti della Corte dei 
> Conti per rendersi conto delle gravi omissioni e dell´assoluta mancanza di 
> trasparenza riscontrata nel settore nucleare e in particolare nel 
> "decommissioning", stigmatizzati regolarmente dai giudici francesi nei loro 
> rapporti periodici (pdf). 
> 
> Le centrali nucleari non emettono CO2 
> 
> Altra leggenda metropolitana alla quale peraltro sembrano crederci anche 
> alcuni ambientalisti. La produzione dell´uranio, è una attività mineraria e 
> industriale piuttosto lunga e complessa che comporta tutta una serie di 
> lavorazioni che richiedono l´utilizzo di combustibili fossili, di elettricità, 
> di enormi quantità di acqua, di acido solforico e infine di fluoro, gas 
> altamente velenoso e che provoca un effetto serra migliaia di volte più potente 
> della CO2. 
> 
> Solo le attività nel reattore non emettono CO2. Ma poi comincia la lunga e 
> tormentata fase del ritrattamento del combustibile esausto, che dura decine e 
> decine di anni con costi enormi in termini di uso di combustibili fossili ed 
> elettricità per trasportarlo da un posto all´altro, riprocessarlo, 
> condizionarlo, confinarlo in depositi provvisori, dato che in tutto il mondo 
> non esiste ancora un deposito definitivo. 
> 
> Ma vediamo alcuni numeri prendendo come riferimento un EPR da 1.600 MW, come 
> quelli che si vorrebbero costruire in Italia. Per produrre 12.000 GWh (12 TWh o 
> 12 mld di kWh) all´anno occorre partire da qualcosa come 8.000.000 di 
> tonnellate di roccia che vanno prima estratte, macinate, poi diluite con 
> 1.400.000 metri cubi di acqua e 22.000 tonnellate di acido solforico. Alla fine 
> si ottengono 350 tonnellate di Yellowcake, un ossido che contiene lo 0,7% di 
> uranio fissile, più l´equivalente di una piramide di Cheope di scarti. 
> Poi quest´uranio va arricchito per incrementare la parte fissile, cioè l´
> Uranio 235, almeno al 3,5%. L´arricchimento avviene per centrifugazione 
> trasformando l´uranio in gas, l´esafluoruro di uranio. Per fare questo servono 
> 370 tonnellate di fluoro, gas molto leggero, altamente volatile e che alla fine 
> del processo è altamente radioattivo, impossibile da smaltire e che comporta 
> una gestione molto onerosa. 
> Finalmente si ottengono 40 tonnellate di uranio combustibile in forma di Bi-
> Ossido di Uranio, oltre che 250 tonnellate di uranio impoverito, che poi tanto 
> povero non è, dato che contiene ancora lo 0,3% di uranio fissile, quindi 
> radioattivo. 
> 
> In conclusione, per far funzionare un EPR per un anno si consumano 190.000 
> tep con l´immissione in atmosfera di 670.000 tonnellate di CO2. Poca cosa, dato 
> che ciò corrisponde a soli 56 grammi di CO2/kWh. Se però consideriamo che la 
> costruzione della centrale è responsabile dell´emissione di altri 12 grammi di 
> CO2/kWh e che la gestione delle scorie comporta un "debito" stimato tra i 30 e 
> i 65 grammi di CO2/kWh arriviamo a una cifra che oscilla tra i 96 e i 134 
> grammi di CO2/kWh, circa un terzo delle emissioni di un ciclo combinato a gas 
> (eedi "Secure energy, civil nuclear power and global warming" Oxford Research 
> Group, 2007). 
> 
> Ma la pacchia dura fino a che dura la disponibilità di minerale con 
> concentrazioni di uranio piuttosto elevate. Man mano che la purezza del 
> minerale di uranio diminuirà, ci vorrà più energia fossile per estrarre l´
> uranio e le emissioni di CO2 arriveranno inevitabilmente a eguagliare le 
> emissioni di una centrale a gas. 
> 
> LE PAURE
> 
> La sicurezza dell´approvvigionamento energetico. 
> 
> Questa è una delle più forti pressioni ideologiche e mediatiche operate per 
> convincere gli italiani della necessità dell´energia nucleare: il petrolio 
> proviene in prevalenza dai paesi arabi, il gas dalla Russia e dalla Libia, 
> tutti paesi politicamente inaffidabili, per non parlare del Venezuela di Chavez 
> e della Bolivia di Morales che nazionalizzano le industrie del petrolio e del 
> gas. 
> 
> Ebbene, pochi sanno che su un fabbisogno mondiale annuo di circa 70.000 
> tonnellate di uranio, solo 20.000 tonnellate, pari al 28%, provengono da paesi 
> cosiddetti stabili, quali Australia, Canada, USA; altre 20.000 tonnellate 
> arrivano da Kazakhstan, Russia, Niger, Namibia e Uzbekistan e le altre 30.000 
> tonnellate necessarie a equilibrare il fabbisogno dei reattori nucleari 
> provengono dagli arsenali militari in smantellamento, per lo più ex 
> Sovietici. 
> 
> La caccia all´uranio è ormai uno degli sport preferiti dei Capi di Stato. Il 
> tema centrale della tournée di Nicolas Sarkozy in Africa nel marzo di quest´
> anno è stato l´uranio. Accompagnato dal presidente di Areva, la più grande 
> multinazionale dell´energia atomica, Sarkozy si è assicurato i diritti di 
> esplorazione e di sfruttamento di tutti i giacimenti di uranio della Repubblica 
> del Congo. Poi è volato a Niamey, in Niger, dove si è assicurato, battendo la 
> concorrenza dei cinesi, i diritti di sfruttamento sul gigantesco giacimento di 
> Imouraren, destinato a diventare una delle maggiori miniere di uranio del 
> mondo. In cambio Sarkozy ha promesso che, oltre che investire 1,2 miliardi di 
> dollari nel paese, avrebbe smesso di fomentare la rivolta dei Tuareg armando il 
> Movimento dei Nigerini per la Giustizia (MNJ) in lotta contro il governo 
> centrale per via dell´espropriazione degli immensi territori ricchi di 
> uranio. 
> 
> Se non rientriamo nel nucleare saremo "tagliati fuori" dallo sviluppo 
> tecnologico. 
> 
> E´ la grande preoccupazione dell´industria italiana dopo la sigla del 
> memorandum tra Enel e EdF per l´avvio del nucleare in Italia. L´allarme è stato 
> lanciato da Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia, 
> intervenendo a un convegno su "Innovazione energetica e rilancio del nucleare", 
> organizzato dall´Oice, associazione delle organizzazioni di ingegneria, il 18 
> marzo a Roma. 
> Zampini ha spiegato infatti, che l´impostazione di fondo dell´intesa Enel-EdF 
> prevede la scelta della tecnologia francese EPR con il rischio di essere 
> colonizzati in una situazione in cui l´80% delle attività ingegneristiche per 
> la realizzazione delle nuove centrali sarebbero in mano a società e aziende 
> transalpine, incluse le attività di manutenzione. 
> Ha affermato Zampini: "se non c´è una ricaduta per le nostre aziende in 
> termini di partecipazione tecnologica, perché fare il nucleare?" 
> 
> Già, perché fare il nucleare? Non certo per produrre energia elettrica a 
> costi minori: tutti gli studi internazionali seri riferiscono ormai che il 
> costo del kWh nucleare dei nuovi impianti sarà inevitabilmente più elevato del 
> kWh prodotto con il gas o il carbone; nessuna banca è disponibile a finanziare 
> nuovi impianti senza garanzie dallo Stato, nessuna società è disponibile ad 
> assicurare il rischio di incidente, i costi per il trattamento delle scorie 
> nucleari sono sconosciuti e soprattutto non si sa ancora dove metterle. 
> L´unica solida ragione per avventurarsi nella costruzione di un sistema 
> nucleare in Italia può essere quello di dare lavoro a poche grandi imprese. 
> Questo perché una filiera nucleare non è cosa da piccole e medie imprese: è un 
> affare per giganti. 
> 
> Nell´ultimo decennio abbiamo assistito a una serie di fusioni e 
> concentrazioni societarie che non hanno precedenti nella storia industriale del 
> pianeta. Quando le grandi imprese manifatturiere si fondono e si concentrano 
> vuol dire che sono messe molto male. Basta guardare quello che sta succedendo 
> nel settore automobilistico, dove siamo in presenza di una notevole 
> sovracapacità produttiva e la strategia dei grandi gruppi è stata quella di 
> scatenare una guerra totale per contendersi il mercato mondiale e poter così 
> sopravvivere razionalizzando la produzione di automobili e accaparrarsi i 
> mercati emergenti. 
> Anche il settore nucleare è nella stessa condizione di sovracapacità 
> produttiva, anche se la problematica non occupa le prime pagine dei giornali 
> come la vicenda Fiat-Opel. 
> 
> I costruttori di impianti atomici sono alla ricerca disperata di nuove 
> commesse, al punto che, per riuscire a vendere centrali nucleari nei paesi in 
> via di sviluppo, si muovono i Capi di Stato. Perfino Barak Obama, propugnatore 
> del new deal verde, ha appena approvato un accordo per vendere centrali 
> atomiche agli Emirati Arabi Uniti ("Il manifesto", 24 maggio 2009) che frutterà 
> almeno 40 miliardi di dollari a vantaggio delle multinazionali americane dell´
> atomo, peraltro in partnership con i colossi giapponesi. Altri accordi con l´
> Arabia Saudita, il Baharain, l´Egitto, l´Algeria, il Marocco, sono in corso di 
> negoziazione. Siamo in piena campagna promozionale, cui partecipano anche 
> Russia e Cina, oltre che la solita Francia, per vendere impianti "chiavi in 
> mano" non importa dove e non importa a chi, pur di rilanciare l´industria 
> nucleare in crisi e legare quei Paesi alle tecnologie nucleari per i secoli a 
> venire, accelerando di fatto la possibilità della proliferazione delle armi 
> atomiche. 
> 
> Siamo accerchiati da centrali nucleari: se succede un incidente in Francia o 
> in Svizzera, ne saremo coinvolti anche noi. 
> 
> Questo è vero. Oltretutto il parco francese è piuttosto vecchiotto e gli 
> incidenti minori con fuoriuscite di materiale radioattivo sono ormai all´ordine 
> del giorno. Ma questo non giustifica una politica masochista del "mal comune 
> mezzo gaudio". Cioè facciamo anche noi le centrali nucleari, così se c´è un 
> incidente almeno è colpa nostra. 
> Anche perché dopo gli ultimi ripetuti incidenti all´impianto di Tricastin e 
> dopo lo scandalo, denunciato da France-3, dei 300 milioni di tonnellate di 
> rifiuti radioattivi sparpagliati metodicamente e discretamente nelle campagne, 
> in prossimità di villaggi, usati per costruire strade, case, parcheggi, parchi 
> giochi per bambini, sarà difficile far digerire ai francesi la costruzione di 
> nuove centrali nucleari. 
> D´altra parte già nel giugno del 2008 un gruppo di dipendenti dell´EdF aveva 
> diffuso un appello per ridurre nell´arco di 5 anni il consumo di elettricità 
> nucleare dall´80% al 60% chiudendo i reattori più vecchi, più costosi e più 
> inquinanti e sostituendoli con una produzione elettrica decentralizzata, 
> adattata alle risorse locali quali la cogenerazione alimentata da metano, 
> biogas, biomasse, impianti solari, eolici, ecc. 
> 
> Le centrali nucleari sono inutili 
> 
> La verità è che l´efficienza energetica e le fonti rinnovabili sono in forte 
> competizione con il nucleare e i sostenitori del nucleare mentono 
> spudoratamente quando affermano che non c´è concorrenza tra nucleare ed 
> efficienza energetica. Questa divergenza è destinata ad aumentare per due 
> ordini di motivi: 
> 
> tutte le tecnologie dell´energia distribuita, comprese le tecnologie del 
> risparmio energetico sono destinate inesorabilmente a diventare sempre meno 
> care per via dei grandi volumi di produzione e dei miglioramenti continui che 
> consentono di sfornare sempre più nuovi prodotti "più risparmiosi" dei 
> precedenti. Questo non succede per gli impianti centralizzati e soprattutto per 
> gli impianti nucleari che storicamente tendono a costare sempre di più, in 
> contrasto con le cosiddette "curve di apprendimento delle tecnologie". D´altra 
> parte, dalla progettazione di un componente nucleare fino alla sua 
> realizzazione passano talmente tanti anni che, anche quando si inventano nuovi 
> prodotti e nuove tecnologie, non è possibile utilizzarli immediatamente e 
> bisogna aspettare che entri in produzione una nuova filiera. 
> il mercato sta cominciando a riconoscere i benefici ottenibili con le 
> tecnologie distribuite, sia in termini di profitti, sia per l´elevata ricaduta 
> che questo comporta sui livelli occupazionali a livello locale. Il risparmio 
> energetico, la produzione distribuita di elettricità e le fonti rinnovabili in 
> particolare, cominciano a mostrare il loro potere dirompente per sfondare 
> barriere che fino a poco fa sembravano impenetrabili, riducendo drasticamente i 
> costi e migliorando le prestazioni. Solo in impianti di cogenerazione, in 
> Italia se ne stanno installando centinaia all´anno per una potenza di 4.000 
> MW/anno. Stanno peraltro emergendo nuove classi di tecnologie, alcune ancora 
> immature come il solare termodinamico o le celle a combustibile alimentate a 
> idrogeno, che sono destinate a rivoluzionare il mercato dei trasporti. 
> Le previsioni di Terna sull´evoluzione della domanda elettrica in Italia, 
> aggiornate nel Novembre 2008, indicano, secondo uno scenario cosiddetto "di 
> sviluppo", ovvero senza l´attuazione degli obiettivi di risparmio energetico, 
> in 415 TWh il fabbisogno di elettricità e in 74 GW il fabbisogno di potenza al 
> 2018. 
> 
> Ora, senza entrare nel dettaglio di quanto inciderà il tracollo economico in 
> atto sui consumi finali e spostando in prima approssimazione al 2020 il 
> fabbisogno indicato da Terna al 2018, gli obiettivi del "pacchetto 20-20-20" 
> comportano che al 2020 ci sia una riduzione di consumi finali di circa 80 TWh e 
> che altri 70 TWh vengano prodotti con fonti rinnovabili. Il fabbisogno 
> integrativo con fonti convenzionali, si riduce così a 265 TWh di energia 
> elettrica e poco meno di 60 GW di potenza termoelettrica convenzionale, 
> inferiore al 30% al fabbisogno elettrico del 2009 (350 TWh) e del 22% alla 
> potenza termoelettrica lorda installata attualmente (73,3 GW). 
> 
> A questo punto qualcuno ci deve spiegare dove è lo spazio per costruire 4-5 
> centrali nucleari che dovrebbero produrre 60 TWh di elettricità all´anno, come 
> chiede Fulvio Conti, amministratore delegato dell´Enel, quando già al 2020, 
> attuando il "pacchetto 20-20-20" rischiamo un surplus che oscilla tra il 20% e 
> il 30%. 
> Quello che è preoccupante del nostro Governo, è che invece di rafforzare 
> decisamente il sostegno all´efficienza energetica e alle fonti rinnovabili, 
> stia stipulando patti faustiani con le lobby industriali e finanziarie, 
> promettendo contratti miliardari per realizzare una filiera nucleare, 
> estremamente rischiosa e costosa, garantita dallo Stato, quindi con i soldi dei 
> contribuenti. Di fatto il Governo rallenta lo sviluppo delle fonti rinnovabili 
> e dell´efficienza energetica, le vere alternative pulite, per far spazio agli 
> interessi delle lobby nucleari. 
> In ultima analisi, questi fondi verranno sottratti al dispiegamento di uno 
> sviluppo duraturo e distribuito sul territorio, che solo l´efficienza 
> energetica e le vere fonti rinnovabili possono produrre. 
> 
> Sergio Zabot 
> 
> 5 giugno 2009 
> 
> 
> 
> 
> 
> --
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> 
>