Un rigassificatore? Come 55 bombe di Hiroshima, ma prive di radiazioni



Il Manifesto 26.3.06

Toscana, una bomba in mezzo al mare

Via libera alla costruzione di un rigassificatore alto 12 piani di fronte alla costa tra Pisa e Livorno
MANLIO DINUCCI

Questa volta tutti d'accordo: il ministero delle attività produttive, di concerto con quello dell'ambiente e tutela del territorio, ha dato luce verde il 23 febbraio al progetto di un terminale offshore di rigassificazione di Gnl (gas naturale liquefatto) di fronte alla costa tra Pisa e Livorno, già approvato tre giorni prima dalla giunta regionale toscana e precedentemente dai due comuni interessati. Il terminale, realizzato e gestito dalla società Olt Offshore Lng Toscana S.p.A., consisterà in una «unità galleggiante di stoccaggio e rigassificazione» ancorata a 12 miglia dalla costa, lunga 288 m (quasi tre campi di calcio), larga 48 e alta come un edificio a 12 piani, contenente quattro serbatoi sferici per Gnl con una capacità di 137500 metri cubi. Qui sarà travasato dalle navi gasiere il Gnl raffreddato a -160° C (per ridurne il volume di 600 volte), che sarà riportato allo stato gassoso e trasportato a terra attraverso un gasdotto sottomarino. Quale sarà l'impatto ambientale del terminale galleggiante? A livello ufficiale esso viene minimizzato o ignorato. Nel decreto ministeriale si specifica però che per rigassificare il Gnl sarà utilizzata «acqua di mare come fonte di calore». Secondo la documentazione raccolta dal Comitato contro il terminale gas offshore, ogni settimana saranno utilizzati 500 milioni di litri di acqua che sarà rigettata in mare gelida e con aggiunta di cloro per evitare la formazione di alghe sotto lo scafo. Ciò provocherà un forte impatto sulla fauna e la flora marine.

Quali saranno i rischi di incidente? Secondo la società Olt, «ragionevolmente non credibili ». Lo conferma uno studio della regione Toscana che, ignorando il parere critico dell'Arpat di Livorno, assicura che «non si registrano ad oggi casi di incidente riguardante terminali galleggianti dedicati al deposito di Gnl». Si dimentica però di dire che impianti di questo tipo non sono in funzione in nessuna parte del mondo. Ciò perché un terminale galleggiante comporta rischi molto maggiori di uno a terra, tipo quello algerino di Skikda esploso il 20 gennaio 2004 provocando oltre cento morti e feriti. Come mostra un documentario statunitense realizzato da Tim e Hayden Riley, la nube di vapore fuoriuscita per incidente da una nave gasiera si spanderebbe sulla superficie marina molto più rapidamente che su quella terrestre e, incendiandosi una volta raggiunta la costa, brucerebbe tutto al suo passaggio. Uno studio commissionato dal Pentagono afferma che l'energia sprigionata equivarrebbe a quella di 55 bombe di Hiroshima (prive di radiazioni). Un altro studio, commissionato dalla città di Oxnard (California) prevede che la nube di fuoco si spanderebbe in un raggio di 55 km.

Ciò significa che, se esplodesse il terminale a 22 km dalla costa toscana, sarebbero investite dalla nube di fuoco sia Livorno che Pisa. Tra gli scenari prospettati negli studi statunitensi vi è anche quello di una esplosione deliberatamente provocata.

«Le navi gasiere che trasportano Gnl - afferma il Servizio di ricerca del Congresso (settembre 2003) - sono vulnerabili ad attacchi terroristici: possono essere attaccate in molti modi per distruggere il loro carico o catturate per usarle quali armi contro obiettivi terrestri». Non può non venire in mente, a questo punto, che a ridosso della costa di fronte a cui sarà ancorata la nave carica di Gnl vi è la base Usa di Camp Darby, con centinaia di migliaia di munizioni ad alto esplosivo stoccate anche in depositi sopra il livello del suolo, nei quali nell'agosto 2000 si è già rasentata la catastrofe. Ciò comporterà per la popolazione sia rischi molto maggiori, sia una crescente militarizzazione del territorio. Un'area di 43 km quadrati attorno alla nave, chiusa alla navigazione civile e alla pesca, verrà pattugliata 24 ore su 24 da una motovedetta. Quest'area sarà però estesa di pari passo con la crescente attività di Camp Darby, anche perché ciò verrà sicuramente richiesto dal comando Usa della base. Non c'è quindi da preoccuparsi: i sindaci ds di Livorno e Pisa (quelli che hanno approvato il progetto), invitati in gennaio a visitare la base insieme ai presidenti delle due province, hanno dichiarato che ciò rappresenta «un segnale di apertura e trasparenza anche sul livello di sicurezza della base e delle operazioni che vi si svolgono».