traffici di veleni fra cui falso compost 11 arresti 70 indagati



dal gazzettino.it

Martedì, 9 Marzo 2004

I carabinieri, dopo due anni di indagini, hanno scoperto una rete di aziende
che raccoglieva e faceva sparire scorie pericolose
Traffici di veleni, 11 arresti a Venezia
Settanta persone denunciate - Compost altamente tossico e discariche abusive
in cave

Venezia
Undici ordinanze di custodia cautelare e 70 denunce sono state emesse a
carico di responsabili di aziende dell'area veneziana accusati di aver
nascosto in cave o disperso nell'ambiente centinaia di migliaia di
tonnellate di sostanze nocive. Secondo gli accertamenti dei carabinieri, i
rifiuti speciali spesso altamente tossici, venivano raccolti nel Nord
Italia, camuffati come materiale "non pericoloso" e spediti qua e là nella
penisola. L'inchiesta è partita dalla scoperta di rifiuti sospetti in una
cava a Rieti.
Dopo due anni d'indagini si è scoperto che l'attività illecita era
vastissima, dai fanghi industriali alle scorie tossiche di varie provenienze
che finivano in discariche abusive o, dopo varie manipolazioni, erano usati
per interventi di ripristino ambientale e per fare del compost, con la
complicità di aziende agricole.


RIFIUTI Partito da Venezia il blitz dei carabinieri del Noe in tutta Italia.
Dieci già agli arresti, uno ricercato. Ma ci sono anche 70 indagati
Veleni smaltiti con il trucco, manette per 11
Sotto accusa Nuova Esa a Marcon e Servizi costieri a Marghera. Avrebbero
eliminato tonnellate di scorie in siti non autorizzati

Venezia
Avrebbero smaltito rifiuti pericolosi un po' ovunque, provocando gravi danni
all'ambiente. Centinaia di migliaia di tonnellate di resti di lavorazioni
industriali sarebbero finiti in cave oppure mescolati ad altre sostanze. È
un'operazione contro gli eco-criminali davvero colossale, per numeri e
quantità, quella avviata dai carabinieri del Noe, il Nucleo operativo di
tutela dell'ambiente che ha portato a 70 denunce e 10 arresti, (sei persone
in carcere e quattro ai domiciliari su ordinanza di custodia cautelare
firmata dal gip Licia Marino, su richiesta del pm Giorgio Gava).
Un'undicesima persona è ricercata.

L'indagine, alla quale hanno lavorato duecento militari dell'Arma, ruota
attorno a due ditte veneziane, la Nuova Esa srl di Marcon e la Servizi
Costieri srl di Porto Marghera. In carcere sono finiti Roberto Casarin,
Giandomenico Murari, e Francesco Marchesin della Nuova Esa; Giuliano
Gottard, Paola Valle e Rino Vincenzi della Servizi Costieri. Agli arresti
domiciliari Gianni Gardenal della Servizi Costieri, Roberto Piccolo della
"Real Service", una società che operava con la Nuova Esa, Mario Reale,
titolare di una seconda società che operava con la ditta di Marcon, nonché
Gilio Toresin, di un'azienda che operava con la Servizi Costieri.

Le persone arrestate sono tutte in ruoli chiave delle due grandi aziende, da
tempo attive su tutto il territorio nazionale. L'attività di raccolta dei
rifiuti speciali, infatti, veniva realizzata in gran parte del Nord Italia.
Poi, grazie ad un'abile trasformazione del materiale da pericoloso in non
pericoloso (l'operazione è stata infatti ribattezzata "Houdinì"), questa
valanga di rifiuti sarebbe finita serenamente in vari angoli della penisola.
L'inchiesta illustrata ieri dal comandante provinciale dei carabinieri Ilio
Ciceri e dai vertici del Comando per la tutela dell'ambiente, è partita
dalla scoperta di una cava in provincia di Rieti dove i carabinieri hanno
trovato rifiuti declassificati. Controllando la documentazione sono così
riusciti ad arrivare alle due aziende veneziane. La merce giungeva nelle
loro sedi e dopo la presunta fittizia declassificazione sarebbe partita
verso uno smaltimento illecito.

In questi due anni di indagini è stato possibile accertare che l'attività
delle due imprese era davvero ad ampio raggio. In questa valanga di
materiale pericoloso (basti solo pensare al pentasolfuro di fosforo che al
contatto con l'acqua sprigiona gas cancerogeni) c'era un po' di tutto: dai
fanghi industriali alle terre di bonifica, dalle scorie alle polveri di
fonderia. Tutto questo materiale sarebbe stato spedito in discariche non
idonee, utilizzato per ripristini ambientali, in attività che prevedono la
creazione di compost e ovviamente nelle cave.Secondo i carabinieri, la
presunta attività illegale sarebbe stata favorita da numerose aziende
agricole compiacenti, nonché da impianti di compostaggio e recupero di
rifiuti. Secondo i militari dell'Arma le ditte veneziane incassavano i soldi
per le bonifica e poi facevano "sparire" la classificazione di rifiuto
pericoloso, quello insomma che deve essere trattato solo in discariche
impermeabilizzate, rivendendo il tutto come materiale adatto per le
bonifiche. Gli accertamenti hanno comunque fatto emergere che le
autorizzazioni non mancavano, ma l'indagine è decollata quando dai riscontri
sarebbe emersa una realtà ben diversa. Il sequestro delle due strutture
riguarda beni complessivi pari a circa 25 milioni di euro. I reati
contestati sono associazione per delinquere, attività organizzata di
traffico illecito di rifiuti, falso nei certificati di analisi e nei
documenti di trasporto, getto pericoloso di cose, realizzazione e gestione
di discariche abusive.

Gianpaolo Bonzio

Probabilmente se l'aspettavano da un momento all'altro. E alla fine non c'è
niente di meglio che avere pazienza e alla fine hanno avuto ragione. Michele
Vianello, parlamentare Ds e Ezio Da Villa, assessore provinciale alle
Politiche ambientali avevano colto nel segno. Ora dopo anni di appelli,
ricerche, prese di posizione, la parola è passata ai carabinieri di Venezia.
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Attacca Vianello: «Prima o poi
doveva succedere - butta lì il parlamentare - Era una situazione talmente
enorme che non poteva essere che sotto la lente di ingrandimento delle forze
dell'ordine. Già in un recente passato l'Amministrazione provinciale aveva
presentato un ricorso al Tar, ma anche in quella sede non se ne era fatto
nulla. Ancora una volta, l'area veneziana, si scopre essere la "pattumiera
d'Italia"».
Ezio Da Villa da anni si batte per garantire un maggiore controllo del
settore. «Attorno al mondo dei rifiuti e del loro smaltimento - attacca -
c'è e si è creato negli anni un grossissimo, e fin troppo spesso
incontrollabile business che agisce nelle pieghe dei trasferimenti, nella
gestione e nella stoccaggio dei materiali. In assenza di un piano regionale
in materia, il business anche quello più condannabile, aumenta».