Rassegna stampa: ancora sulla Blue Tongue




 Tratto da "la Repubblica" del 27 novembre
Gli allevatori denunciano: il virus diffuso da un medicinale prodotto in
Sudafrica e imposto dal governo. E' un disastro Lingua blu, il killer è un
vaccino"Fermate la strage di pecore"Parte una commissione d'inchiesta, ma la
campagna prosegue L'operazione è stata imposta da Roma che non sa fermarla
di PAOLO RUMIZ
Una pecora malata di "lingua blu"


La storia del maledetto imbroglio comincia nel 2000, sotto il governo Amato.
Ci sono 200 miliardi da spendere a fine legislatura e qualcuno propone di
usarli contro la lingua blu, un morbo degli ovini appena sbarcato in Italia.
L'Istituto zooprofilattico di Teramo, centro di riferimento per le malattie
esotiche, insiste per una mega-campagna di vaccinazioni. Ma molti sono
contrari. L'unico farmaco disponibile è vecchio del '47 e viene dal
Sudafrica. Contenendo virus vivi coltivati su linee cellulari, può importare
malattie sconosciute e incontrollabili. Romano Marabelli, capo della
veterinaria ministeriale e dell'Organizzazione mondiale che studia le
epidemie animali, è perplesso. Molti Paesi colpiti non usano il farmaco.
Stati Uniti, Australia, Grecia, Portogallo lasciano che le bestie si
immunizzino da sole. Anche a Bruxelles non sono convinti. Non è un allarme
grave come Mucca pazza, dicono. Ma a Roma sono lanciatissimi, vogliono
diventare l'antemurale contro la malattia, convincono il comitato
veterinario di Bruxelles. Così, la Ue consente all'Italia di partire con
procedura d'urgenza. La blindatura - Il farmaco non è registrato in Europa,
dove non ha passato collaudi né controlli di sicurezza. Non è andato al
vaglio di esperti esterni, non ha avuto l'ok dell'Agenzia medica europea
(Emea) e della commissione Ue. Non ha passato, cioè, la trafila cui i
produttori devono sempre sottoporre ogni nuovo farmaco. Mai come in questo
caso si dovrebbe chiamare in causa l'Istituto superiore della sanità. Ma il
governo ignora il ruolo di supervisione dell'Iss. Ora c'è Berlusconi, e un
nuovo ministro della sanità, Girolamo Sirchia. Il quale affida a Teramo
tutti i controlli e le indagini scientifiche. E quando lo stesso istituto
vince anche la gara per l'importazione dei vaccini e della tecnologia di
produzione, si crea una situazione abnorme. Lo stesso soggetto importa il
farmaco, lo elabora, lo verifica, lo distribuisce e ne studia gli effetti.
Forte di poteri assoluti, Teramo blocca la movimentazione degli animali vivi
in mezzo Centro-Sud, dove la malattia si è manifestata, e ordina di partire
a tappeto. Già che c'è, fa vaccinare i bovini, portatori sani del morbo, che
nessuno al mondo aveva mai trattato prima. Sorgono nuovi dubbi. Ma
l'istituto preme. Tranquilli, dice, abbiamo fatto i nostri test. La
direzione dei servizi veterinari si fa convincere. Poi si saprà che le prove
erano state fatte appena su 21 bovini e 6 pecore. Il triangolo - Il gioco è
tutto dentro Alleanza Nazionale. C'è il ministro Alemanno all'Agricoltura.
C'è il sottosegretario Cesare Cursi ai Servizi veterinari. E c'è Vincenzo
Caporale, capo dell'Istituto di Teramo, uno che da ambienti Pci è finito in
quota An dopo un'epica circumnavigazione per casa-Craxi e Forza Italia.
Guida istituzioni importanti: l'anagrafe bovina (peraltro fallita al Sud),
il Centro epidemiologie, il Comitato di controllo delle diossine. E quando
Alemanno, su invito dell'Ue, istituisce una commissione per quantificare i
prevedibili danni indiretti (mancata vendita di animali) dell'operazione, e
vi mette al vertice (per 150 mila euro l'anno) il suo capo-dipartimento
Giuseppe Ambrosio, costui disegna una griglia di rilevamento-danni così
stretta che gli effetti collaterali del vaccino sono destinati, in partenza,
ad apparire limitatissimi. Se animali morti ci saranno, insomma, sarà quasi
sempre per altre cause. Ormai, l'operazione è criptata.

Gli errori - Nel gennaio 2002 si parte. Ma non è una campagna, è un
bombardamento. I veterinari pubblici non bastano, se ne reclutano altri sul
mercato per 20 mila euro a testa in sei mesi. Questi entrano nelle stalle
con disposizioni approssimative, senza istruzioni per rilevare i danni e per
la farmaco-vigilanza, talvolta senza foglietti illustrativi. Qualcuno usa
aghi non sterili, vaccina pecore gravide, malate o in attesa di
accoppiamento. Ci sono proteste, ma opporsi è un problema. Chi rifiuta il
vaccino resta con la stalla sotto sequestro, impossibilitato a vendere
bestie vive fuori provincia. Tranquilli, promettono a Roma, durerà poco;
quando avremo vaccinato l'80 per cento degli animali, toglieremo la
quarantena. E per fare più in fretta cominciano a produrre il vaccino in
casa, senza permesso. I laboratori di Teramo non sono autorizzati, ma che
importa. C'è l'emergenza. Il fallimento - A fine campagna si scopre che
qualcosa non va. Se ne accorge la Sardegna, poi l'Abruzzo. Le pecore
continuano a morire. Ma la vera novità è che si ammalano i bovini. Gli
allevatori denunciano morìe, aborti, perdite di latte, caduta di fertilità,
dimagramenti. Le più malconce sono proprio le bestie vaccinate. Non resta
che mantenere la quarantena. Per tutti, sani e malati. Il prezzo della carne
crolla, un animale vale ormai meno delle spese di macellazione. "Chi ci
paga?", chiedono gli allevatori. Nessuno, è la risposta, i danni non
dipendono dal vaccino. Alcune Asl rifiutano di raccogliere le orecchie delle
bestie morte, o di spedire gli organi malati a Teramo. Per non demolire il
teorema zoppo, nessuno quantifica il disastro, nonostante l'Europa abbia i
soldi pronti per coprirlo. La paura - No, niente soldi per i poveri cristi.
Sono altri a guadagnarci sopra. I produttori del vaccino, Teramo, i
veterinari, la commissione ministeriale, i commercianti che comprano carne a
zero lire, i grandi produttori che pagano meno la polpetta. Ci guadagna
anche la criminalità. In zona blue tongue, un vitello anche sano è una
perdita tale che l'allevatore deve abbatterlo subito o venderlo per 20 euro
alla camorra. L'unica che può sdoganarlo da vivo. La situazione è esplosiva
ma non succede ancora niente. Tanti hanno paura. Sono quelli che temono le
visite dei Nas, che nascondono piastrelle fuori norma, fatturazioni mancate,
condizioni igieniche imperfette, aborti non registrati, bestie malate fatte
sparire per evitare la distruzione del branco. Quelli tacciono e piegano il
capo. Altri si arrangiano. Quando scoprono che le bestie non trattate stanno
meglio delle altre, convincono il veterinario a fare vaccinazioni fasulle.
Così, tutti contenti. Gli animali restano sani, il veterinario incassa la
parcella, il ministero può vantare inflessibilità. C'è persino chi - come
appureranno i giudici a Latina - userà l'ago come arma politica. Votami,
altrimenti ti vaccino sul serio. La metamorfosi - Ma il peggio deve venire.
Il morbo è un camaleonte, passa gli sbarramenti, innesca una spirale
perversa. Compare un nuovo sierotipo, ma Teramo gli contrappone un farmaco
ancora più "pesante". Così, il virus sale verso Nord, devasta greggi,
provoca sterilità, depressioni immunitarie, febbri, perdita della lana,
malformazioni, aborti, carni gelatinose e immangiabili. Anche il latte
diminuisce, ma pochi riescono a farsi verificare i danni. Le vacche
smagriscono come quelle del Sahel, spesso non si fanno ingravidare, alcune
muoiono d'infarto. I focolai blue tongue diminuiscono, ma la circolazione
virale resta altissima, si allarga a zone montane, di solito immuni. Il
mercato chiede carne ma sono proprio le Asl del Nord a rifiutare come
infette le bestie vaccinate dalle zelanti consorelle del Centro-Sud. Mezzo
Paese è in quarantena. Ormai, l'ipotesi che sia proprio l'animale vaccinato
a diffondere malattie comincia a farsi strada. La rivolta - Cresce il fronte
del "no", Alemanno è contestato anche dai suoi di An. Il ministro Sirchia è
costretto a istituire una commissione. Ma questa, in assenza di denunce
formali, avalla l'operazione senza visitare nemmeno una stalla. Pare un
Vajont. Tutti conoscono la frana che s'è messa in moto, ma nessuno dice
"alt, vediamo che succede". E quando lo zooprofilattico di Sassari propone
di studiare seriamente la diffusione della malattia, la Sanità fa ancora
muro. Solo Teramo, ribadisce, è autorizzata a metterci mano. Le energie
scientifiche del Paese sono ignorate, il controllato continua a controllare
se stesso. E l'Italia insiste a vaccinare al buio. Ma ormai è guerra. In
luglio, alla Camera dei deputati, il direttore dell'istituto viene aggredito
da rivoltosi. Poco dopo, gli stessi organizzano un convegno sul tema e
invitano numerosi esperti. Questi accettano, ma molti poi disertano
all'ultimo minuto. "Li hanno convinti a tacere", ringhiano gli allevatori.
Il bubbone - Ma il muro del silenzio si rompe. Quando la provincia
dell'Aquila, in assenza di focolai, viene obbligata alla vaccinazione col
solito risultato di morìe e aborti, il Tar dà ragione ai danneggiati. La
giunta regionale campana chiede a Teramo di verificare la situazione in
tempi brevi. E quando in Sardegna viene isolato un nuovo sierotipo, lo
zooprofilattico Toscana-Lazio tra le conclusioni. La malattia si diffonde,
al 90 per cento, proprio col virus contenuto nel vaccino. Ma a novembre la
Sanità, anziché prendere atto del fallimento, mostra ancora i muscoli.
Ordina milioni di dosi di un terzo vaccino, più potente ancora. Poi, a un
convegno internazionale dell'Oie, l'Organismo mondiale che studia le
epidemie, celebra il suo trionfo, dichiarando che i danni registrati sono
stati accettabili. Ma è una verità di carta. Il disastro galoppa. (27
novembre 2003)
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