Costa Rica: Il governo dice "no" allo sviluppo petrolifero



Costa Rica: Il governo dice "no" allo sviluppo petrolifero
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Il governo boccia la valutazione di impatto ambientale di un consorzio petrolifero che voleva perforare la costa Caraibica del paese, intensifica la lotta alla deforestazione e adotta una moratoria sulla relizzazione di miniere d'oro a cielo aperto. Il Presidente Pacheco propone di includere garanzie ambientali nella costituzione del paese per riconoscere il diritto individuale e collettivo ad un ambiente sano.

Fonte: ENN; ENS
Traduzione a cura di Fabio Quattrocchi mailto:FABIOCCHI at inwind.it
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20 Settembre 2002 - Lo scorso mese, in El Salvador, il ministro costaricano del commercio estero, Alberto Trejos, si e' incontrato con i colleghi dei paesi dell'America Centrale per discutere sulle evoluzioni dell'area di libero scambio commerciale nella regione. Il libero commercio e l'ambientalismo spesso non vanno molto d'accordo, ma i cittadini del Costa Rica (paese leader nella protezione ambientale per via di un network di riserve naturali molto esteso che copre il 25% del territorio) hanno ragione di essere fiduciosi.

Sebbene Alberto Trejos sia un sostenitore del libero commercio, una serie di eventi recenti avvenuti in Costa Rica suggerisce che il paese centroamericano sia intenzionato a rispettare gli impegni sulla protezione ambientale e non si spaventi di difendere tale scelta.

A Febbraio, dopo una campagna anti-petrolifera degli ecologisti durata tre anni, il ministro dell'ambiente del Costa Rica ha fermato il lavoro di un consorzio petrolifero Statunitense che si stava preparando a perforare la costa Caraibica del paese. La decisione, presa dal ministro una settimana dopo essere entrato in carica, costrinse il consorzio, che aveva investito 9 milioni di dollari, ad abbandonare il progetto definitivamente, nonostante il tentativo di cambiare la decisione. La mossa del governo, seguita dalla decisione di fermare diversi progetti minerari, sconvolse le aziende Statunitensi e Canadesi, mentre fu accolta con entusiasmo dagli ambientalisti di tutto il mondo. La campagna anti petrolifera di tre anni aveva coinvolto pescatori, indigeni, legali, biologi, governi locali.

Secondo Terry Karl, professoressa di scienze politiche all'universita' di Stanford, la politica ambientale del Costa Rica rappresenta un'eccezione nell'ambito dell'America Latina e un esempio da seguire per tutto il mondo. Secondo la Karl, in Costa Rica l'assenza di uno sfruttamento esteso delle risorse del sottosuolo, come il petrolio, rende possibili gli impegni di democrazia e tutela ambientale. Una volta che lo sfruttamento petrolifero inizia, continua la Karl, si ha la "petrolizzazione" della politica che renderebbe impossibile la creazione di una situazione simile a quella del Costa Rica.

Nel 1994, nel tentativo di aumentare i ricavi, il governo divise il paese in 27 blocchi di esplorazione petrolifera, qualcuna delle quali invadeva le riserve indigene e i parchi nazionali. Nel 1998 la compagnia petrolifera della Louisiana MKJ Xplorations vinse i diritti di esplorazione e perforazione in 4 dei blocchi nella costa Caraibica. La compagnia Texana Harken Energy acquisto' l'80% delle concessioni della MKJ, e il consorzio inizio' i test sismici off shore nella regione Talamanca, una delle regioni piu' biodiverse del pianeta che ospita rari delfini e specie di tartaruga minacciate.
Pochi mesi dopo, 30 gruppi organizzarono una campagna contro il progetto petrolifero formando una coalizione, l'ADELA, che in poco tempo attiro' altre 20 organizzazioni ambientaliste. Alcune organizzazioni estere, tra cui IFAW (International Fund for Animal Welfare) e NRDC (Natural Resources Defense Council) denunciarono in tutto il mondo la situazione del Costa Rica e fornirono assistenza legale.

Supportata da prove scientifiche, l'ADELA porto' il suo caso alla Corte Suprema del Costa Rica e al Ministero dell'Ambiente, chiedendo a quest'ultimo di rivedere la valutazione di impatto ambientale presentata dal consorzio ed approvata nel 1998.
La Corte Suprema decise che la compagnia Texana Harken aveva violato la leggi a tutela degli indigeni, la quale prevede la consultazione preliminare delle popolazioni per iniziare la perforazione nel territorio. Dopo la decisione, la Harken fermo' le operazioni nei blocchi.
Il consorzio petrolifero allora gioco' l'ultima carta che gli rimaneva e tento' di convincere il ministero dell'ambiente a non accettare le richieste dell'ADELA  avvertendo il governo che un suo rifiuto allo sviluppo petrolifero avrebbe messo in pericolo gli investimenti esteri nel paese. Ma a Maggio, il ministero prese la decisione finale e definitiva di bocciare la valutazione di impatto ambientale e menziono' 55 problemi legali e ambientali supportati dalle informazioni raccolte dalla ADELA.

Secondo l'ONG Earth Justice, il caso differisce dalle altre campagne anti-petrolifere in America Latina. Infatti non e' stata la compagnia stessa a lasciare il progetto, come di solito accade, ma e' stato il governo a cacciarla. Negli altri casi, invece, quando una compagnia petrolifera abbandona il progetto, il governo e' desideroso di trovare un'altra azienda, che spesso e' anche peggiore della precedente. Adesso, l'ADELA punta ad annullare la legislazione sugli idrocarburi che nel 1994 aveva diviso il paese in 27 aree di esplorazione petrolifera.

Secondo NRDC, la Harken stima che le perdite subite ammontano a 55 MILIARDI di dollari (3 volte il PIL annuale del Costa Rica) e vorrebbe essere ricompensata per i mancati guadagni. Anche la MJK reclama 74 milioni di dollari, per le spese affrontate e i mancati guadagni. Il governo degli USA ha a lungo tentato di convincere il Costa Rica a cambiare le sue decisioni, ma il Costa Rica non ha ceduto alle pressioni.

Il Costa Rica vuole sviluppare l'industria eco-turistica sostenendo che proteggere l'ambiente puo' portare guadagni consistenti. Questo non vuol dire che il paese sia ostile agli investitori, ma significa che cerca di attirare un tipo diverso di investitori che rispettino l'ambiente.

Recentemente, il Presidente del Costa Rica, Abel Pacheco ha proposto di includere garanzie ambientali nella costituzione del paese. Il testo inviato all'Assemblea Legislativa sancisce il diritto della collettivita' e degli individui ad un ambiente sano e stabilisce obblighi ambientali molto avanzati. Secondo il presidente, tali garanzie sono necessarie a causa del deterioramento degli ecosistemi, la carenza di politiche e di strumenti capaci di proteggere l'ambiente, e l'inesistenza della pianificazione ambientale. La riforma proposta garantisce ai cittadini il diritto di ricorrere alle autorita' giudiziarie per difendere le nuove garanzie costituzionali.
Il testo riconosce il diritto individuale ad avere accesso alla giustizia in caso di dispute ambientali. In caso di disputa, esso stabilisce che l'interesse collettivo e' al di sopra di quello individuale o dello Stato.

L'Assemblea Legislativa riformera' la Costituzione in 10 mesi. Se tale riforma fosse approvata, la costituzione avrebbe un articolo che recita: "Lo Stato garantisce, difende, preserva e mantiene il pubblico interesse sull'aria, l'acqua, il sottosuolo, la biodiversita' e le sue componenti; cosi' come gli idrocarburi, i minerali e l'energia, le risorse costiere, il mare, la zona economica esclusiva e le aree protette della nazione."

Lo stesso articolo 76 dice che lo Stato avra' il compito di regolare lo sfruttamento privato e pubblico di queste risorse, in accordo con le scoperte scientifiche e l'interesse pubblico.
L'articolo 78 proposto dice che "qualsiasi attivita' pubblica o privata che colpisca il patrimonio biochimico e genetico del paese, sara' obbligata a rispettare la legge per garantire uno sviluppo eco-sostenibile.

Lo scorso 5 Giugno, in occasione della Giornata Mondiale dell'Ambiente, l'amministrazione Pacheco ha creato un nuovo parco nazionale, ha frenato il rapido aumento delle operazioni di deforestazione illegale e ha adottato una moratoria sulla realizzazione di nuove miniere d'oro a cielo aperto.

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