Manifestazione Tolfa



Carissimi,
	mi spiace di non aver potuto rispondere prima di oggi (sabato).
Ringrazio
anzitutto Carla Marangoni, Fabrizio Bulgarini, Emilio Martines, Spartaco
Gippoliti e Alberto Di Fazio per aver risposto collettivamente o
personalmente alle mie osservazioni sull'eolico (con l'occasione allego in
fondo un mio commento sull'"Eolico all'italiana" di qualche tempo fa con
diversi commenti ricevuti dalla rete [diritti globali], che si riallaccia
alla problematica).
	Rimango convinto che la manifestazione a Tolfa contro l'impianto non
andrebbe fatta. Essa andrebbe solo a favore di personaggi mediatici in via
di riciclo che hanno bisogno di far apparire che loro ci sono sempre e
comunque contro tutto e contro tutti, pur di pavoneggiarsi. In questo
contesto storico la manifestazione avrebbe invece la funzione di sminuire
ulteriormente lo sforzo collettivo per l'incentivazione delle fonti
rinnovabili, già così poco sostenuto in questo paese dalle forze economiche
e politiche dominanti. E' pur vero che manca un piano energetico nazionale
e che le fonti rinnovabili, in questa fase della politica energetica,
rappresentano solo un sostegno collaterale alla produzione energetica da
fonti fossili ad elevato impatto eco-sanitario, ma è proprio al futuro che
si dovrebbe pensare, ammesso che esista una scappatoia alle prossime
carenze energetiche previste per il pianeta (o meglio per una sua parte
sempre più vasta). Dato che per sostenere quest'ultima affermazione
occorrere sapere che l'autonomia energetica da fonti non rinnovabili viene
stimata intorno ad un 10-15ennio a partire da ora, invito tutti a
partecipare al seminario sui cambiamenti globali che l'astrofisico Alberto
Di Fazio terrà il giorno 28 p.v. alle 18 al convento di S. Ambrogio (v. di
seguito).
	Confesso infine di non aver ben capito di preciso su quale area dei
Monti
della Tolfa si vorrebbe far sorgere l'impianto eolico; ma se proprio la
strada e l'impianto in progetto dovrebbe prevedere lo sbancamento di
residue aree naturali, è la Comunità Montana - con tutti i limiti di un
ente che non è mai riuscito a fare di quell'area un'area protetta a tutti
gli effetti - che dovrebbe muoversi, non certo Ripa di Meana e i suoi fans
sdraiati sull'erba.
	Ancora grazie per l'attenzione,
							Mauro Cristaldi

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>Carissimi,
>	i problemi principali dell'uso scorretto delle fonti energetiche che
>impattano sull'area tolfetana provengono attualmente dalla centrale
>termoelettrica di Torvaldaliga e da quella, sempre termoelettrica, di
>Civitavecchia. I problemi principali di queste centrali derivano da
>emissioni di anidide solforosa e ossidi di azoto, che provocano piogge
>acide e l'emissione di particolati di interesse carcinogenetico. Inoltre la
>fonte energetica utilizzata è sempre combustibile fossile (petrolio,
>metano, altri idrocarburi).
>	Anche se è d'uso non parlarne in televisione, a qualcuno è
>mai venuto in
>mente che le guerre a cui abbiamo più recentemente assistito e partecipato
>- da quella del Golfo in poi - sono guerre (dirette ed indirette) per
>l'appropriazione delle pricipali fonti energetiche del pianeta, vicine al
>picco del massimo sfruttamento delle risorse non rinnovabili (stimato per
>il 2013)? Perciò, piuttosto che opporsi alla costruzione di una fonte
>rinnovabile di origine eolica, non sarebbe il caso di chiedere in cambio
>della sua costruzione (nel sito paesaggisticamente più indicato) la
>chiusura di una centrale termoelettrica, dispendiosa in termini energetici
>e di salute?
>	Forse non sarebbe anche il caso, con l'occasione, che il mondo
>protezionista cominci a considerare le fonti energetiche non rinnovabili
>residue come risorse naturali a tutti gli effetti, tanto quanto quelle
>della biosfera alle quali siamo avvezzi, chiedendo la protezione delle aree
>petrolifere, evitando che diventino aree di guerra e di egemonia?
>	Grazie dell'attenzione,
>							Mauro Cristaldi

>--------------------------
>Prof. Mauro Cristaldi
>Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo
>Universita "La Sapienza"
>Via A. Borelli 50
>00161 ROMA
>Tel.: ++39.(0)6.49918015
>Fax: ++39.(0)6.4457516
>Mauro Cristaldi <Mauro.Cristaldi at uniroma1.it>
>
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---------------------------
At 17.24 14/05/02 +0200, Fabrizio Bulgarini wrote:
>Condivido le osservazioni del Prof. Mauro Cristaldi sugli effetti delle
>centrali termoelettriche, su larga scala (spaziale e temporale) sicuramente
>piu impattanti degli impianti eolici.
>Il problema di base di questi impianti eolici e proprio che non
>rappresentano una fonte sostitutiva, perche non sono pianificati in un
>piano energetico regionale o nazionale. Purtroppo, oggi in Italia, un
>impianto eolico in piu, non significa una centrale a carbone (o
>nucleare?!?) in meno.
>La spinta alla realizzazione degli impianti e oggi praticamente legata ai
>finanziamenti per la costruzione e non sulla produzione di Kwh "puliti".
>Il WWF non e contrario all'eolico, ma e contrario in sostanza alla
>realizzazione in aree sensibili, ma ancor prima e contrario alla
>realizzazione di impianti solo per correre dietro ai finanziamenti, senza
>una pianificazione territoriale e senza un piano energetico.
>Per quanto riguarda l'interesse verso le fonti rinnovabili da parte delle
>associazioni, il WWF Internazionale ha come obiettivo primario sul Clima di
>convertire la produzione energetica mondiale verso il rinnovabile entro il
>2040. E' un obiettivo certamente ambizioso ed e per questo che, con forza,
>e stato richiesto a tutte le organizzazioni nazionali (WWF Italia, WWF
>Francia, WWF US, ecc.) di destinare importanti risorse (umane ed
>economiche) al raggiungimento di questo obiettivo.
>Un saluto a tutti
>
>Fabrizio Bulgarini
>Responsabile Unita Biodiversita
>WWF Italia
>Via Po, 25/c - 00198 Roma


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X-Authentication-Warning: jolly.bo.cnr.it: majordom set sender to
owner-scienzaepace at jolly.bo.cnr.it using -f
X-Sender: martines at pdigi1.igi.pd.cnr.it
Date: Wed, 15 May 2002 11:16:53 +0200
To: scienzaepace at jolly.bo.cnr.it
From: Emilio Martines <martines at igi.pd.cnr.it>
Subject: [S&P] Energia eolica
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g4F9GxKv008544
Sender: owner-scienzaepace at jolly.bo.cnr.it
Reply-To: Emilio Martines <martines at igi.pd.cnr.it>
X-MIME-Autoconverted: from 8bit to quoted-printable by jolly.bo.cnr.it id
g4F9H1Kv013832
X-MIMETrack: Itemize by SMTP Server on mail1/Uniroma1/it(Release 5.0.8
|June 18, 2001) at
 15/05/2002 11.26.52,
	Serialize by POP3 Server on mail1/Uniroma1/it(Release 5.0.8 |June 18,
2001) at
 15/05/2002 15.00.32,
	Serialize complete at 15/05/2002 15.00.32

Cari colleghi (e non), e' un po' che sono iscritto a questa mailing
list [<scienzaepace>, n.d.r.], dalla quale mi perviene molto materiale
interessante, ma finora
non avevo mai scritto, anche perche' ho visto che e' piu' dedicata
alla diffusione di materiale che al dibattito.

Rompo il silenzio (sperando che il mio contributo sia bene accetto)
per commentare il mail di ieri di Mauro Cristaldi riguardo alle
manifestazioni contro le turbine eoliche sui monti della Tolfa.
Premesso che non conosco ne' la zona ne' il progetto in questione, mi
sembra molto corretta l'osservazione che l'incremento dello
sfruttamento delle fonti rinnovabili dovrebbe essere una priorita',
per motivi sia ambientali che politici.

Certamente, vista l'elevata antropizzazione del territorio italiano,
viene da chiedersi se in questo caso la scelta del sito sia stata
cosi' oculata: non tanto per le turbine in se' e per se', che hanno
un'occupazione del territorio molto modesta e un impatto ambientale
pure limitato, quanto per il fatto che la loro costruzione e
manutenzione richiede la realizzazione di strade adatte a mezzi
pesanti. D'altra parte, non e' cosi' facile indicare di punto in
bianco siti alternativi, perche' l'individuazione del sito richiede
la realizzazione di lunghe (almeno un anno) campagne di misure
anemometriche.

Al di la' di questo caso particolare, ritengo che sarebbe molto
opportuno che dal mondo scientifico venisse una forte spinta per
l'incentivazione dell'uso delle rinnovabili, e in particolare
dell'eolico, che e' ormai economicamente competitivo con i
combustibili fossili. A riprova di cio', dal 1994 a oggi la quantita'
di eolico installato nel mondo e' cresciuta all'incredibile ritmo del
30% l'anno, raddoppiandosi ogni due anni e mezzo. In Danimarca, il
17% di tutta l'energia elettrica prodotta e' ottenuta con impianti
eolici, e si prevede di arrivare al 50% entro il 2030. Anche se
l'Italia ha tipicamente velocita' medie del vento inferiori a quelle
riscontrabili nel nord Europa, e' certamente possibile individuare
moltissimi siti adatti allo scopo, specie lungo le coste del
meridione.

Vorrei pero' anche evidenziare che non e' proponibile quanto
suggerito da Cristaldi, cioe' "chiedere in cambio della sua
costruzione (nel sito paesaggisticamente più indicato) la chiusura di
una centrale termoelettrica, dispendiosa in termini energetici e di
salute". Una tipica turbina eolica di medie dimensioni ha una potenza
di picco di 600 kW (anche se ne esistono fino a 2 MW), e a causa
dell'intermittenza del vento produce in un anno una quantita' di
energia elettrica pari a quella che sarebbe prodotta da un ipotetico
impianto a gas da 200 kW. E' chiaro quindi che per ottenere
l'equivalente di energia di una grossa centrale da 1000 MW, occorrono
5000 di queste turbine, un numero di molto superiore a quelle che
verranno costruite sulla Tolfa. Si tratta di una fonte di energia
molto distribuita sul territorio, ma non per questo di poco interesse
(anzi...). La Germania (con ben 8000 MW installati) e la Danimarca
(con 2500 MW) sono li' ad indicarci la strada.
Penso pero' che occorrerebbe una decisa opera di divulgazione da
parte della comunita' scientifica nazionale, sia verso coloro che
prendono le decisioni politiche (non sottovalutiamo il fatto che un
processo di riconversione verso le fonti rinnovabili produrrebbe
posti di lavoro, argomento caro sia alla sinistra che alla destra),
sia verso gli ambientalisti "duri e puri" (e penso in particolare al
"Comitato Nazionale per la Tutela del Paesaggio" di Ripa di Meana,
che sembra miopemente intenzionato ad opporsi sempre e comunque alle
turbine eoliche).
Mi interesserebbe molto sentire altri pareri sull'argomento, in
particolare sull'effettiva abbondanza sul territorio italiano di siti
adeguati.
Grazie per l'attenzione, cordiali saluti.

							Emilio Martines
							CNR, Padova

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From: "Alberto Di Fazio" <difazio at oarhp1.rm.astro.it>
To: "Mauro Cristaldi" <Mauro.Cristaldi at uniroma1.it>
Subject: FW: seminario sul petrolio
Date: Thu, 16 May 2002 11:30:34 +0200
X-MSMail-Priority: Normal
X-Mailer: Microsoft Outlook IMO, Build 9.0.2416 (9.0.2910.0)
Importance: Normal
X-MimeOLE: Produced By Microsoft MimeOLE V5.00.2314.1300
X-MIMETrack: Itemize by SMTP Server on mail1/Uniroma1/it(Release 5.0.8
|June 18, 2001) at
 16/05/2002 11.33.23,
	Serialize by POP3 Server on mail1/Uniroma1/it(Release 5.0.8 |June 18,
2001) at
 17/05/2002 09.14.36,
	Serialize complete at 17/05/2002 09.14.36

Caro Mauro, ecco un seminario che faro' con piacere. Pero' l'orario e'
sbagliato: e' alle 1800, il 28  maggio.   Il titolo effettivo sara': "La
crisi energetica e le altre crisi ambientali globali. La lotta per il
possesso delle risorse e per il dominio.  Il rischio di guerra."
Ciao   Alberto
___________________________________
Dr. Alberto Di Fazio
senior scientist
National Institute of Astrophysics
Astronomical Observatory of Rome
Viale del Parco Mellini 84
I-00136     Roma   Italy
ph: +39-06-35347056/35452147/35452656
fx: +39-06-35347802
member of the IGBP/CNR Italian National Committee
Italian Focal Point for the GAIM core project
observer scientist at the COP to the UNFCCC
___________________________________
-----Original Message-----
From: bruna felici [mailto:felici_b at casaccia.enea.it]
Sent: Friday, May 10, 2002 2:16 PM
To: Alberto Di Fazio
Subject: RE: seminario sul petrolio

Caro Alberto,
ti allego il programma provvisorio del ciclo di seminari di cui abbiamo
parlato.
Gli utenti dovrebbero essere principalmente attivisti del movimento per la
pace.
L'obiettivo è infatti dare strumenti conoscitivi a chi opera contro la
guerra e in solidarietà con le popolazioni del medio oriente.
Per quanto riguarda il tuo seminario riterremmo importante soprattutto dare
gli elementi utili a sostenere le origni petrolifere dei conflitti in corso
(palestina, iraq, ma anche balcani e afganistan, ecc).
Gli altri relatori hanno tutti già confermato.
I titoli delle conferenze sono provvisori come pure le qualifiche dei
relatori (suggerisci pure con più precisione i tuoi).
La conferenza, (se non hai nulla in contrario) verrebbe registrata in modo
da poterla riproporre con la proiezione del video in altre città.
Ti chiederemmo infine di indicare una bibliografia da suggerire ai
partecipanti cui vorremmo dare una breve dispensa fotocopiata (20/30 pagine).
Ti ringrazio nuovamente della disponibilità
e resto in attesa di una tua conferma definitiva
bruna


"Guerra infinita" in Medio Oriente
Ciclo di seminari per conoscere e opporsi alla guerra
Convento S.Ambrogio - Via S.Ambrogio n.4 - Roma
ore 17.30
PROGRAMMA PROVVISORIO
Martedì 28 maggio
Il petrolio
(Crisi energetica e pericoli di guerra)
Alberto Di Fazio - Osservatorio Astronomico di Roma e Global Dynamics
Institute
Mercoledì 5 giugno
Il diritto
(La guerra nel diritto internazionale - Illegittimità di "Enduring Freedom")
Domenco Gallo - giurista
Mercoledì 12 giugno o giovedì 13 giugno
La storia
(La questione palestinese e irachena nel quadro storico mediorientale)
prof. Vincenzo Strika - Istituto Orientale di Napoli
Mercoledì 19 giugno o giovedì 20 giugno
La strategia dell'impero
(Gli avvenimenti in Medio Oriente alla luce dei documenti ufficiali
statunitensi)
Manlio Dinucci (Esperto di questioni internazionali)
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Date: Wed, 27 Feb 2002 19:33:36 +0100
Subject: [diritti globali] Un eolico all'italiana?


UN EOLICO ALL'ITALIANA?
di Mauro Cristaldi


Carissimi,
	è da qualche giorno che intendo relazionarvi sulle deduzioni che ho
tratto
dal convegno "Compatibilità ambientale delle fonti rinnovabili. Il caso
dell'eolico" tenutosi giovedì 21 scorso a Roma, come già comunicato a suo
tempo; oggi mi decido, non perché non abbia altro da fare, ma perché
ritengo che sia compito storico di un naturalista dare indicazioni su
prospettive future, che altri - più spesso in senso peggiorativo piuttosto
che migliorativo (e non soltanto per le casualità della legge di Murphy)-
porteranno avanti in seguito.
	Nonostante il convegno si sia tenuto in area universitaria (Fac. di
Sociologia de "La Sapienza"), spiccava il fatto che l'ambiente non fosse
affatto accademico, ma circoscritto agli addetti ai lavori: il mondo
imprenditoriale in primis, secondariamente i politicanti locali, infine i
funzionari ministeriali e delle ass. ambientaliste. Facevano eccezione tra
i relatori gli ingegneri De Pratti & Naso del Dip. di Meccanica e
Aeronautica de "La Sapienza" e Villacci dell'Univ. del Sannio. L'affluenza
è stata notevole per tutto il giorno (intorno ad un massimo di 300
presenze). Chi fosse interessato agli argomenti, ai riassunti e agli atti
del convegno può mettersi in contatto con la ISES (International Solar
Energy Society) Italia: <info at isesitalia.it> e col sito:
<http://www.isesitalia.it>.
	Delle tre holding attive in Italia dall'inizio degli anni '90 nel
settore
eolico (Italian Vento Power Corporation s.r.l., Enel Green Power, Edison
Energie Speciali), quella che mi è mostrata più preoccupata a garantire la
prevenzione dell'impatto ambientale si è stata sicuramente l'ultima (ha
messo a punto un regolamento, ha conseguito una certificazione integrata
ambiente e sicurezza e si prepara a fornire una dichiarazione ambientale),
in quanto, mentre la prima (probabilmente la più pionieristica) si è
polemicamente dichiarata interessata a subire di meno quei controlli
essenzialmente di carattere burocratico che finora hanno impedito l'iter
dell'eolico in Italia ed ha dato invece particolare attenzione agli aspetti
percettivi degli impianti eolici ("la Bellezza è negli occhi di chi
guarda"), la seconda si è mostrata più attenta al mercato internazionale
che agli aspetti di tutela ambientale (identificati con le normative in
vigore) avendo essa anche prodotto un mini-generatore MiniWind E-20 quasi
pronto per entrare nel commercio (appena l'Enel stesso non bloccherà i
vincoli pregressi dell'allaccio dei singoli alla rete).
	Per potervi aggiornare direttamente sulle tecnologie vi informo che
sono
state programmate a Berlino una mostra dal 2 al 6 luglio 2002 e a Milano
una fiera per la "settimana del sole" dal 27 al 38 giugno 2002.
	Ho avuto l'impressione nel complesso che la situazione nostrana
(attualmente poco: 697 impianti con circa 1500 addetti complessivi) tenderà
a favorire una gestione tutta "italiana" di questo tipo di energia,
attraverso l'istituzione di "tavoli comuni" di discussione, che alla fine
non favoriranno certo la ricerca, ma si tratterà con parole gettate
anch'esse "al vento" e gestite dal politicante di turno.
	Per l'intanto in questi anni in Italia la produzione industriale delle
nuove filiere dell'eolico si è ridotta al polo industriale di Taranto
(Italian Wind Technology con cica 1000 addetti per 400 macchine prodotte
all'anno), che ha la licenza di produzione dei migliori impianti finora in
commercio (i danesi "Vestas"), mentre il resto delle attività  è limitata
alla progettazione ed alla posa in opera; probabilmente proprio per questo
l'interesse di mercato si concentra sulla compatibilità ambientale. Si è
detto che il settore attualmente rischia la cassa integrazione in Italia,
per cause legate ai vincoli territoriali che rallentano la posa in opera
degli impianti. Le aziende leader sono invece ormai ben radicate in
Germania, in Danimarca e recentemente in Spagna, che sono anche i paesi
europei dove la produzione eolica è effettivamente (Germania, leader
mondiale) e/o potenzialmente maggiore.
	Da qui, per inciso, si deduce che l'attività dei "Grunen" in Germania è
stata capace sì di gestire la riconversione energetica e produttiva in
patria, ma con lo scotto di riversare sui paesi satelliti il costo politico
e ambientale dell'operazione. Le industrie inquinanti "sovietiche" nei
paesi dell'Est mi risultano infatti ormai gestite soprattutto da capitale
tedesco, per non parlare degli interessi intercorsi nella disgregazione
della Federazione Jugoslava gestita fin dagli esordi con l'appoggio alla
secessione slovena, che, a sua volta, ha costituito le premesse per la
disgregazione bellica di tutta la Jugoslavia e il dilagare in questi anni
dell'"economia" (spesso mafiosa) del marco in tutti i Balcani.
	I convenuti e gli stessi delegati di Legambiente e WWF presenti
sembravano
convinti che le prospettive dell'eolico, la fonte energetica più
promettente anche all'interno delle stesse energie rinnovabili, fossero nel
tempo capaci di creare potenzialità notevoli di concorrenzialità con le
stesse energie non rinnovabili ora in voga (combustibili fossili e
nucleare, che dimostrano ormai tutto il loro enorme impatto in termini di
sprechi di risorse ambientali e produttive, in crisi climatiche ed
energetiche, in guerre). Nessuno in tal sede però ha saputo mettere in
risalto abbastanza le potenzialità dell'uso dell'energia eolica come
fattore di pace e di potenziale indipendenza energetica per i paesi del
Terzo Mondo; nessuno ha rilevato tantomeno quanto le corrette indicazioni
sull'eolico possano rivelarsi importanti per ONG che puntino alla gestione
decentrata dell'energia, senz'altro il miglior investimento verso il
risparmio energetico e la tutela ambientale e anche la migliore difesa
contro obiettivi di guerra concentrati e contro la crescente
militarizzazione del territorio. E' inoltre mancato - ma non ci si poteva
aspettare altrimenti da degli imprenditori, anche "illuminati", ma forse
nemmeno da Legambiente! - un cenno alle necessarie attenzioni sull'ambiente
di fabbrica nelle industrie metalmeccaniche che questo tipo di impianti
vanno a produrre (e.g.: attenzioni sulle filiere dei metalli e delle
vernici utilizzate). D'altra parte l'attenzione alla ricerche finalizzate
alla valutazione dell'impatto dell'eolico, anche confinate al solo settore
ambientale, si limitano per ora ad un rapporto eseguito dall'ENEA (Div.
Fonti Rinnovabili) nel 2000 intitolato "Energia eolica, aspetti tecnici,
ambientali e socio-economici", alle lodevoli intenzioni espresse della
Edison ed alla ricerca bibliografica eseguita dal biologo G. Conte e coll.
della Legambiente presentata al convegno stesso. Conte ha fatto rilevare la
scarna produzione scientifica di base e di monitoraggio nei confronti
dell'impatto su Uccelli migratori e stanziali (6-8 lavori) e nessuno sui
Pipistrelli, mammiferi volatori crepuscolari e notturni, di cui si parla
negli ambienti scientifici dell'ecologia come di importanti bioindicatori e
marcatori di equilibrio ecosistemico, ma su cui i fondi di ricerca fanno
solo ridere, se confrontati ai finanziamenti a perdere gettati in questi
anni nella ricerca aereospaziale, nella fusione nucleare ed in varie altre
attività di contorno prive di prospettive (se non quelle di far prosperare
alla lunga le industrie belliche, elettroniche, petrolchimiche e nucleari).
Si continuerà quindi ad operare per "sentito dire" o su "evidenze
scientifiche" riportate da altri paesi e da situazioni paesaggistiche e
territoriali sicuramente differenti dall'eterogeneo e peculiare territorio
italiano (non parliamo poi sull'attuazione dei necessari monitoraggi
ambientali!). Probabilmentee una risposta sulle "buone intenzioni" della CE
rispetto all'eolico le vedremo quando constateremo chi ha ottenuto
finanziamenti nel programma "Energetica", e allora rideremo e/o piangeremo!
Certo i messaggi preoccupati che arrivano sulla iniqua divisione delle
risorse non rinnovabili a livello mondiale, poche speranze danno ad
un'Europa fortemente agganciata al carro imperiale statunitense: in
pratica, solo energia nucleare! (cfr. recenti messaggi intercorsi nella
rete controG8 riportati di seguito, per i quali ringrazio).
	Mentre in prospettiva sembra sicuramente controllabile e corregibile
l'impatto dell'eolico sull'ambiente (interramento dei cavi contro
l'elettrosmog, attenuazione del rumore, visibilità "creativa" per prevenire
l'impatto di uccelli e di aerei, innestabilità in aree anche sottoposte a
tutela meglio di tralicci antenne e cavi elettrici, scarso ingombro
territoriale, possibilità di valutazioni preventive per la limitazione di
impatto, potenzialità di monitoraggio ambientale, potenzialità di
produzione mini decentrata, agevole manutenzione nell'arco di un ventennio
di durata, ecc.), mi sono astenuto dall'intervenire alla fine nel poco
spazio riservato agli interventi liberi, perché mi scoccia sempre far
sapere all'oste quanto il vino non sia sempre buono. Però devo dire che la
sporadicità del mondo della ricerca intorno alla più promettente fonte di
energia ecocompatibile ed antropocompatibile per il futuro (cfr. Di Fazio
in "Contro le nuove guerre", ed ODRADEK, 2000), mi indica purtroppo che
l'indotto non tira ancora e tantomeno attira ora. L'idea di Alberto Di
Fazio che le energie rinnovabili dovrebbero costituire di per sé un
obiettivo politico concreto ed un motivo di investimento, anche economico,
sul futuro di tutto il movimento, non dovrebbe essere lasciato solo alla
buona volontà delle associazioni ambientaliste o ad un gruppo di
imprenditori coraggiosi; il rischio di non farne nulla potrebbe essere
elevato una volta che la scelta per le energie non rinnovabili si trovi in
una fase di impossibilità di ritorno indietro, allorché la scelta dettata
internazionalmente continuerà ancora a dirigersi verso il muro delle
energie non rinnovabili, di cui il nucleare di pace e di guerra è parte
integrante (Di Fazio, ibidem). Una previsione su basi numeriche -
considerati i disastrosi tempi di latenza che hanno volutamente frenato
l'eolico nell'ultimo decennio -  su quanto potenzialmente tale forma di
energia potrebbe offrire alla riduzione dell'effetto serra globale
(problema posto dal protocollo di Kyoto), avrebbe già potuto dare concrete
indicazioni su quanta energia non rinnovabile dovrebbe da oggi essere posta
sotto tutela per un qualche futuro (es.: parchi energetici al posto di aree
di guerra), contro lo spreco "texano" in accelerazione crescente con le
guerre per l'egemonia sul petrolio. O forse il famelico "uomo occidentale"
si dimostrerà ancora una volta incapace, per mancanza di interessi diffusi
su fonti energetiche non altamente remunerative, di gestire anche l'eolico
e non solo il nucleare? Alla fine resterebbero solo le guerre per il
petrolio, fino a che non ci sarà più petrolio. La scelta ormai è obbligata.


	"L'homme est la nature prenant conscience d'elle-même"
		Elisée Reclus - L'Homme et la Terre, 1905-08


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prof. Mauro Cristaldi
Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo
Università "La Sapienza"
Via A. Borelli 50
00161 ROMA
Tel.: 06.49918015
Fax:06.4457516
Mauro Cristaldi <Mauro.Cristaldi at uniroma1.it>


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- [DIRITTI GLOBALI] - FWD:

Non ho in questo momento il tempo per approfondire quanto scritto
nell'articolo tratto da Tiscali.
Faccio solo notare che, come al solito, quando si parla di energia, e di
quella di fonte nucleare in particolare, gli articoli non sono mai precisi,
ma più o meno velatamente ingannatori.
C'è scritto: "Con i suoi 59 reattori nucleari Parigi produce il 76% del
fabbisogno nazionale di energia", il che indurrebbe a pensare che in Francia
vanno a energia nucleare anche gli orsetti di peluches. Basta aggiungere per
correttezza che quel 76 % è di energia "elettrica" e già vediamo che lo
scenario cambia. In Europa il nucleare contribuisce alla produzione del 35 %
dell'elettricità (La produzione di energia elettrica dal nucleare è pari al
30 % in Germania e al 22 % in Gran Bretagna). L'energia nucleare (438
reattori in tutto, 351.000 MW installati) contribuisce nel mondo a produrre
circa il 17 % dell'energia elettrica .
Si può rinunciare al nucleare? Per me, sì. Anzi, comunque si deve.
Attraverso quali strategie?
Al di à dello sviluppo delle fonti rinnovabili, ben più avanti di quanto
comunemente si creda e comunque, per rimanere in Italia, altro treno
prossimo a transitare senza che siamo stati in grado di prenderlo, una
grande fonte di energia è il risparmio energetico. Su questo tema, in cui
confluiscono aspetti di ricerca innovativi, possibilità di sviluppi
industriali "dolci", sensibilità sociale, comportamenti individuali, non è
mai stato aperto un dibattito vero e non sono mai state avviate serie
iniziative. Forse, sarebbe il caso di cominciare.
Cordiali saluti a tutti

Renato Fancello - Genova


----- Original Message -----
From: <matteo.cresti at tiscali.it>
To: <sf-GE at yahoogroups.com>; <aderentiretecontrog8 at yahoogroups.com>;
<forumsociale-ponge at yahoogroups.com>
Sent: Monday, February 25, 2002 1:18 PM
Subject: [diritti globali] Nucleare


Traggo dal sito di Tiscali e mi chiedo: il movimento ha una posizione chiara
sul nucleare? E' meno peggio (perchè è così, a mio avviso, che siamo
obbligati
a ragionare) un nucleare che dà energia ma coi rischi che conosciamo o i
combustibili fossili che ci avvelenano l'aria?
Personalmente, quando leggo articoli del genere, c'è sempre una cosa che
mi stizzisce: il considerare le energie alternative una pura fantasia
fricchettona.
Nessuno vuole ammettere che se queste nuove energie sono ad oggi costose
e poco redditizie è solo perchè qualcuno ci deve guadagnare e, non potendo
brevettare il vento (per quanto ancora?) è più remunerativo avvelenare il
mondo...
Saluti, Matteo.
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L'Europa ha fame di energia e la risposta sembra essere il ritorno al
nucleare.
Il segnale arriva dalla Finlandia, dove non si costruiscono centrali da
vent'anni. Pochi giorni fa il governo di Helsinki ha approvato il progetto
per un nuovo impianto.
L'annuncio che è arrivato poche settimane dopo l'uscita pubblica
pro-nucleare
di Loyola De Palacio, Commissario europeo all'energia e ai trasporti. "Il
nucleare dovrebbe contribuire a rendere indipendente energicamente l'Europa"
ha detto.
Il fabbisogno energetico del vecchio continente crescerà ogni anno del 2%,
da oggi fino al 2020. E il rilancio del nucleare potrebbe essere una
soluzione.
Ma l'atomo non è solo una fonte di energia. E' anche una fonte di tensione
tra gli stati. E l'Europa è il continente con la più alta concentrazione
al mondo di centrali.
Sul fronte atomico, tre sono le posizioni dei governi all'interno della
Ue: gli entusiasti, gli indecisi e i contrari. Nel primo gruppo, quelli
per cui "Nuke is good", ci sono Francia e Gran Bretagna. I due sono stati
i pionieri dell'energia atomica dal 1945 e hanno incrementato ricerche e
costruzione di nuovi impianti dopo lo shock petrolifero del 1973.
Con i suoi 59 reattori nucleari Parigi produce il 76% del fabbisogno
nazionale
di energia. Parte di quest'0energia viene venduta ai paesi vicini. Oltre
alla sovraproduzione di energia, la Francia smaltisce nei paesi confinanti
come la Germania anche le scorie nucleari.
In Gran Bretagna sono più di 30 mila le persone che lavorano nei 35 impianti
nucleari del paese. Questi assicurano il 22% dell'energia complessiva di
cui Londra ha bisogno. Fino ad ottobre era ancora in funzione il sito di
Sellafield , considerata una delle centrali nucleari più vecchie e
pericolose
d'Europa.
Nonostante le spinte interne per diversificare il parco energetico, Francia
e Gran Bretagna hanno ancora oggi una posizione di leadership nel settore.
I due paesi hanno confermato la costruzione di nuove centrali e sono i soli
stati europei che partecipano al consorzio mondiale "Generation IV". Il
progetto comprende anche Argentina, Brasile, Canada, Giappone, Sudafrica,
Corea del Sud e Stati Uniti e mira a sviluppare nuovi tipi di reattori.
Con due obiettivi: energia a basso costo e maggiore sicurezza.
La centrale inglese di Sellafield è stata fermata dopo 10 anni di proteste
ininterrotte di Irlanda e Norvegia, due stati che appartengono al secondo
gruppo: gli stati che si oppongono al nucleare. Tra questi l'Austria, che
fin dal 1978 ha messo al bando l'energia atomica, e l'Italia, dove i pochi
impianti esistenti sono stati bloccati nel 1987 da un referendum popolare.

Tra i paesi incerti, invece, si può includere la Germania. Il governo di
Gerard Schroeder ha deciso la chiusura di 19 centrali nel 1999. Lo stesso
anno in cui la Svezia ha varato il piano anti-nucleare e ha chiuso la
centrale
di Barsebaek.
Ma i paesi contrari al nucleare si scontrano con la crescita del proprio
fabbisogno energetico e con le velleità dell'Unione europea che vorrebbe
liberarsi dalla schiavitù del petrolio.
Il Belgio ne è l'emblema. Il governo ha annunciato nel 1999 la fine del
nucleare ma i reattori forniscono ancora il 60% del fabbisogno nazionale.
E la scelta del governo si scontra con l'incapacità di trovare altre fonti
di approvvigionamento. Il parlamento discute, il governo va avanti per la
sua strada, gli esperti ammoniscono di non rinunciare al nucleare.
Come si può sostituire il nucleare? Le energie alternative non sono ancora
competitive e non possono soddisfare il fabbisogno di una nazione grande,
ad esempio, come la Germania. Un paese, questo, che non potrebbe
incrementare
il ricorso al carbone senza violare il protocollo di Kyoto del 1997 sulla
riduzione dei gas.
Volendo tagliare il nucleare, la Germania sarebbe quindi costretta a
comprare
energia da altri paesi, primo fra tutti la Francia. Ed è proprio per evitare
l'importazione dall'estero che i tedeschi partecipano al progetto "EPR",
per la creazione di un reattore europeo pressurizzato. Una nuovo tipo di
centrale sicura e più produttiva su cui stanno lavorando la tedesca Siemens
e la francese Framatome.
La Svezia, al contrario, non ha potuto evitare il pericolo di una crisi
energetica. Era l'inverno del 2000: una stagione particolarmente rigida
in cui il paese era colpito da continui black-out. Stoccolma decise di
comprare
energia nucleare dalla Danimarca e carbone dalla Polonia.
Così l'opinione pubblica svedese ha cominciato a cambiare idea sul nucleare:
oggi il 58% della popolazione vorrebbe annullare i risultati del referendum
ambientalista che bloccò il programma nucleare. Anche perché la chiusura
degli impianti comporterebbe la perdita di numerosi posti di lavoro.
L'allargamento dell'Unione europea dovrebbe riequilibrare i giochi di forza
tra paesi contrari e paesi a favore del nucleare, che attualmente sono in
minoranza. Infatti, l'entrata della Lituania (dove il 74% dell'energia
prodotta
è atomica) e della Repubblica ceca (che ha sei centrali) farebbe aumentare
gli iscritti al partito del reattore.
La Commissione europea vuole sviluppare il nucleare e conservare il
vantaggio
competitivo che l'Europa ha accumulato nei confronti di altre zone del
pianeta.
Il tutto con un occhio alla liberalizzazione del mercato interno e al
rispetto
degli accordi internazionali in materia. L'obiettivo: l'indipendenza
energetica
del vecchio continente.
Antoine Varoquié