mucca pazza:il trucco e' nei mangimi



dal manifesto

     
    
 
    
 

07 Febbraio 2002 
  
 
  
"Il trucco è nei mangimi"
Ambientalisti, verdi e consumatori accusano: "Le frodi? Nelle mangiatoie" 
LUCA FAZIO 




Dimmi cosa mangiano e ti dirò dove andremo a finire. Date per buone le
perentorie rassicurazioni ministeriali sulla carne bovina che mai come ora
sarebbe "estremamente" sicura, il primo caso sospetto della variante umana
di Bse in Italia riporta nuovamente l'attenzione su quello che potrebbe
essere l'anello debole del sistema dei controlli: la composizione dei
mangimi zootecnici. Che fine hanno fatto le 300 mila tonnellate di farine
animali che prima di "mucca pazza" ingrassavano i bovini nostrani? E
adesso, chi controlla le mangiatoie? Gli interrogativi, cui è complicato
dare risposte, se non altro perché in Italia si consumano 18 milioni di
tonnellate di mangime all'anno, sono riproposti da ambientalisti, verdi e
associazioni dei consumatori.
Il sospetto di nuove frodi è più che legittimo - le farine animali costano
poco e hanno una buona resa... - e del resto, come ricorda Legambiente, ci
sono già stati diversi casi clamorosi in cui la criminalità si è arricchita
sfruttando l'emergenza sanitaria per infiltrarsi in tutte le fasi della
filiera alimentare. Da nord a sud, i carabinieri dei Nas hanno sequestrato
interi mangimifici, anche abusivi, che producevano tonnellate di farine
animali al di fuori di qualunque controllo: su 1846 perquisizioni
effettuate, 34 tonnellate di mangimi sono state sequestrate e 61
imprenditori sono finiti sotto inchiesta. Per non parlare poi delle
clamorose contraffazioni (da Padova a Ragusa) dei documenti di identità e
dei marchi dei capi da portare al macello: 372 ispezioni negli stabilimenti
per la lavorazione della carne hanno portato alla denuncia di 41 persone. E
una volta sul banco vendita, puntualizza Legambiente, le illegalità
continuavano, dalla semplice menzogna circa il paese di provenienza della
carne fino al riciclo degli avanzi riutilizzati come mangime. E adesso?
"Resta ancora molto da fare", ha ammesso Gennaro Niglio, generale dei Nas.
Federconsumatori, oltre a pretendere informazioni sul programma di
distruzione delle farine animali, chiede l'aumento dei controlli per
garantirne l'assenza sul territorio, la sospensione del ritorno della carne
con l'osso e il superamento dei "vergognosi" ritardi nel completamento
dell'anagrafe bovina. Loredana De Petris, senatrice verde e capogruppo
nella commissione Agricoltura del Senato, sostiene che "secondo i dati
diffusi dall'Istituto nazionale per la repressione delle frodi, il 4,7% dei
campioni prelevati sui mangimi zootecnici ha rivelato la presenza di farine
e sottoprodotti di origine animale nonostante il divieto assoluto vigente".
Per De Petris, la strada per uscire dalle emergenze è una sola. "Le
modalità di alimentazione e l'allevamento intensivo rendono gli animali
vulnerabili - dice - e non a caso in Francia e Olanda il governo ha avviato
una forte promozione dell'allevamento biologico e del pascolo semi brado".
L'Associazione per i diritti dei consumatori (Aduc) sostiene senza mezzi
termini che la carne italiana è ancora insicura: "Continuano a circolare
farine animali e esiste un mercato nero delle carni". E c'è anche chi di
fronte ai tanto sbandierati 541.233 test effettuati sui bovini fa notare
che tutto ciò servirebbe solo per tranquillizzare i consumatori. "Quel test
serve per rilevare gli animali già malati - spiega Enrico Moriconi,
veterinario di Torino che da tempo segue la vicenda - ma non ci dice nulla
della malattia quando è in fase di incubazione, un periodo che può andare
dai 3 ai 5 anni. La vera garanzia ci sarà solo quando si arriverà a
diagnosticare l'animale infetto".