Fabiocchi NEWS 19 Gen 2002



Newsletter Eco-Internazionalista
-Colombia: le fumigazioni aeree di glisofato violano i diritti umani
-UNEP: Gli effetti negativi del neoliberismo nel settore della pesca
-Costa D'Avorio: Effetti ambientali e sociali delle politiche del FMI
-Filippine: la pesca eccessiva minaccia i granchi blu e le comunita' locali
-Energia Eolica: Irlanda costruira' il piu' grande impianto del mondo
-OGM: ONU lancia progetto per i Paesi in Via di Sviluppo (PVS)
-USA: BP Amoco rinuncia al petrolio in Alaska

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Traduzione a cura di Fabio Quattrocchi mailto:FABIOCCHI at inwind.it
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Colombia: le fumigazioni aeree di glisofato violano i diritti umani
15 Gennaio 2002 - L'Organizzazione ecologista Earthjustice ha chiesto
all'Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani di far pressione sui governi
americano e colombiano affiche' fermino le fumigazioni aeree di glosofato
(un erbicida prodotto dalla Monsanto) usato per distruggere le piatagioni di
coca e pioppo. Da quando sono iniziate le fumigazioni da parte di aerei
(militari), sono stati segnalati problemi sanitari e ambientali; molte
piantagioni di sussistenza (che nulla hanno a che fare con la droga) sono
state distrutte; l'acqua e' stata contaminata; preziosi ecosistemi andati
perduti e la deforestazione e' aumentata come conseguenza della necessita'
dei contadini di cercare nuove terre da coltivare per sfamarsi. Secondo
Earthjustice questa strategia di guerra alle droghe danneggia i cittadini
colombiani ed ecuadoregni che vengono privati del diritto alla salute, ad un
ambiente pulito, alla vita, alla sussistenza, all'informazione e alla
proprieta'. Tra gli effetti sulla salute del glisofato, Earthjustice segnala
disordini gastrointestinali, infiammazione dei testicoli, febbre alta,
disturbi respiratori, eruzioni cutanee, e gravi irritazioni agli occhi. Non
si esclude che il pesticida abbia provocato nascite difettose. Finora le
fumigazioni hanno distrutto 1,500 ettari di piantagioni legali di
sussistenza (come mais, pomodoro, canna da zucchero) oltre a zone di pascolo
provocando la morte di mucche e galline. Il glisofato ha provocato
l'inaridimento di importanti ecosistemi forestali che ospitavano specie
animali rare; ha contaminato ecosistemi d'acqua dolce uccidendo i pesci; e
la distruzione delle piantagioni legali ha spinto gli agricoltori a cercare
nuove terre da coltivare costringendoli quindi a deforestare intere aree.
Gli USA e la Colombia hanno nascosto le informazioni sulla reale tossicita'
del pesticida e si rifiutano di fornire dettagli sui componenti presenti nel
miscuglio di erbicidi spruzzati, negando ai cittadini l'accesso a tali
informazioni. Le fumigazioni fanno parte del cosidetto Plan Colombia varato
nel Dicembre 2000, ideato dall'amministrazione statunitense e poi adottato
dal governo colombiano senza alcuna consultazione delle organizzazioni
sociali. Il Piano mira all'eliminazione delle coltivazioni illegali di droga
nel Sud del paese nel giro di 6 anni con un costo di circa 7.5 miliardi di
dollari. Gli USA offrono 1.3 mld, al resto ci penseranno le istituzioni
finanziarie internazionali: la Banca Modiale e il Fondo Monetario
Internazionale stanno progettando prestiti alla Colombia per centinaia di
milioni di dollari. Il FMI ha gia' offerto 2.7 mld di dollari per favorire
il rilancio dell'economia. Al fine di ottenere tali prestiti e pagare il
debito estero che attualmente ammonta a 34.5 mld di dollari, la Colombia si
e' impegnata a ridurre drasticamente i programmi pubblici (educazione,
sanita', ambiente). Per quasi 60 anni la Colombia ha avuto un tasso di
crescita economica positivo e una delle economie piu' stabili del
continente. L'attuazione di riforme strutturali di libero mercato,
cominciata negli anni '90, ha provocato la maggiore recessione e
diseguaglianza sociale del XX secolo. Il 20% piu' ricco della popolazione
riceve il 61.5% del reddito annuo. Fonti: Earthjustice; Social Watch; UNDP;
trad. di Fabio Quattrocchi fabiocchi at inwind.it
Per maggiori info sul Plan Colombia:
http://www.carta.org/agenzia/SudAmerica/Colombia/main.htm

UNEP: Gli effetti negativi del neoliberismo nel settore della pesca
24 Dicembre 2001 - Uno studio dell'UNEP (United Nations Environment
Programme), condotto in collaborazione con organizzazioni nazionali, ha
rivelato che i Paesi in Via di Sviluppo (PVS) che aprono le loro acque
marine alle flotte industriali estere perdono (in termini di reddito per i
pescatori locali, danni ambientali ed esaurimeto degli stock ittici) piu' di
quanto guadagnino. Lo studio e' stato condotto in due paesi che hanno
attuato tale politica: Senegal ed Argentina. Molti PVS concedono l'accesso
alle risorse ittiche e liberalizzano il settore della pesca per attirare
capitali ed investimenti dall'estero traendone guadagni (a breve termine)
necessari a pagare i loro debiti e stimolare la crescita economica. Per le
popolazioni locali il pesce rappresenta la fonte primaria di proteine; ma il
sovrasfruttamento portato avanti dalle navi estere puo' ridurre tali
popolazioni alla miseria e danneggiare l'ecosistema marino. ARGENTINA: Il
rapporto dell'UNEP afferma che lo sfruttamento degli stock ittici era
insignificante in Argentina prima che il governo aprisse le sue acque alle
flotte europee, koreane e giapponesi tra la fine degli anni '80 e l'inizio
dei '90. Queste flotte ricevevano sussidi economici dai loro paesi di
origine ed erano attratte dalle acque argentine a causa della diminuzione
degli stock ittici negli altri PVS. Altri fattori favorirono il loro arrivo:
la deregulation, il libero flusso di capitali esteri e l'eliminazione delle
tasse sulle esportazioni. Inizialmente le esportazioni son cresciute del
478% (di quasi 5 volte) tra il 1985 e il 1995. La quantita' di pesce
catturato ha cominciato a declinare drammaticamente nel 1997 come risultato
del sovrasfruttamento. Tra il 1997 e il '99 la pesca e' diminuita di un
quarto e i ricavi sono scesi del 14%. I pescatori locali sono stati i piu'
colpiti dalle flotte estere che tra il '90 e il '95 hanno aumentato la loro
capacita' di 5 volte. SENEGAL: Il Senegal ha iniziato ad esportare pesce in
gran quantita' verso i mercati europei intorno alla fine degli anni '80.
Attualmente i 2/3 dei guadagni delle esportazioni derivano dalla vendita di
risorse ittiche all'Europa. Tra i fattori che hanno favorito tale crescita
ci sono gli accordi di Lome', che garantiscono all'Europa l'accesso ai
prodotti ittici senegalesi esentandoli dalle tasse doganali. Il commercio e'
stato favorito anche dalla svalutazione al 50% del franco senegalese e da
una serie di accordi tra il governo e le flotte estere. Lo studio afferma
che la liberalizzazione del commercio ha avuto effetti devastanti sulla
fauna marina. Anche la pesca locale di piccola scala ha avuto seri
contraccolpi. Il rapporto dell'UNEP conclude che gli impatti sull'ambiente
di Senegal e Argentina non sono tanto il risultato della liberalizzazione
commerciale, ma della mancanza di politiche atte ad assicurare lo
sfruttamento sostenibile degli stock. Secondo l'UNEP il danno economico
dell'attuale pesca insostenibile del solo nasello ammonta a 500 milioni di
dollari; mentre l'adozione della pesca sostenibile genererebbe guadagni pari
a 5 miliardi di dollari. Fonte: UNEP; trad. di Fabio Quattrocchi
fabiocchi at inwind.it

Costa D'Avorio: Effetti ambientali e sociali delle politiche del FMI
Il primo programma di aggiustamento strutturale del Fondo Monetario
Internazionale e' stato introdotto nella Costa D'Avorio nel 1975. Sin da
allora sono state applicate politiche di liberalizzazione dei sistemi dei
prezzi e l'intensificazione delle esportazioni. Come risultato dei programmi
di aggiustamento strutturale (SAPs) nel 1992 il paese ha svalutato la sua
moneta ed eliminato le tasse sulle esportazioni incentivando la produzione
agricola. Cosi', dal 1992 al 1996 le esportazioni di cacao sono aumentate
del 44% e la diversificazione dell'agricoltura non si e' verificata rendendo
il paese ancor piu' dipendente dalla vendita di cacao. Nel 1995 il governo
liberalizzo' il mercato interno stimolando ulteriormente la produzione e
l'esportazione di cacao (di cui la Costa D'Avorio e' il primo produttore
mondiale). Mentre le esportazioni provocarono un boom economico, vi furono
anche cambiamenti significativi nell'uso della terra: dal 1980 ad oggi la
terra usata per le piantagioni come il cacao e' salita dal 7.2% dell'intera
superficie del paese, al 13.8%. Nel solo biennio 1994/95 la superficie
dedita alla coltivazione di cacao e' passata da 1500 ettari a 1950. Questo
ha portato ad una diminuzione della copertura forestale che adesso equivale
a 7.1 milioni di ettari (una minima parte dei 12 mld di ettari presenti nel
1960). Sebbene nell'ultima meta' degli anni '90 il governo si e' impegnato a
proteggere le foreste rimanenti, gli agricoltori illegali di cacao e caffe'
stanno deforestando intere aree per aumentare la produzione. Nel 1997 il 30%
delle aree forestali protette del paese sono state illegalmente occupate da
coltivatori che hanno prodotto 100,000 tonnellate di cacao (1/10 della
produzione di quell'anno). La stabilita' ambientale di lungo termine e' a
rischio in quanto le piantagioni di cacao e caffe' vengono spostate in nuove
aree quando quelle gia' coltivate diventano improduttive. Per avere una
ulteriore crescita economica il FMI "raccomanda" una maggiore
liberalizzazione dell'economia, specialmente per la produzione di cacao e
caffe', e la creazione di incentivi per la diversificazione
dell'agricoltura. Ma e' proprio la liberalizzazione dell'economia che ha
causato il degrado del suolo e l'aumento della deforestazione. L'agricoltura
insostenibile non e' l'unico problema del paese africano: le prescrizioni
del FMI includono un incentivo all'estrazione mineraria. Il FMI conta
sull'esportazione delle risorse naturali per attirare capitali ed
investimenti dall'estero. Il problema e' che i capitali dall'estero arrivano
al costo di degradare l'ambiente della Costa D'Avorio. Inoltre dal 1989 al
1995 il PIL e' sceso del 15%; dal 1988 al '95 la poverta' e' cresciuta
portando la percentuale delle popolazione che vive al di sotto della soglia
di poverta' (1$ al giorno) dal 17.8% al 36.8%. La riduzione della spesa
scolastica e' stata del 35%. Fonte: FoE Int.; CRBM; trad. di Fabio
Quattrocchi fabiocchi at inwind.it

Filippine: la pesca eccessiva minaccia i granchi blu e le comunita' locali
14 Dicembre 2001 - Secondo uno studio dell WWF, la pesca eccessiva e la
distruzione dell'habitat naturale stanno danneggiando l'industria del
granchio blu, e minacciano la stessa sopravvivenza delle comunita' locali
filippine che dipendono dalla pesca. Il rapporto sostiene che la quantita'
di granchi blu catturati e' diminuita da 20 kg al giorno per ogni pescatore,
a meno di 10 kg. La crisi e' aggravata dalla mancanza di schemi di
sfruttamento sostenibile e l'inapplicazione delle leggi. Il 75% dei granchi
blu e' esportato negli USA e in varie parti dell'Asia, e rappresenta una
delle risorse ittiche piu' esportate dalle Filippine (al sesto posto).
Alcune comunita' locali stanno pensando di far certificare la pesca del
granchio dal MSC (Marine Stewarship Council), un organismo internazionale
creato dal WWF ed Unilever che certifica la pesca sostenibile. Un altro
studio condotto dal TRAFFIC, il network che controlla il commercio
internazionale di animali selvaggi protetti (formato da WWF ed IUCN),
sostiene che la pesca illegale nella parte russa del Mar di Bering sta
contribuendo all'esaurimento delle risorse ittiche di cui si riforniscono
USA e Russia. Secondo il rapporto, il crimine organizzato si e' infiltrato a
tutti i livelli dell'industria ittica, e il bracconaggio sta costando alla
Russia perdite pari a 5 miliardi di dollari all'anno mettendo numerose
specie a rischio. La legislazione inadeguata e' un'altra causa della
situazione attuale. Molti pescatori nascondono i dati sul volume e la taglia
dei pesci catturati. Ad esempio nel 1997 l'industria della Kamchatka aveva
dichiarato esportazioni per un valore di 113 milioni di dollari verso il
Giappone, mentre il Giappone aveva registrato importazioni (dalla stessa
regione) equivalenti a 442 mln di dollari. Il WWF chiede a Russia e USA di
impegnarsi per combattere la pesca illegale e promuovere quella sostenibile.
Fonti: WWF Int.; TRAFFIC; trad. di Fabio Quattrocchi fabiocchi at inwind.it

Energia Eolica: Irlanda costruira' il piu' grande impianto del mondo
14 Gennaio 2002 - Il governo irlandese ha approvato la costruzione di un
impianto eolico offshore del costo di 640 milioni di Euro capace di generare
520 megawatt di elettricita'. L'impianto, che coprira' il 10% del consumo
energetico nazionale e distera' 4 miglia dalla costa, fara' risparmiare
all'Irlanda 13.5 mln di tonnellate di emissioni di CO2 all'anno. La
compagnia privata che costruira' l'impianto conta di iniziare i lavori in
primavera e completare la prima fase del progetto entro il prossimo autunno
generando 60 megawatt. Alla fine dei lavori, l'impianto sara' formato da 200
turbine eoliche giganti. Fonte: REUTERS; trad. di Fabio Quattrocchi
fabiocchi at inwind.it

OGM: ONU lancia progetto per i Paesi in Via di Sviluppo (PVS)
16 Gennaio 2002 - In vista dell'entrata in vigore del Protocollo di
Cartagena sulla biosicurezza, firmato da 107 paesi, ma sinora ratificato
solo da 10, l'UNEP (United Nations Environment Programme) ha lanciato un
progetto per aiutare oltre 100 paesi (in via di sviluppo) a sviluppare gli
strumenti legali e scientifici necessari a valutare i rischi derivanti dalle
importazioni di OGM (Organismi Geneticamente Modificati). Il progetto
durera' 3 anni e costera' 38.4 milioni di dollari forniti dal GEF (Global
Environment Facility), il braccio "ambientalista" della World Bank. Il
protoccollo richiede 50 ratifiche per entrare in vigore, e il suo scopo e'
assicurare la sicurezza del trasferimento e dell'uso di OGM che potrebbero
avere ripercussioni negative sulla conservazione e sull'uso sostenibile
della biodiversita', nonche' sulla salute umana. Il protocollo
e' il primo trattato ambientale legale che istituzionalizza il principio di
precauzione. Esso obblighera' i paesi che esportano OGM ad informare i paesi
importatori, cosicche' questi ultimi potranno decidere se accettare o
rifiutare il carico. Il progetto lanciato oggi dall'UNEP permettera' ai PVS
di avere gli strumenti utili a prendere questo tipo di decisione. I paesi
che hanno ratificato il protocollo sono Bulgaria, Rep. Ceca, Fiji, Lesotho,
Nauru, Norvegia, Saint Kitts and Nevis, Olanda, Trinidad e Tobago, ed
Uganda. Fonte: UNEP; traduzione di Fabio Quattrocchi fabiocchi at inwind.it

USA: BP Amoco rinuncia al petrolio in Alaska
16 Gennaio 2002 - Dopo anni di pressione da parte di Greenpeace ed altri
gruppi ecologisti, la multinazionale petrolifera BP Amoco ha annunciato che
abbandonera' il progetto di perforare il pozzo petrolifero Liberty, in
Alaska. Il piano si sarebbe dovuto realizzare nel Mar di Beaufort, a 40
miglia dal pozzo petrolifero Northstar. Come per quest'ultimo, lo
sfruttamento del pozzo Liberty avrebbe comportato la costruzione di una
piattaforma petrolifera a 6 miglia dalla costa settentrionale dell'Alaska,
nonche' un oleodotto sottomarino per far confluire il greggio verso
oleodotti piu' grandi. Greenpeace sostiene che i piani dell'amministrazione
Bush di aprire allo sfruttamento petrolifero l'Arctic National Wildlife
Refuge (una zona protetta), avra' un simile esito. Fonte: Greenpeace USA;
Traduzione di Fabio Quattrocchi fabiocchi at inwind.it