"Fallimento del Comune di Taranto rispetto all'emergenza ambientale"



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INTERVENTO
DEL VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE AMBIENTE
DELLA REGIONE PUGLIA
Luciano Mineo (DS)

E’ arrivato il momento di parlare chiaro sul modo in cui il Comune di Taranto ha gestito, sino ad oggi, l’emergenza ambientale. Come è noto, nella fase iniziale della legislatura in corso, abbiamo sostenuto il Sindaco quando ha manifestato l’intenzione di condurre una battaglia contro l’inquinamento e a tutela della salute dei cittadini. Lo abbiamo fatto perché abbiamo avvertito il dovere prioritario di favorire ogni iniziativa finalizzata al conseguimento degli interessi collettivi. Lo abbiamo fatto anche per mettere il Sindaco alla prova, per verificare la reale volontà di modificare radicalmente il rapporto tra la città e la grande industria. Alla prova dei fatti, non possiamo che prendere atto del fallimento totale del Comune rispetto alla più importante delle emergenze che attanagliano Taranto: quella ambientale. I dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità sulle morti attribuibili all’inquinamento ambientale sono assolutamente drammatici ed indicano un processo di ulteriore aggravamento della situazione. Di fronte a questi dati Rossana Di Bello ha pensato di tirare fuori l’ennesimo coniglio dal cilindro: la richiesta al Presidente del Consiglio di una legge speciale per Taranto. Voglio essere chiaro: questa richiesta costituisce solo la definitiva dimostrazione del fallimento del Comune in materia ambientale. Essa ha il sapore dell’ammissione di una incapacità che si cerca in tutti i modi di occultare. A mio parere, si tratta di uno sforzo inutile. Non si può nascondere che, sino ad oggi, non è stato conseguito un solo risultato. Non si può nascondere che le ormai famose batterie dell’Ilva continuano a funzionare, che il parco minerali è ancora posizionato a ridosso del quartiere Tamburi e che le polveri inondano più di prima le case dei cittadini. Insomma, non si può nascondere che nulla è concretamente cambiato nel rapporto tra la grande industria e la città. Naturalmente, le responsabilità non sono solo del Comune. Grandi responsabilità, forse addirittura maggiori di quelle del Comune, hanno la Provincia e, soprattutto, la Regione. La richiesta da parte del Sindaco di una legge speciale significa, soltanto, continuare in una gestione propagandistica e strumentale dell’emergenza ambientale. Significa far perdere tempo (e, com’è noto, Taranto non può più perdere tempo inutile) e deviare dall’unico percorso amministrativo ed istituzionale che può far raggiungere a Taranto risultati concreti. La nuova legislazione relativa alle funzioni dello Stato ha trasferito le competenze in materia ambientale alle Regioni e agli Enti locali. Lo Stato ha il compito di destinare a Taranto le risorse sufficienti per affrontare l’emergenza ambientale. Obiettivo che si può raggiungere attraverso strumenti più rapidi ed efficaci di una legge speciale, che avrebbe tempi lunghissimi, ammesso che fosse condivisa dalla maggioranza del Parlamento. Il problema è un altro: le risorse dello Stato quali progetti devono finanziare? La risposta è semplice: devono finanziare i progetti elaborati dagli Enti locali territorialmente interessati. Spetta, dunque, alla Regione, alla Provincia e, proprio, al Comune di Taranto predisporre i progetti necessari per portare Taranto fuori dell’emergenza ambientale drammatica in cui versa. Questo è il problema, salvo che non si rivendichi una legge speciale per finanziare i progetti dell’Ilva e della grande industria. Invierò al Sindaco la legge regionale n. 17 del 2000, che ha rappresentato, nel bene o nel male (a seconda delle opinioni), una svolta storica. L’articolo n. 8 della legge in questione, che dedica l’intero capitolo III alle aree a elevato rischio ambientale, recita testualmente: “La Giunta regionale approva il piano di risanamento precedentemente elaborato dalle Province interessate, con eventuali modifiche, integrazioni e prescrizioni”. L’art. 10 così continua: ”Per ciascuna area a elevato rischio ambientale è redatto un piano di risanamento che individua le misure e gli interventi finalizzati a: a)ridurre o eliminare i fenomeni di squilibrio ambientale e di inquinamento, anche con la realizzazione e l’impiego di appositi impianti e apparati; b)favorire e promuovere lo sviluppo ambientalmente sostenibile dei settori produttivi e la migliore utilizzazione dei dispositivi di eliminazione o riduzione dell’inquinamento e dei fenomeni di squilibrio; c)garantire la vigilanza e il controllo sullo stato dell’ambiente, sull’attuazione degli interventi e sull’efficacia degli stessi a risolvere lo stato della crisi”. La legge prevede anche che “l’approvazione del piano comporta la dichiarazione di urgenza e di pubblica utilità di tutti gli interventi nello stesso previsti”. Infine, la normativa regionale prescrive che “unitamente al piano di risanamento viene proposto il piano finanziario, nel quale vengono indicate le risorse pubbliche e private, gli strumenti di gestione del piano, i tempi e le procedure per l’attuazione”. Dunque, il compito di predisporre progetti finalizzati all’abbattimento dell’inquinamento ambientale, alla bonifica di siti inquinati e alla promozione di uno sviluppo ambientalmente sostenibile spetta alla Regione e ai maggiori Enti locali del territorio. Ricordo soltanto che la Regione, la Provincia ed il Comune di Taranto sono guidati da maggioranze omogenee di centrodestra. E’ sufficiente che il Sindaco Di Bello ed i Presidenti Rana e Fitto si coordinino tra di loro per elaborare ed approvare, anche in tempi brevi, un piano di risanamento che costituisca una svolta sul piano ambientale. Perché non lo fanno? Perché il Sindaco scrive al Presidente del Consiglio per chiedere una legge speciale? Per ciò che riguarda il rapporto con la grande industria occorre un nuovo accordo di programma, certamente più avanzato ed incisivo di quello che fu sottoscritto nel 1998. La Regione e, ancora una volta , gli Enti locali, d’intesa con le organizzazioni sindacali, devono imporre alla grande industria investimenti strutturali capaci di modificare radicalmente l’impatto ambientale che essa ha sul territorio. Perché non si lavora per un nuovo accordo di programma? Che cosa impedisce che ci si muova con determinazione e con serietà in questa direzione? Perché si registra un totale immobilismo, soprattutto in sede regionale? Ho letto che il Sindaco ha proposto la legge speciale, addirittura, perché si realizzi a Taranto l’Agenzia nazionale di Protezione Ambientale. Questa richiesta (lo affermo senza mancare minimamente di rispetto nei confronti del Sindaco) è ridicola. L’ANPA, naturalmente, esiste già. E’ stata costituita, ovviamente con sede a Roma, dall’ex Ministro Edo Ronchi. Adesso va costituita l’Agenzia regionale per la protezione ambientale. La costituzione dell’ARPA spetta alla Giunta regionale. Sono praticamente obbligato a ricordare, per l’ennesima volta, che la Puglia rischia di essere l’ultima Regione ad avviare concretamente una struttura decisiva, anche per Taranto, nella prevenzione dell’inquinamento ambientale. Serve, allora, una legge speciale o siamo di fronte ad un’ennesima cortina fumogena che ha l’obiettivo di nascondere le vere responsabilità? La mia convinzione è che la proposta di legge speciale altro non è che il tentativo di avvolgere Taranto in una immensa ed accecante cortina fumogena. Si tratta di un tentativo grave ed irresponsabile che può avere conseguenze incalcolabili. Il destino, oggi, è nelle nostre mani. E’ nelle mani delle istituzioni a noi più vicine: il Comune, la Provincia, la Regione. Invito tutti a smetterla di far finta di non vedere questa nuova realtà e a rimboccarsi le maniche.