[Disarmo] Fwd: Via il sit-in. La crisi sudanese precipita in un massacro




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Da: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
Date: mar 4 giu 2019, 07:16
Subject: Via il sit-in. La crisi sudanese precipita in un massacro
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Via il sit-in. La crisi sudanese precipita in un massacro

Sudan. Mano pesante della giunta militare contro la protesta pacifica, si temono decine di morti. Fonti mediche parlano per ora di 13 vittime, molti feriti gravi e raid dei miliziani fin dentro gli ospedali

Khartoum, 3 giugno 2019 

Khartoum, 3 giugno 2019

 © Afp

Marco BoccittoIl Manifesto

04.06.2019

3.6.2019, 23:59

La crisi sudanese precipita in quella che sembra una versione locale, fatte le dovute proporzioni, di piazza Tienanmen. Lo sgombero promesso sabato scorso dai generali è iniziato all’alba di ieri. E il sit-in che dal 6 aprile esercitava la massima pressione possibile sul Consiglio militare di transizione (Tmc) per un passaggio del potere in mani civili, è stato assaltato e divelto intorno alle 5 da milizie paramilitari riconducibili alle Rapid Support Forces(Rsf) – uno dei tanti bracci armati dello stato, particolarmente in auge durante la trentennale presidenza di Omar al Bashir.

IL CREPITARE DELLE ARMIautomatiche, restituito da decine di video amatoriali che per tutta la giornata hanno documentato l’evolversi della situazione nelle strade, non fa presagire niente di buono. I militari negano l’uso eccessivo della forza, che invece è sembrato evidente. In serata la Commissione centrale dei medici sudanesi parlava di almeno 13 morti e numerosi feriti in condizioni critiche. Denunciando anche irruzioni armate negli ospedali, con il personale sanitario picchiato e i feriti trascinati via.

Che molti corpi senza vita potrebbero ancora trovarsi nelle strade – anche in considerazione del fatto che, proprio come a Pechino trent’anni fa, la maggior parte delle vittime si registrano nelle vie adiacenti alla piazza del concentramento principale – lo denuncia l’Associazione dei professionisti sudanesi (Spa), coordinatrice prima dell’ondata di proteste che ha invaso il paese mentre la crisi economica e quella delle libertà fondamentali si facevano sempre più severe, poi del confronto-scontro con la giunta militare che si è insediata al potere dopo l’arresto lo scorso aprile del presidente Omar al Bashir.

Il sito della protesta dopo il passaggio delle «Rapid Support Forces» (foto Afp)

Nelle prossime ore si avrà forse un quadro più chiaro di quanto successo ieri a Khartoum e anche a Omdurman, l’altro epicentro delle proteste. L’esercito ieri sera controllava le strade di entrambe le città. E dopo la chiusura nei giorni scorsi dell’ufficio di corrispondenza di Al Jazeera, i reporter internazionali sono stati costretti a restare nei loro hotel da non meglio identificati «agenti della sicurezza»,

È ovviamente sospeso il negoziato tra le parti – in ballo c’era la composizione dell’esecutivo e del Congresso che dovrebbero portare il paese alle elezioni in capo a un paio d’anni – e chissà se riprenderà mai. Le dichiarazioni di fuoco di ieri dicono che la soluzione della crisi non sarà rapida né pacifica.

DA UN LATO CI SONO I GENERALI del Tmc, che in questi due mesi hanno dovuto rivedere il loro progetto – un governo militare con sfumature islamiste sostenuto essenzialmente dall’Arabia saudita – e con riluttanza hanno concesso l’allontanamento dei generali più impresentabili per i legami con il vecchio regime; dall’altro i rappresentanti delle Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc), ampia ed eterogenea sintesi dell’opposizione, un mix di società civile e partiti politici che ha impedito con la mobilitazione permanente e trattative risolute due anni di leggi d’emergenza e di potere militare. Una formula che sapeva davvero troppo di restaurazione.

Certo, ogni volta che dal tavolo sembrava stesse per uscire l’accordo qualche provocazione violenta contro i manifestanti azzerava i progressi. Ci sono stati anche casi di militari che hanno difeso le gente in piazza dalle aggressioni di elementi deviati dell’esercito. Non sembra che la cosa si sia ripetuta ieri.

PER IL COLPO DI MANO le autorità militari hanno usato il pretesto dell’insicurezza. Generata a loro dire dal sit-in di fronte alla sede delle Forze armate. Vero obiettivo dell’azione di forza, riferiva ieri il portavoce della giunta, generale Shams al Din Kabbashi, erano le «attività criminali» che la piazza ospitava. Quali? Il generale a capo delle Rsf, Mohamed Hamdan Dagalo, uno che si è fatto le ossa in Darfur, dove le Rsf erano meglio note come janjaweed, non ha dubbi in proposito: hashish e prostituzione. «Sicurezza e moralità» sono così state ripristinate.

Visto dall’alto, il compound che contiene i vari quartier generali della Difesa e davanti al quale si era concentrata la protesta pacifica dei manifestanti, offre un’immagine di ordine altrettanto grottesco. L’edificio che ospita la Marina è a forma di scafo, quello dell’Aviazione a forma di aereo, quello delle forze di terra ricorda un tank… Accanto, le rovine fumanti del sit-in ci ricordano che non si tratta di Lego.