[Disarmo] Armi, da che parte sta la Cgil? di Arnaldo Scarpa - Comitato Riconversione RWM



Armi, da che parte sta la Cgil?

3 FEBBRAIO 2018 ARNALDO SCARPA - Comune INFO
Nel Sulcis Iglesiente, in Sardegna, un Comitato di cittadini si batte per la riconversione da industria bellica a civile della Rwm Italia, la fabbrica di bombe di Domusnovas, nota per produrre le bombe d’aereo che la coalizione saudita, dal 2015, sgancia sulle teste degli yemeniti in una guerra che ha causato oltre 10.000 morti tra i civili e una catastrofe umanitaria complicata da carestie, tanto da far affermare all’Onu che si tratta della maggiore emergenza dal 1946 a oggi. In questa lettera aperta il Comitato si scaglia contro la Cgil che rifiuta il tema della riconversione. Il rifiuto del dominio della guerra comincia nei territori. “Chi glielo dice agli yemeniti che muoiono sotto le nostre bombe, fatte ed esportate in barba alla Costituzione e alla legge 185/90, che vogliamo essere solidali con loro?… Che siamo compagni, perché dividiamo il nostro pane, non solo tra di noi ma con tutti i lavoratori del mondo?…”

Foto di Campagna Stop Bombe RWM (manifestazione a Domusnovas, aprile 2017)

di Arnaldo Scarpa

Alla gentile attenzione della Segretaria Generale della CGIL

Susanna Camusso

Compagna Susanna, sono Arnaldo Scarpa, iscritto da lunga data alla CGIL,insegnante, da oltre dieci anni membro della RSU del mio Istituto, già componente del direttivo provinciale FLC del Sulcis-Iglesiente e del direttivo regionale della Sardegna.

Dal maggio scorso sono uno dei due portavoce del Comitato per la riconversione della RWM di Domusnovas-Iglesias*, la fabbrica tristemente nota per produrre le bombe d’aereo che la coalizione saudita, dal 2015, sgancia sulle teste del popolo yemenita in una guerra che ha causato oltre 10.000 morti tra i civili e una catastrofe umanitaria complicata da carestie e pestilenze, tanto da far affermare all’ONU che si tratta della maggiore emergenza verificatasi dal 1946 ad oggi.

ARTICOLI CORRELATI

Di tutto questo dolore siamo responsabili anche noi cittadini della Sardegna e dell’Italia, a causa delle scelte scellerate del governo che autorizza tali esportazioni mortifere e delle connivenze di parte delle forze politiche e sindacali.

Mi sconcerta assai e perciò chiedo il tuo autorevole intervento la posizione sull’argomento del mio Segretario generale territoriale e della segreteria FILCTEM in particolare. Il primo rifiuta ogni tentativo di dialogo sul tema della riconversione. La seconda ha, addirittura, firmato due comunicati insieme alla CONFINDUSTRIA (udite, udite!) ed alla CISL (non era di ispirazione cristiana?) nei quali si afferma che la produzione della RWM va tutelata in ogni modo in quanto perfettamente legale e necessaria per non deprimere ulteriormente i livelli occupativi del territorio.

Di fronte al comunicato stampa, mi chiedo e chiedo a te, Susanna, se il nostro Statuto valga ancora qualcosa. In particolare se l’articolo 2 che dichiara la “pace tra i popoli bene supremo dell’umanità”, la “conquista di rapporti internazionali in cui tutti i popoli vivano insieme nella sicurezza e in pace” ispiratrice dell’azione sindacale, la “solidarietà attiva tra i lavoratori di tutti i Paesi” … “fattore decisivo per la pace”, sia diventato solo carta straccia o un paravento che maschera ben altre pratiche.

Illustrazione di Mauro Biani (pubblicata su il manifesto), qui la sua adesione alla nostra campagna

Chi glielo dice agli yemeniti che muoiono sotto le nostre bombe, fatte ed esportate in barba alla Costituzione (cfr. art.11 e art.41) ed alla legge 185/90, che vogliamo essere solidali con loro?Che crediamo nella pace tra i popoli come bene supremo? Che siamo compagni, perché dividiamo il nostro pane, non solo tra di noi ma con tutti i lavoratori del mondo?

Non ritieni che sia il caso di iniziare all’interno del sindacato un urgente lavoro di revisione delle posizioni fin qui assunte dalle strutture territoriali ed anche dei silenzi del nazionale per recuperare quel minimo di coerenza senza la quale si perde in credibilità ma anche, in fin dei conti, in sostanza sindacale. Se il sindacato smette di perseguire il principio della tutela della dignità dell’uomo e si allea con chi, pur di fare del profitto, passa sopra ai più elementari principi etici, che cosa ci sta a fare? Da cosa si distingue rispetto a qualsiasi altra organizzazione lobbistica?

Nessun lavoratore della RWM si è mai espresso pubblicamente sulle scelte aziendali. Sono tutti “orgogliosi di lavorare nel settore della difesa”, come gli hanno fatto sottoscrivere su carta intestata della ditta? In che senso poi intendano la “difesa” sarebbe da spiegare ai compagni yemeniti.

Oppure siamo di fronte a persone tenute sotto ricatto dal padrone tedesco (in questo caso)? Che cosa ne pensa la RSU? È normale che nessuno si esprima personalmente o in gruppo? Che nessuno accetti di dialogare con noi che, prima che RWM delocalizzi, vorremmo che si creassero alternative valide per tutti i dipendenti.

Inoltre, da quale parte sta la CGIL rispetto alla questione degli armamenti esportati dall’Italia in tutto il mondo, perfino negli Stati dove sono più evidenti le violazioni dei diritti umani e, fra l’altro, prodotti, in larga misura, da società partecipate dallo Stato?

Ti sarei grato e ti saremmo grati in tanti iscritti – pronti anche a ritirare la delega se dovesse perdurare questa latitanza rispetto ad un punto fondante dello Statuto – se potessi rispondere fattivamente quanto prima.

 

*Il Comitato Riconversione RWM per la pace ed il lavoro sostenibile si è costituito il 15 maggio scorso ad Iglesias ed è attualmente composto da oltre 20 aggregazioni locali, nazionali ed internazionali accomunate dallo scopo di promuovere la riconversione al civile di tutti i posti di lavoro dello stabilimento RWM sito tra i territori di Iglesias e Domusnovas, nell’ottica di uno sviluppo del territorio che sia pacifico e sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale e come segno di volontà di pace dal basso, che possa costituire uno stimolo alla cittadinanza attiva e alla politica nei vari territori nazionali e internazionali, necessario in questo clima di “guerra mondiale a pezzi”