[Disarmo] Motori ucraini sui missili di Pyongyang. Kiev nega, poi apre un’inchiesta



Motori ucraini sui missili di Pyongyang. Kiev prima nega, poi apre un’inchiesta

Corea del Nord. Rivelazioni del New York Times. Washington ha affermato di «seguire da vicino» la vicenda

Yurii ColomboMOSCA

Dopo la denuncia del New York Times, lo scandalo dei motori di produzione ucraina che sarebbero stati montati sui missili intercontinentali nordcoreani e testati a partire dal settembre 2016, non accenna a placarsi.

Lo scorso 14 agosto il Nyt aveva scritto che gli analisti della Cia «dopo aver analizzato le foto dei nuovi missili coreani in grado di raggiungere il territorio americano», sarebbero giunti alla conclusione che le nuove armi di Kim Jong-un monterebbero motori già in dotazione all’esercito sovietico. «I missili dotati di questi motori (P-36M -SS-18 Satan) vennero prodotti in collaborazione con il ministero della difesa russo anche dopo il crollo dell’Urss nella fabbrica della Juzmash di Dnepro nell’Ucraina Orientale». Secondo l’ipotesi formulata dal quotidiano Usa i motori sarebbero stati venduti sul mercato nero internazionale e in qual contesto acquistati da Pyongyang.

Tuttavia il dubbio che si possa in realtà trattare di una triangolazione commerciale, ha preso presto a farsi strada visto che la Juzmash dopo aver cessato di collaborare con la Russia nel 2014, si trova in profonda crisi, al punto di ritardare spesso il pagamento dei salari. La spregiudicata operazione, in questo caso, sarebbe stata intesa ad appianare il deficit aziendale.

La Juzmash e il governo ucraino avevano replicato respingendo ogni accusa e avevano parlato di «provocazione». Tuttavia il giornale americano, il giorno seguente, confermava le accuse.

A rendere ancora più ingarbugliata la matassa la Tv Russia24 ha reso ieri disponibile la registrazione di una telefonata tra un giornalista che si era finto funzionario del governo ucraino e il direttore della Juzmash il quale negando ogni coinvolgimento affermava che «i progetti per costruire i motori potrebbero in realtà essere stati forniti alla Corea del Nord dalla Cina o dalla Russia» o esser stati sottratti da tecnici nordcoreani che lavorarono presso la fabbrica nel 2011. L’insinuazione nei confronti della Russia è stata rispedita al mittente dal vice premier russo Dmitry Rogozin.

A confermare che non si tratti di una bolla di sapone è giunto ieri un secco comunicato del dipartimento di Stato americano che afferma di «seguire con attenzione la vicenda», aggiungendo che saranno prese tutte le misure necessarie una volta accertati i fatti.

Il messaggio deve essere arrivato forte e chiaro a Kiev. Petr Poroshenko, infatti, dopo alcune ore ha innestato la retromarcia e ha affermato di aver «aperto una inchiesta che entro 3 giorni appurerà quanto sarebbe in realtà avvenuto».