[Disarmo] Fwd: Usa-Giappone. Sul tavolo la difesa nazionale in condivisione con gli USA e il trattato Tpp



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Da: "Elio Pagani" <eliopaxnowar at gmail.com>
Data: 18 nov 2016 10:53
Oggetto: Usa-Giappone. Sul tavolo la difesa nazionale in condivisione con gli USA e il trattato Tpp
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Shinzo Abe in visita a New York primo leader straniero a incontrare Trump

Usa-Giappone. Sul tavolo la difesa nazionale in condivisione con gli Stati uniti e il trattato Tpp

Il Manifesto

Shinzo Abe

 © LaPresse

Marco ZappaTOKYO

EDIZIONE DEL18.11.2016

PUBBLICATO17.11.2016, 23:59

AGGIORNATO18.11.2016, 9:02

Costruire un rapporto di fiducia. Con questo imperativo il primo ministro giapponese Shinzo Abe si è recato a New York, primo leader mondiale a incontrare il neo eletto presidente degli Stati uniti Donald Trump. I due hanno discusso dei rapporti bilaterali tra i due paesi. Nessun accordo – per quelli bisognerà aspettare dopo l’insediamento – ma un primo faccia a faccia «esplorativo». Come ha ribadito lo stesso Abe prima di lasciare Tokyo, l’alleanza con gli Stati uniti è «la pietra angolare» della diplomazia del Giappone.

La reazione dell’apparato diplomatico giapponese all’elezione di Trump alla presidenza Usa è stata fulminea. Il 9 novembre scorso, quando ormai era chiara la vittoria di questi sull’avversaria democratica Hillary Clinton – vista certamente con più favore a Tokyo, anche per la sua maggiore esperienza politica e diplomatica – il governo giapponese aveva già dato ordine a Katsuhide Kawai, consigliere diplomatico del primo ministro, di recarsi al più presto negli Usa e prendere contatti con l’entourage di Trump. A stretto giro, a vittoria ormai confermata, Abe era, con il vantaggio del fuso orario, tra i primi leader mondiali a congratularsi con «The Donald». Ieri però il ministro delle Finanze Taro Aso ha detto in parlamento che l’incontro a due è stato richiesto dalla parte americana.

Alla base dell’incontro c’è, però, un altro fattore, forse ancor più determinante: l’imprevedibilità di Trump. In campagna elettorale, il candidato repubblicano ha invocato un ripensamento degli impegni americani nella difesa di paesi alleati come Giappone e Corea del Sud. Durante un comizio lo scorso agosto, Trump aveva usato toni duri in particolare nei confronti di Tokyo: «Se gli Stati uniti vengono attaccati, i giapponesi non devono fare nulla. Possono starsene tranquilli a casa a guardare le loro tv Sony».

Parole che, come molte altre, sono state ritrattate dopo la vittoria. Nel corso di una telefonata il 10 novembre scorso, Trump avrebbe rassicurato Abe che la sua presidenza rispetterà tutti i trattati di sicurezza in essere tra Giappone e Usa. Ma questo non è bastato ad Abe, che ha approfittato di uno scalo a New York sulla via del vertice Apec in Perù – dove incontrerà Vladimir Putin – per organizzare un faccia a faccia con il prossimo comandante in capo degli Stati uniti. Il premier giapponese sembra deciso a «istruire» Trump sull’importanza dei rapporti nippo-americani, a cominciare dalla fair share pagata da Tokyo per la difesa nazionale in condivisione con gli Usa: il Giappone spende infatti ogni anno in totale circa 4 miliardi di dollari per il mantenimento di quasi 50mila militari americani sul proprio territorio. Il cosiddetto omoiyari yosan, «budget di cortesia», si aggira intorno al 75 per cento della spesa totale dei due governi ed è il più alto tra i paesi che ospitano basi americane sul loro territorio (l’Italia ad esempio, contribuisce al 40 per cento). Un eventuale disimpegno americano si tradurrebbe in un aumento della spesa militare insostenibile per le casse del governo giapponese.

Oltre a modificare gli assetti di sicurezza regionali, il timore di Tokyo è che Trump adotti politiche commerciali protezioniste. In particolare, l’entrata in vigore della Trans-Pacific Partnership (Tpp), l’accordo di libero scambio tra dodici paesi che si affacciano sul Pacifico, potrebbe saltare, chiudendo importanti sbocchi commerciali alle industrie giapponesi. Cosa non gradita al premier giapponese che in nome del Tpp ha sacrificato fette di elettorato nelle provincie agricole del paese dove è forte l’opposizione a un accordo accusato di penalizzare i produttori locali.