[Disarmo] Non ci si prende cura di Aleppo con la Perugia-Assisi



DA PARTE DI ALFONSO NAVARRA
Come dicono gli ultimi due Papi, che immodestamente cito, la Carità, per condurre all'obiettivo della liberazione integrale dell'uomo, ha bisogno della guida della Ragione, altrimenti resta cieca ed inefficace.
La catena dei fatti esemplari cui non restare indifferenti del post sotto riportato, tipico dell'entusiasmo post marcia Perugia-Assisi: 1) Aleppo, 2) migranti naufraghi nel Mediterraneo; riflette le priorità proposte ed imposte dai media main stream.
Aleppo, disgraziatamente, non è una strage isolata nell'attuale corso del mondo e la sua causa è comunque da far risalire ad una secondaria guerra geopolitica che ha come posta la sopravvivenza del regime alawita di Assad in Siria. E' vero che in quella regione oggi stanno menando le mani in parecchi, grossi, medi e piccoli briganti "legali", sia direttamente che per procura. Il problema però da tenere presente è che si tratta di un tassello della "guerra mondiale a pezzi" che si sta combattendo e che può anche confluire in una deflagrazione unica, persino atomica.
Le rotte nel Mediterraneo sono secondarie nei flussi di profughi e, parlando di morti per strada lungo la fuga da guerre, dittatura, miserie provocate anche da catastrofi ambientali, non sarebbe secondario, ad esempio, porre attenzione a quelli, più numerosi, che sono massacrati dai predoni o vengono "asciugati" dalla sete nel deserto del Sahara. Per queste persone il paradosso è che tentare la traversata in mare è già una fortuna! Secondo uno studio  pubblicato dal rappresentante speciale dell’Onu per i Diritti Umani dei Migranti, François Crépeau, si stima che fra il 1998 e il 2012 più di 16.000 persone sono morte in questi viaggi "africani".
Una storia terribile è stata raccontata con un video: il reporter dell’Espresso Fabrizio Gatti dell’Espresso aveva ottenuto un filmato che mostrava meglio di qualsiasi reportage cosa volesse dire morire nel deserto.
"Le mani nere sollevate ad afferrare l’aria. Pochi passi oltre, il vento sulla camicia anima la smorfia dell’ultimo respiro di una donna. E subito accanto, il corpo di un ragazzo ancora chino nella preghiera da cui non si è mai rialzato. Muoiono così gli immigrati. Così finiscono gli uomini e le donne che non sbarcano più a Lampedusa. Bloccati in Libia dall’accordo Roma-Tripoli e riconsegnati al deserto. Abbandonati sulla sabbia appena oltre il confine. A volte sono obbligati a proseguire a piedi: fino al fortino militare di Madama, piccolo avamposto dell’esercito del Niger, 80 chilometri più a Sud. Altre volte si perdono. Cadono a faccia in giù sfiniti, affamati, assetati senza che nessuno trovi più i loro cadaveri".
(Vai su: http://www.giornalettismo.com/archives/1792795/migranti-morti-deserto/).
Prendersi cura di Aleppo: cosa vuol dire, in concreto?
Se cediamo agli impulsi di pancia dell'informazione manipolata dal Grande Militarismo o dalla contro-informazione del complottismo no-war affascinato da Putin si rischia di suscitare il clima per l'appoggio dell'opinione pubblica a due soluzioni simmetricamente erronee e dagli esiti pericolosissimi.
La prima reazione deriva dalla seguente visione dei fatti: il dittatore Assad, aiutato dagli aerei russi, sta massacrando senza pietà il suo popolo - bambini in primis, colpiti persino negli ospedali  - che chiede solo di vivere in democrazia e per questo protesta diciamo vivacemente. Bisognerebbe allora appoggiare la minaccia USA di sparare ad ogni aereo siriano in volo passando per una fase in cui si chiede a Putin: "Di' al tuo amico di Damasco di stare calmo e di tenere i suoi bombardieri a terra, altrimenti ce ne sono anche per te, caro ex KGB"...
Vi è poi un'altra allucinata concezione, che vede un legittimo governo aggredito da una ribellione costruita negli alambicchi della CIA. Secondo questa analisi, si vorrebbe, da parte "imperialista", disgregare la "Nazione siriana" e la "guerra civile" sarebbe solo una mascherata portata avanti da mercenari Jihadisti dalle varie sigle ma tutte al comando di Washington e dei suoi alleati geopolitici.  La Russia, in questo contesto, interviene con generoso disinteresse a difesa del diritto internazionale. Quindi bisognerebbe mobilitarsi nei soliti cortei dietro lo striscione: "Giù le mani dal valoroso popolo siriano (identificato con Assad)".
Noi, donne e uomini di buona volontà, che non abbiamo portato il cervello all'ammasso, dobbiamo per forza schierarci con l'una o l'altra parte del fronte armato? Oppure, dal calduccio delle nostre dimore occidentali, ci basta irenicamente invitare Assad ed al Bagdadi a darsi reciprocamente bacini sulle guance perché ripetiamo a pappagallo le giaculatorie di una nonviolenza generica? 
Dal convegno di Palermo del 23 settembre, in particolare nel suo documento preparatorio, mi pare sia venuta l'indicazione di una terza via, quella della nonviolenza come strategia politica.  Rinvio ad esso per approfondimenti (vai, tra gli altri, al link: https://www.facebook.com/senzatomica/posts/1368961333132031). Non mi sembra che la Perugia Assisi, quest'anno come quasi sempre sotto la gestione Lotti, sia andata oltre l'ovvia costatazione che "la pace è bella ed essere fratelli e sorelle è benedetto da Dio".  Dobbiamo imparare da Gandhi: occorrono sempre parole d’ordine ed obiettivi specifici, che siano soluzioni alternative alle sfide che la situazione concreta propone. 
Marciare in 50.000 è meglio che discutere tra quattro gatti, ma bisogna stare attenti alla circostanza che un pacifismo che si fa presentare come folkroristico e strumentalizzato porti acqua al mulino di chi sa portare l'opinione pubblica italiana a volere per l'80% il muro contro gli stranieri (vedi sondaggio di Ilvo Diamanti). Qui da noi Trump vincerebbe a mani basse nonostante le volgarità contro le donne, del resto simili a quelle che abbiamo dovuto subire dal Berluska...

PERUGIA-ASSISI: NON TUTTI SONO INDIFFERENTI
Non tutti sono indifferenti alle
stragi di civili ad Aleppo. Non tutti
ignorano le grida di aiuto dei
migranti che lottano contro la
morte nel Mediterraneo. Non tutti
respingono, alzano muri, spargono
odio e divisioni.
Domenica, 9 ottobre 2016, decine
di migliaia di persone e
organizzazioni di diverso
orientamento culturale, politico e
religioso, provenienti da tutt'Italia,
hanno partecipato alla Marcia
Perugia-Assisi della pace e della
fraternità.
Un fatto unico in Europa.
Domenica prossima una grande
manifestazione popolare romperà
il silenzio inquietante che circonda
le tante, troppe, tragedie vicine e
lontane dei nostri giorni. Un
cammino di pace lungo 24
chilometri per dare voce a chi non
ha voce, per scuotere i
responsabili della politica ma
anche per rafforzare ed estendere
l’impegno di chi non si è
rassegnato.
Sono venuti da 466 città
a piedi, in bicicletta, in auto, in
treno, in autobus.
Sono le ragazze e ragazzi, bambini
e bambine, giovani, studenti,
famiglie, cittadini e rappresentanti
di gruppi, associazioni,
organizzazioni, scuole, Comuni,
della Marcia Perugia-Assisi.