[Disarmo] R: R: Re: F35: problemi sicurezza, timori per occupazione nel novarese



Ha ragione Jure, il problema non è con cosa  sostituire le fabbriche dei cacciabombardieri.  Il nostro disgraziato paese ha un dissesto idrogeologico che darebbe lavoro a tecnici  ed operai, di ogni livello,  per decine di anni .E mettere in sicurezza il territorio è un investimento che porta sicuri risparmi futuri in luogo delle  emergenze.  Il problema è la sudditanza e la perdita di sovranità che ne è derivata dopo l'ultimo conflitto mondiale. 
Si dica chiaro quello che tutti hanno capito: le decisioni non le prendiamo noi.
sebastiano

-----Messaggio originale-----
Da: disarmo-request at peacelink.it [mailto:disarmo-request at peacelink.it] Per conto di Jure Ellero LT
Inviato: sabato 5 luglio 2014 20:08
A: disarmo at peacelink.it
Oggetto: [Disarmo] R: Re: F35: problemi sicurezza, timori per occupazione nel novarese

Bella intenzione, la riconversione. Ma non è questione di lungimiranza, è faccenda di sovranità limitata, o sudditanza che dir si voglia. Sia Giuliano che Franco infatti sembrano ignorare i nostri obblighi in politica internazionale, quale portaerei NATO-Usa nel Mediterraneo, regione chiave come anche scritto nel Libro bianco della nostra in apparenza sprovveduta (?) ministra della guerra. Per non dire degli obblighi in politica economica UE (ma anche mondiale) con ruolo di satellite produttivo europeo di secondo girone (il primo è Germania-Francia, il terzo le periferie europee orientali, il quarto le terre da depredare nel cosiddetto terzo mondo). Il problema sta a monte, e la soluzione non la troveremo in nessun socialdemocratico neoliberale. 
Se proprio vogliamo provarci la soluzione sta altrove, mettendo in conto di suscitare risposte imperialiste quali quelle sperimentate da Venezuela, Ukrajna, Jugoslavia ecc...
All'operaio FIOM va detto che le mongolfiere nemmeno servono, seppur meno inutili degli F-35 e non offensive. La riconversione si potrebbe orientare su velivoli civili utilizzabili in campo agricolo o di difesa del territorio (antincendio, ad esempio, ma anche di difesa nazionale in un quadro di repubblica democratica non allineata, tanto per dire).
Ma come dicevo, la soluzione del problema sta a monte, è politica.
Chiaro che partendo da questi argomenti si potrebbe stendere un libro, organizzare vari convegni, cambiare la testa di parecchia gente e infine preparare la rivoluzione. Ma non è cosa da sviluppare in un e-mail, e non è compito primario di Peacelink.

Jure

Il 05/07/2014 15:33, farabir.fb ha scritto:
> Giusto, condivido quanto scrive Giuliano. Ma per pensare alla 
> riconversione ci vorrebbero governanti centrali e locali molto 
> lungimiranti. La lungimiranza non è una dote dei nostri politici 
> perchè ha tempi lunghi mentre i politici hanno bisogno di tempi brevi 
> per far cassa in termini di voti e di prestigio.
> Franco
> -----------------------------------------
> Franco BORGHI
> Via Frescobaldi 13 - 44042 CENTO
> Tel. 051.6836715
> Cell.348.3802633
> E-mail: xenos at iii.it <mailto:xenos at iii.it> - farabir at iii.it 
> <mailto:farabir at iii.it>
>
>     ----- Original Message -----
>     *From:* Giuliano Falco <mailto:giulianofalco at gmail.com>
>     *To:* disarmo <mailto:disarmo at peacelink.it>
>     *Sent:* Saturday, July 05, 2014 3:13 PM
>     *Subject:* Re: [Disarmo] F35: problemi sicurezza, timori per
>     occupazione nel novarese
>
>     non c'è altra via: riconversione dell'industria
>     militare...altrimenti: zitti e marciare!
>
>     Giuliano Falco
>
>
>
>
>
>
>     Il giorno 05 luglio 2014 09:38, rossana123 at libero.it
>     <mailto:rossana123 at libero.it> <rossana123 at libero.it
>     <mailto:rossana123 at libero.it>> ha scritto:
>
>
>             Il nostro convegno servirà a mettere a punto una serie di
>             cose fra cui:
>
>
>
>             Sindacati preoccupati. Sindaco Cameri, attendiamo 
> informazioni
>
>
>         (ANSA) - NOVARA, 4 LUG - "La decisione del Pentagono di lasciare
>         a terra gli F35, dopo l'incendio verificatosi in Florida, ci
>         preoccupa. Attendiamo di avere notizie certe in merito alle
>         eventuali ripercussioni sul progetto". Lo afferma il segretario
>         generale della Cisl Piemonte Orientale, Luca Caretti, esprimendo
>         preoccupazione per le ricadute occupazionali in provincia di Novara.
>              Attualmente nello stabilimento novarese della Faco sono
>         impiegati circa 200 persone: un'ottantina sono giovani diplomati
>         del territorio, 80 provengono dagli Stati Uniti e altri 130 sono
>         stati trasferiti dallo stabilimento Alenia di Caselle Torinese.
>              "La preoccupazione c'era e oggi non può che aumentare",
>         commenta Valeria Galli, sindaco di Cameri, il comune dove ha
>         sede l'impianto Faco. "In attesa di conoscere i dettagli del
>         libro bianco del governo sulla Difesa - aggiunge - la settimana
>         prossima saremo in visita ufficiale all'aeroporto di Cameri: in
>         quella sede cercheremo di avere informazioni chiare sulle
>         conseguenze che questo incidente può avere sullo stabilimento.
>              Bisognerà capire, a questo punto, qual è la quantità di
>         investimenti e di risorse che saranno eventualmente messe in
>         discussione, a fronte dell'enorme investimento che lo Stato
>         Italiano ha già fatto". (ANSA).
>
>
>         vi ricordate l'articolo del 3 luglio 2013 sulla Stampa? Ora
>         siamo alla resa dei conti:
>
>
>         Gli F35 e il dilemma dei sindacati
>
>         Il reportage - A Cameri, in Piemonte. L'operaio della Fiom:
>
>         no alla guerra, ma mettetevi nei miei panni
>
>         CAMERI (Novara) - Dentro i 16 miliardi di tagli veri, presunti o
>         in bilico agli F35 ci sono anche i 2.200 euro al mese
>         dell'operaio Bruno Castellani, che lavora in Alenia da
>         vent'anni, è iscritto alla Fiom, ogni anno fa la marcia della
>         pace, ma tiene anche famiglia numerosa e monoreddito, il suo.
>         «Certo che se ci mettessimo a costruire mongolfiere sarei più
>         contento, chi non lo sarebbe. Ma non è possibile riconvertire la
>         produzione, e insomma, si metta nei miei panni».
>
>         Almeno proviamoci. Martedì mattina, ai cancelli della base di
>         Cameri, il giorno dopo l'ennesima crisi di nervi generale sulla
>         sorte dei famosi caccia bombardieri «americani» acquistati,
>         forse, dall'Italia. Oddio, cancelli. Piuttosto, una linga fila
>         di inferriate, filo spinato e torrette a protezione dei dieci
>         capannoni nati negli ultimi tre anni sui prati che costeggiano
>         il sito del vecchio aeroporto militare un tempo intitolato a
>         Natale e Silvio Palli, eroi della prima guerra mondiale. Rumore
>         continuo di martelli pneumatici che picchiano per l'allargamento
>         di un hangar, bulldozer che spianano terreno. Il materiale per
>         l'avvio della produzione continua ad arrivare ogni giorno e
>         viene assemblato in tempo reale. Mentre la storia degli F35
>         ristagna, lo stabilimento che dovrà assemblarli sembra un formicaio.
>
>         «Alla fine li faremo, qui ne siamo convinti» dice Bruno. «Quando
>         il progetto venne approvato a Roma erano tutti d'accordo. E
>         sapevano bene che di trattava di aerei da guerra, mica
>         giocattoli. Noi abbiamo sempre fatto questo». Anche lui, come
>         tutti gli altri, è in trasferta. Dalla sua casa di Torino a
>         questa distesa di campi irrigati che lambisce il Ticino. Un'ora
>         e mezza ad andare, altrettanto a tornare.
>
>         L'aeroporto di Cameri ha smesso da molto tempo di ospitare
>         reparti di volo. Oggi è la fabbrica degli F35 americani, che
>         proprio per questo hanno l'hanno voluta all'interno di una base
>         militare, con tutta la segretezza che ne consegue, compresa per
>         statuto l'assenza di una rappresentanza sindacale. Il sito è un
>         gigantesco alveare ancora vuoto, in attesa di essere riempito
>         dalla commessa che per molti sta diventando sinonimo di spreco,
>         o di soldi spesi male. I nuovi assunti sono trenta. Gli altri
>         settanta, operai e ingegneri dell'Alenia di Caselle sono in
>         appoggio, pendolari o alloggiati all'interno della base, che
>         dista una quindicina di chilometri dal paese. Un avamposto. Il
>         grosso della forza lavoro arriverà solo quando tutto sarà
>         chiaro, chissà quando.
>
>         Nella disfida dei numeri che fa da supporto alla contesa
>         ideologica l'unica bussola è un monumentale schedario appoggiato
>         su una scrivania all'ufficio delle attività produttive primo
>         piano del municipio. L'impiegata lo solleva con una certa fatica
>         per riporlo nell'armadio. Sono 2.300 richieste di assunzione
>         alla base militare arrivate da tutto la regione, e oltre. «Non
>         di nostra competenza» dice l'impiegata. «Noi possiamo solo
>         smistarle».
>
>         Prima il Tav in Val Susa, poi gli F35 nel novarese. Il Piemonte
>         sembra la palestra del confronto tra lavoro «buono» e lavoro
>         «cattivo», con entrambi gli aggettivi sottoposti a rigorose
>         virgolette. Bruno perde la pazienza. «Questa distinzione non la
>         capisco. Specialmente di questi tempi». Emilio Lonati, ex
>         metalmeccanico, segretario della Cisl del Piemonte orientale,
>         rappresenta al meglio il dilemma dei sindacati territoriali
>         sugli F35. Lui, che nella vita di tutti i giorni è anche perito
>         all'Agusta, pensa tutto il male possibile della svolta
>         produttiva che ha portato la nostra aeronautica verso l'America.
>
>         Ma ogni giorno bussano alla sua porta persone che chiedono
>         «prospettive occupazionali», un modo per definire la
>         disperazione in sindacalese. E quindi la consueta propaganda sui
>         posti di lavoro che verranno lo fa infuriare, perché dai 12.000
>         del 2007 si è passati chissà come a una stima realistica che si
>         aggira su 2.000 nuove assunzioni, contando l'indotto. «Certo,
>         anche così rappresentano una possibilità unica e irripetibile.
>         Sono posti preziosi e utili per un'area in crisi come il
>         Piemonte orientale».
>
>         Vista dalla prospettiva di Cameri, la contesa sugli F35 è un
>         vicolo cieco dove le sacrosante questioni di principio fanno a
>         pugni con lo stato di necessità. Neppure i duri della Fiom ce la
>         fanno a trovare un punto d'equilibrio. Come tutte le aziende
>         della produzione militare, l'Alenia di Caselle ha un tasso di
>         sindacalizzazione non elevato. Solo il 35 per cento dei tremila
>         dipendenti possiede una tessera, e 1.200di queste sono dei
>         metalmeccanici Cgil, che nel resto d'Italia fanno fuoco e fiamme
>         contro l'acquisto degli F35. Anche qui, ma con notevoli
>         arrampicate sugli specchi, ammesse con molta sincerità. Antonio
>         Fraggiacomo, tosto delegato Fiom dell'Alenia, considera la
>         scelta degli F35 l'ennesima occasione perduta dell'industria
>         aeronautica italiana, in questa occasione ridotta a manovalanza
>         degli odiati yankee. Perfetto, e se poi non li fanno, quei
>         caccia americani? Fraggiacomo allarga le braccia. «Senza
>         commesse sicure rischiamo di chiudere». Bruno Castellani scuote
>         la testa. «Poi lo racconti tu a mia moglie»? I vicoli ciechi
>         hanno questo di brutto, che non se ne esce.
>
>         5 luglio 2013
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