[Disarmo] Un nuovo muro da Eilat al Golan



Michele Giorgio, GERUSALEMME,


Israele/Territori Occupati. Lo ha annunciato domenica il premier Netanyahu "per proteggere il paese dalla minaccia islamista a oriente" , aggiungendo che il suo governo non rinuncerà alla Valle del Giordano. Hafez Barghouti: Israele ha decretato la fine della soluzione dei due Stati

Era l’inizio di giu­gno di 12 anni fa quando i primi colpi di vanga die­dero ini­zio al pro­getto del Muro in Cisgior­da­nia, for­te­mente voluto dal governo del pre­mier israe­liano Ariel Sha­ron. Un sofi­sti­cato recinto che in ori­gine doveva essere “solo” di 364 km di lun­ghezza, 52 dei quali eretti nella zona di Geru­sa­lemme. Ora quel ser­pente di cemento armato e reti­co­lati elet­tro­nici corre in pro­fon­dità den­tro il ter­ri­to­rio pale­sti­nese per quasi 800 km. Ariel Sha­ron, e prima di lui altri lea­der israe­liani, lo defi­ni­rono «una bar­riera di sicu­rezza» dal ter­ro­ri­smo e dai kami­kaze. Per i pale­sti­nesi è “il muro dell’apartheid”. Dome­nica sera, facendo rife­ri­mento ancora alla “sicu­rezza” nazio­nale, messa a rischio ad oriente dalle offen­sive armate dei qae­di­sti, il pre­mier israe­liano Neta­nyahu ha annun­ciato che Israele costruirà un nuovo muro che da Eilat, lungo la Valle del Gior­dano, si con­giun­gerà a quello in costru­zione sul Golan siriano occu­pato. Di muri Israele ne ha costruiti altri oltre a quello che corre da nord a sud della Cisgior­da­nia occi­den­tale. Ha com­ple­tato quello a sud sul con­fine con l’Egitto, sta ulti­mando quello sul Golan e una bar­riera lunga alcuni chi­lo­me­tri è in fase di costru­zione davanti al Libano. Di que­sto nuovo muro che chiude Israele in una for­tezza di cemento e dei diritti negati ai pale­sti­nesi, abbiamo par­lato con l’analista Hafez Bar­ghouti, ex diret­tore del quo­ti­diano al Hayat al Jadida di Ramallah.

Quanto pesa l’annuncio del nuovo muro

Tanto, è un duro colpo a qual­siasi spe­ranza di un accordo nego­ziato dalle due parti. E’ il colpo mor­tale al nego­ziato, fermo ormai da aprile, e alla solu­zione dei due Stati. Il nuovo muro che Neta­nyahu vuole costruire da Eilat al Golan pas­serà per la Valle del Gior­dano e sarà pre­si­diato da ingenti forze mili­tari, come avviene per la bar­riera che scende lungo la Cisgior­da­nia occi­den­tale. E ha fatto que­sto annun­cio ben sapendo che i pale­sti­nesi non accet­te­ranno mai la pre­senza di sol­dati israe­liani all’interno del loro Stato. Temo che abbia avuto lo scopo pro­prio di far sal­tare qual­siasi ipo­tesi di ripresa delle trat­ta­tive e di affer­mare la volontà di por­tare a ter­mine la seconda fase del pro­getto del movi­mento sio­ni­sta, annet­tere a Israele il resto della Pale­stina rin­chiu­dendo i pale­sti­nesi in una sorta di riserve indiane.

Neta­nyahu dice che la Valle del Gior­dano e il Muro ser­vi­ranno a tenere indie­tro i mili­ziani qae­di­sti che oggi occu­pano Iraq e Siria e che domani, afferma, potreb­bero attac­care la Gior­da­nia, met­tendo a rischio la sicu­rezza di Israele.

Sono pre­te­sti per otte­nere con­sensi alla sua poli­tica di occu­pa­zione dei nostri ter­ri­tori. Il con­trollo della Valle del Gior­dano e la costru­zione di un muro non dareb­bero alcun sicu­rezza in più a Israele. Per il sem­plice motivo che oggi le guerre non si com­bat­tono più con i carri armati, con l’impiego di decine di migliaia di uomini. I peri­coli che Neta­nyahu dice di temere saranno even­tual­mente rap­pre­sen­tati da mili­ziani armati di razzi, mis­sili e cose simili che non potranno essere fer­mati da un muro o dal con­trollo della Valle del Gior­dano. La stra­te­gia è sem­pre la stessa e non è stato Neta­nyahu a met­terla per primo su carta. Anche il (pre­mier) labu­ri­sta Ehud Barak imma­gi­nava una solu­zione simile a quella che pro­pone oggi il primo mini­stro israeliano.

Per­chè l’Autorità nazio­nale pale­sti­nese non ha ancora rea­gito alla noti­zia del nuovo muro.

L’Anp è con­fusa, non sa cosa fare, è sotto pres­sione da parte di tutti. Aspetta di regi­strare le rea­zioni di cit­ta­dini israe­liani e pale­sti­nesi per poi deci­dere una sua rispo­sta alla mossa israe­liana. Deve fare i conti con Fatah, con Hamas, con la gente, con tutti. E come spesso accade non prende posi­zione. Un atteg­gia­mento che certo non aiuta a rea­liz­zare le aspi­ra­zioni dei palestinesi.

E’ già finita l’esperienza del governo di unità nazio­nale con Fatah e Hamas dentro.

Credo di sì, ben pochi ci cre­dono ancora. In tutta sin­ce­rità dob­biamo anche dire che Hamas, o gran parte del movi­mento isla­mico, non ha mai voluto sin­ce­ra­mente la ricon­ci­lia­zione. Così come den­tro Fatah si regi­stra un approc­cio simile. Neta­nyahu con le sue poli­ti­che, i suoi annunci, ha saputo gio­care la sua par­tita tra le divi­sioni pale­sti­nesi, e il suo van­tag­gio è sensibile.