In frenata l'export di armi



Sono diminuite le esportazioni di armi italiane nel 2012. Il valore delle operazioni di export autorizzate dal ministero degli Esteri è stato di 2.725,56 milioni di euro, 334,3 milioni in meno del 2011 (-10,92%).

I dati sono contenuti nella relazione del governo al Parlamento sull'export di «materiali di armamento», trasmessa dal premier Enrico Letta il 18 giugno, un documento inedito. In una lettera di sei righe, Letta puntualizza che la relazione è stata «preparata dal precedente governo (...) con allegate le relazioni dei ministri», ai sensi della legge 185/90.

Questi valori riguarda l'export definitivo, sono esclusi i programmi governativi di cooperazione internazionale, cioè l'export di materiali per la produzione ad esempio di aerei come Eurofighter o F-35, le fregate Fremm, alcuni tipi di missili. Il totale delle esportazioni autorizzate per programmi governativi di cooperazione è diminuito del 34,85% a 1.434,6 milioni.

Facendo la somma delle due voci, la relazione dice che «il valore globale delle licenze di esportazione definitiva è stato di di 4.160 milioni», in calo del 20,9% sul 2011. Ma il vero export è solo di 2.725,56 milioni. Escludendo i programmi di cooperazione, il primo mercato dell'export italiano nel 2012 è Israele, con 472,91 milioni per aeromobili e «armi con calibro superiore a 12,7 millimetri». Secondi gli Usa con 419 milioni, in base alle tabelle del ministero degli Esteri composti da «armi di calibro superiore a 12,7 millimetri», munizioni, bombe, siluri, missili, veicoli terrestri, navi da guerra, aeromobili, apparecchiature elettroniche. L'Algeria ha comprato 262,86 milioni di «apparecchiature elettroniche» e aeromobili (in questa categoria anche gli elicotteri). Poi il Turkmenistan, con 215,82 milioni di «sistemi d'arma».

Hanno comprato per valori minori Libia (20 milioni) e Giordania (12,80), Turchia (43,38) ed Egitto (24,61).
Le industrie che hanno esportato di più, qui però sono calcolati anche i programmi di cooperazione, sono Alenia (1.323,67 milioni), AgustaWestland (755,21), l'ex Selex Galileo (419,36), Mbda Italia (359,27), tutte di Finmeccanica. Nei primi dieci ci sono quattro gruppi esterni a Finmeccanica: Consorzio Sigen (209,5 milioni), Avio (115,7), Piaggio Aero (71,17) e Fincantieri (68,48).

Rispetto al 2011 è aumentato del 6% il valore delle licenze di importazione definitiva, a 806,9 milioni: soprattutto da Bulgaria, Usa, Gran Bretagna e Francia.
La relazione è stata mandata al Parlamento in ritardo, rispetto al termine del 31 marzo. Perché l'ex premier Mario Monti non l'ha fatto? Secondo quanto ricostruito dal Sole 24 Ore, è la conseguenza di una baruffa tra competenze ministeriali, in seguito alla modifica legislativa che nel 2012 ha dato più poteri agli uffici del ministero degli Esteri, l'«Unità autorizzazioni materiali armamento» (Uama), ora definita pomposamente «autorità nazionale» per il coordinamento delle licenze di export. Sono state svuotate le competenze che aveva la presidenza del Consiglio, con l'ufficio del consigliere militare, nel verificare le informazioni raccolte anche da altri ministeri (Difesa e Sviluppo economico), preparare la relazione e un rapporto di sintesi.

L'ufficio della Farnesina però non si è assunto la responsabilità delle informazioni fornite al Parlamento. Le carte sono rimaste giacenti. Letta le ha mandate come le ha trovate, prendendo però le distanze dalla relazione, «preparata dal precedente governo».

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-07-12/frenata-export-armi-064409.shtml?uuid=Ab3taXDI