[SPF:fail] 2 processo Quirra



Venerdì  22 marzo 2013, sede associazione "Don Chisciotte", VIA S.GIACOMO 117, Cagliari,
 ore  17,30 assemblea degli iscritti di Gettiamo le Basi,
ore 19  dibattito pubblico su nuove iniziative e sviluppi del processo Quirra



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Comitato sardo Gettiamo le Basi

Processo Quirra. Il gup Nicola Clivio riesce a schivare la patata bollente

  Il giudice Clivio nell’udienza 11/03/ 2013 è riuscito a scansare la patata bollente e a rimandare la scomoda decisione del rinvio a giudizio degli imputati eccellenti. Lo stratagemma è il solito: l’ennesima puntata della telenovela “Ricerca scientifica infinita” in auge dal lontano 2001. Ha scelto come protagonista Mario Mariani, docente del Politecnico di Milano, gli ha dato l’incarico di svolgere la solita indagine geochimica  al solito “ scopo di verificare se l’area del poligono sia o sia stata contaminata dalle sostanze chimiche tossiche e dalle sostanze radioattive (..)  e se eventuali valori superiori alla norma potevano essere conseguenza dello svolgimento delle attività militari”. 

Gli avvocati degli accusati esultano e inneggiano alla “significativa vittoria”. Rimarcano che “il gup ha evidentemente ritenuto di non condividere le conclusioni del pm Fiordalisi e dei suoi consulenti”, “ha ritenuto le carte dell’accusa insufficienti per i rinvii a giudizio”

 
La decisione del giudice Clivio comporta:

1   Il non accoglimento, non solo delle “perizie di parte” della Procura, ma anche dell’indagine super partes dell’Arpas che la contaminazione l’ha rilevata e misurata.

2  Dilazione all’infinito dei tempi. Il gup ha concesso al perito sei mesi e il perito, a ragione,  ha già ventilato la proroga, infatti, deve rifare le indagini svolte dall’Università di Siena e dalla SGS (messe sotto accusa) e l’indagine dell’Arpas. Ciascuna delle tre ha  richiesto un tempo tecnico di oltre due anni.
Se il perito individuerà la contaminazione la telenovela avrà un’ulteriore puntata centrata sull’aspetto sanitario. Il giudice nominerà un altro perito per accertare il nesso tra sostanze rintracciate - patologie - decessi ….e cosi via scientificamente indagando fino al secolo venturo.

3  Prescrizione più che probabile di vari reati e conseguente proscioglimento o alleggerimento dei capi d’accusa. Fin da ora, Codice alla mano, si possono fare sicuri pronostici su generali e imputati eccellenti che la faranno franca. 

4  Riproposizione di una metodologia di ricerca che si è rivelata da tempo poco adeguata, la stessa usata nel 2001 dall’UNEP (United Nations Environment Program) in Kosovo dove sono state sparate dieci tonnellate di uranio impoverito, stando alle documentazioni Nato corredate dalle mappe dei punti d’impatto. La “classica” analisi geochimica delle matrici ambientali (suolo, acqua, aria ecc. ) ha rilevato: “Non esiste alcuna contaminazione diffusa e misurabile”. L’UNEP, però, ha concluso con l’ ammissione di avere usato una metodologia non idonea e ha indicato metodologie più consone.
Le valutazioni che hanno portato Gettiamo le Basi a rigettare formalmente, come componente del Comitato Territoriale d’Indirizzo Politico istituito dal ministro della Difesa, sia il Capitolato Tecnico del Piano di Monitoraggio (marzo 2008), sia i risultati presentati a febbraio e luglio 2011, includono la valutazione di inadeguatezza, fondata anche sulle argomentazioni dell’UNEP, del lotto più nevralgico affidato dalla Nato alla SGS. A riprova: il consulente tecnico della Procura, prof. Lodi Rizzini, ha cercato le sostanze radioattive dove e come andavano cercate, nelle ossa degli uccisi ha trovato le “introvabili” sostanze radioattive, il torio, molto più pericoloso del più chiacchierato uranio.

Scienza a parte, basta un briciolo di buon senso per capire che le sostanze radioattive e tossiche, se sparate o fatte brillare, si frantumano in un aerosol di polveri sottili e sottilissime, si disperdono a grandi distanze, non restano appollaiate insieme su un albero o una roccia nel punto  d’impatto, non resistono immobili per anni e anni alla forza dei venti, al dilavamento delle piogge, alla voracità di capre, api e pesci, in gran parte sono trasferite nel corpo di chi l’aerosol respirò, quel formaggio, quel miele, quel pesciolino mangiò e si ammalò.

5 Non considerazione del nesso specifico tra i sistemi d’arma usati nel Pisq e i contaminanti (certificati!) che rilasciano nell’ambiente (esempio: missile Tow-amianto; propellenti aerospaziali-coktail di veleni dai nomi seducenti o impronunciabili).
Le ditte produttrici di ordigni bellici, per obbligo di legge, informano la cittadinanza che vive nei pressi dello stabilimento dei contaminanti utilizzati e della classe di rischio. Paradossalmente nessuna informazione è dovuta alla popolazione che vive dove le sostanze tossiche e/o nocive sono sparate nell’ambiente e si degradano in altre più pericolose. Il rischio è ben più alto di quello legato alla manipolazione controllata dei singoli componenti e reattivi. Se non si acquisisce l’informazione, pubblica e facilmente accessibile, sulle sostanze tossiche e/o nocive contenute nei vari ordigni la “presunta” contaminazione del Pisq è desinata a restare nel regno del mistero.
  

 L’indagine epidemiologica. La Magistratura e il perito nominato dal tribunale terranno conto dello studio epidemiologico promosso da Regione e Commissione del Senato. I risultati sono previsti per il prossimo giugno. L’attesa però è superflua, anche in questo caso è sufficiente esaminare la metodologia di ricerca adottata per conoscere  fin da ora le conclusioni: “Non si riscontrano eccedenze significative di patologie tumorali”. La strage, “l’epidemia” di tumori, leucemie, linfomi, alterazioni genetiche sarà “scientificamente” normalizzata e cancellata.

 Comitato sardo Gettiamo le Basi
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