Grecia: Spese militari. Il bilancio della Difesa ellenico al record del 3% del Pil



Fregate, sottomarini e caccia Quelle pressioni di Merkel e Sarkò per ottenere 
commesse

Corriere della Sera Lunedì 13 Febbraio 2012  

I greci sono alla fame, ma hanno gli arsenali bellici pieni. E continuano a 
comprare armi. Quest'anno bruceranno il tre per cento del Pil (prodotto interno 
lordo) in spese militari. Solo gli Stati Uniti, in proporzione, si possono 
permettere tanto. Ma cosa spinge Atene a sperperare montagne di soldi? La paura 
dei turchi? No, è l'ingordigia della Merkel e di Sarkozy. I due leader europei 
mettono da mesi il governo greco con le spalle al muro: se volete gli aiuti, se 
volete rimanere nell'euro, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre 
belle navi da guerra. Le pressioni di Berlino sul governo di Atene per vendere 
armi sono state denunciate nei giorni scorsi da una stampa tedesca allibita per 
il cinismo della Merkel, che impone tagli e sacrifici ai cittadini ellenici e 
poi pretende di favorire l'industria bellica della Germania.
Fino al 2009 i rapporti fra Atene e Berlino andavano a gonfie vele, il governo 
greco era presieduto da Kostas Karamanlis (centrodestra), grande amico della 
Merkel. Gli anni di Karamanlis sono stati una vera manna per la Germania. «In 
quel periodo - ha calcolato una rivista specializzata - i produttori di armi 
tedeschi hanno guadagnato una fortuna». Una delle commesse di Atene riguardò 
170 panzer Leopard, costati 1,7 miliardi di euro, e 223 cannoni dismessi dalla 
Bundeswehr, la Difesa tedesca.
Nel 2008 i capi della Nato osservavano meravigliati le pazze spese in 
armamenti che facevano balzare la Grecia al quinto posto nel mondo come nazione 
importatrice di strumenti bellici.
Prima di concludere il suo mandato di premier, Karamanlis fece un ultimo 
regalo ai tedeschi, ordinò 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp.
Il successore, George Papandreou, socialista, si è sempre rifiutato di farseli 
consegnare.
Voleva risparmiare una spesa mostruosa. Ma Berlino insisteva. Allora il leader 
greco ha trovato una scusa per dire no. Ha fatto svolgere una perizia tecnica 
dai suoi ufficiali della Marina, i quali hanno sentenziato che quei sottomarini 
non reggono il mare.
Ma la verità, ha tuonato il vice di Papandreou, Teodor Pangalos, è che «ci 
vogliono imporre altre armi, ma noi non ne abbiamo bisogno». Gli ha dato 
ragione il ministro turco Egemen Bagis che, in un'intervista allo Herald 
Tribune, ha detto chiaro e tondo: «I sottomarini della Germania e della Francia 
non servono né ad Atene né ad Ankara».
Tuttavia, Papandreou, alla disperata ricerca di fondi internazionali, non ha 
potuto dire di no a tutto. L'estate scorsa il Wall Street Journal rivelava che 
Berlino e Parigi avevano preteso l'acquisto di armamenti come condizione per 
approvare il piano di salvataggio della Grecia.
E così il leader di Atene si è dovuto piegare. A marzo scorso dalla Germania 
ha ottenuto uno sconto, invece dei 4 sottomarini ne ha acquistati 2 al prezzo 
di 1,3 miliardi di euro. Ha dovuto prendere anche 223 carri armati Leopard II 
per 403 milioni di euro, arricchendo l'industria tedesca a spese dei poveri 
greci. Un guadagno immorale, secondo il leader dei Verdi tedeschi Daniel Cohn-
Bendit.
Papandreou ha dovuto pagare pegno anche a Sarkozy. Durante una visita a Parigi 
nel maggio scorso ha firmato un accordo per la fornitura di 6 fregate e 15 
elicotteri. Costo: 4 miliardi di euro. Più motovedette per 400 milioni di euro. 
Alla fine la Merkel è riuscita a liberarsi di Papandreou, sostituito dal più 
docile Papademos. E i programmi militari ripartono: si progetta di acquisire 60 
caccia intercettori. I budget sono subito lievitati. Per il 2012 la Grecia 
prevede una spesa militare superiore ai 7 miliardi di euro, il 18,2 per cento 
in più rispetto al 2011, il tre per cento del Pil. L'Italia è ferma a meno 
dello 0,9 per cento del Pil.
Siccome i pagamenti sono diluiti negli anni, se la Grecia fallisce, addio 
soldi. Ma un portavoce della Merkel è sicuro che «il governo Papademos 
rispetterà gli impegni». Chissà se li rispetterà anche il Portogallo, altro 
Paese con l'acqua alla gola e al quale Germania e Francia stanno Fregate, 
sottomarini e caccia Quelle pressioni di Merkel e Sarkò per ottenere commesse 
imponendo la stessa ricetta: acquisto di armi in cambio di aiuti.
I produttori di armamenti hanno bisogno del forte sostegno dei governi dei 
propri Paesi per vendere la loro merce. E i governi fanno pressione sui 
possibili acquirenti. Così nel mondo le spese militari crescono paurosamente: 
nel 2011 hanno raggiunto i 1800 miliardi di dollari, il 50 per cento in più 
rispetto al 2001.