AFRICOM, Libia e lo sviluppo dell'Africa



AFRICOM ed i Neocolonialisti
La guerra NATO alla Libia è un attacco allo sviluppo dell'Africa

di DAN GLAZEBROOK


"L'Africa: la chiave della crescita economica globale". 
Questa l'onesta titolazione rispolverata di recente dal Washington 
Post, difficilmente qualificabile però come 'news', cioè novità. 

La mano d'opera e le risorse africane - come qualunque economista 
storico decente vi dirà - sono state determinanti per la crescita 
economica mondiale per secoli. 
Quando gli europei scoprirono l'America cinquecento anno fa, il loro 
sistema economico assunse un carattere virale. Nel loro svilupparsi, 
le Potenze europee realizzarono che gli equilibri del potere in casa 
loro sarebbero stati determinati dalla forza che esse potevano 
trarre dalle loro colonie d'oltremare. 
L'imperialismo (ovvero il capitalismo) è stato da allora la 
caratteristica fondamentale della struttura economica del mondo. 
Per l'Africa, questo ha significato la sottomissione senza 
interruzione ad un implacabile saccheggio sistematico, in continuo 
incremento, di persone e risorse che è proseguito fino ad oggi. 

Dapprima fu il rapimento brutale di decine di milioni di africani 
per sostituire la forza lavoro indigena americana che era stata 
eliminata, sterminata dagli Europei. 
Il commercio di schiavi fu devastante per le economie africane, che 
solo in rari casi poterono resistere al collasso della popolazione; 
per l'Europa, invece, il capitale così creato dai proprietari delle 
piantagioni nei Caraibi gettò le fondamenta della rivoluzione 
industriale in Europa. 
D'altro verso, nel diciottesimo e diciannovesimo secolo sempre più 
materiali preziosi vennero scoperti in Africa (soprattutto lo 
stagno, la gomma, l'oro e l'argento): il furto di terra e di materie 
prime e risorse si risolse in definitiva nella cosiddetta "Corsa 
all'Africa" dei 1870, quando, nel corso di pochi anni, gli Europei 
si spartirono tra loro il continente intero (con l'eccezione dell' 
Etiopia). 
Da quel momento, l'economia mondiale crebbe diventando un tutt'uno 
integrato, dove l'Africa continuò a fornire le basi per lo sviluppo 
industriale europeo mentre gli africani vennero spogliati della loro 
terra e cacciati nelle miniere e forzati nelle piantagioni di gomma. 

Dopo la Seconda Guerra Mondiale le Potenze europee, indebolite 
dall'implacabile, lunga e massacrante inter-competizione 
industriale, hanno dovuto adattare il colonialismo alle nuove 
condizioni. Con la crescita della forza dei movimenti di 
liberazione, le Potenze europee si sono dovute confrontare con una 
nuova realtà economica: il costo della repressione dei "nativi 
riluttanti" cominciava a essere confrontabile con la ricchezza che 
essi, domati, avrebbero potuto fornire. 
La soluzione da loro escogitata fu ciò che Kwame Nkrumah chiamò 
"neo-colonialismo": cedere gli attributi formali di sovranità 
politica a un pugno fidato di "amiconi scelti" che consentissero di 
continuare, inesorabile e indisturbato, lo sfruttamento economico 
dei loro Paesi. In altre parole, si trattava di adattare il 
colonialismo in modo da caricare sulle spalle degli africani stessi 
la responsabilità ed il costo delle operazione di polizia e di 
controllo delle loro popolazioni. 

Nella pratica, questo non fu così semplice. 
Lungo tutta l'Asia, l'Africa e l'America Latina, i movimenti di 
massa cominciarono a rivendicare il controllo delle loro proprie 
risorse, ed in molti luoghi questi movimenti sono riusciti a 
guadagnare il potere - a volte attraverso la lotta di guerriglia, 
altre volte attraverso le urne elettorali. 
Questo ha condotto alle guerre sporche ('vicious wars' in originale, 
n.d.t.) condotte dalle Potenze europee - ora sotto la direzione del 
loro nuovo protettore, gli USA - per distruggere tali movimenti. 
Questa lotta, e non la cosiddetta "Guerra Fredda", è ciò che ha 
definito la storia delle relazioni internazionali del dopoguerra. 

Fino ad ora, il neocolonialismo è stato un progetto vincente per 
l'Europa e gli Stati Uniti. Il ruolo dell'Africa come fornitore di 
materie prime e di forza lavoro a basso prezzo o spesso schiavizzata 
è continuato, in gran misura incontrastato. La povertà e la 
disunione sono state gli ingredienti essenziali che hanno consentito 
di continuare questo sfruttamento. 

Comunque entrambi sono ora sotto una seria minaccia. 
Gli investimenti cinesi in Africa hanno sviluppato negli ultimi 
dieci anni l'industria e le infrastrutture africane in una misura 
tale da poter iniziare a contrastare seriamente la povertà del 
continente. Nella Cina stessa queste linee di condotta hanno 
prodotto una riduzione senza precedenti della povertà, ed hanno 
aiutato 
a lanciare il Paese in un percorso che a breve può portarlo verso 
una posizione leader nell'economia mondiale.  
Se l'Africa seguisse questo modello, o qualcosa di simile, ciò 
potrebbe determinare l'inizio della fine del saccheggio delle 
ricchezze africane che l'Occidente persegue da cinquecento anni. 

Per sventare questa 'minaccia di sviluppo dell'Africa', l'Europa e 
gli USA hanno risposto nell'unico modo che conoscono: militarmente. 
Quattro anni fa, gli Stati Uniti hanno creato un nuovo "centro di 
comando e controllo" per il soggiogamento militare dell'Africa, 
chiamato AFRICOM. 

Il problema per gli Stati Uniti era che nessun paese africano ha 
voluto ospitarli; nei fatti, e fino a tempi recentissimi, l'Africa 
era l'unico Continente al mondo senza una base militare USA. E 
questo è stato dovuto in gran parte agli sforzi e all'azione del 
governo della Libia. 
Prima del 1969, quando la rivoluzione di Gaddafi detronizzò Re 
Idris, sostenuto dagli inglesi, la Libia aveva ospitato una delle 
basi aeree USA più grandi del mondo, la Wheelus Air Base; ma entro 
un anno dalla rivoluzione la base USA era stata chiusa e tutto il 
personale militare straniero espulso. 
Più recentemente, Gaddafi aveva lavorato attivamente per fare 
naufragare AFRICOM. Ai governi africani cui dagli Stati Uniti veniva 
offerto denaro per ospitare una base militare, Gaddafi rispondeva 
regolarmente raddoppiando l'offerta; nel 2008 quest'opposizione 
determinata si è concretizzata in un rigetto formale di AFRICOM da 
parte dell'Unione Africana (U.A.). 

Forse ancor più preoccupante per la dominazione degli Stati Uniti e 
dell'Europa sul continente africano erano le risorse enormi che 
Gaddafi incanalava nello sviluppo dell'Africa. 
Il governo libico fu di gran lunga il maggior investitore per il 
primo satellite africano, lanciato in 2007, che ha liberato l'Africa 
dal pagamento di 500 milioni di dollari l'anno alle società 
satellitari Europee. 
Anche peggiore per i poteri coloniali, è stato il contributo della 
Libia per 30 miliardi di dollari in tre grandi progetti finanziari 
dell'Unione Africana, mirati alla fine della dipendenza africana 
dalla finanza Occidentale. 
La Banca d'investimento africana - con il suo quartier generale in 
Libia - aveva lo scopo di investire nello sviluppo africano a 
interessi zero, fatto che avrebbe minacciato seriamente la 
dominazione del Fondo Monetario Internazionale sull'Africa - un 
pilastro cruciale per tenere l'Africa nella sua posizione di 
povertà. 
Gaddafi guidava inoltre lo sviluppo da parte dell'U.A. di una nuova 
valuta africana basata sul valore dell'oro, che avrebbe tagliato 
ancora un altro dei lacci che tengono l'Africa alla mercè 
dell'Ovest, con 42 miliardi di dollari già collocati in questo 
progetto - di nuovo, in gran parte finanziato dalla Libia. 

La guerra NATO mira a interrompere il percorso della Libia verso una 
nazione socialista, antimperialista, pan-africana, all'avanguardia 
di un'azione per l'unità e l'indipendenza africana. 
I ribelli hanno mostrato chiaramente il loro razzismo virulento già 
dal primo istante della loro insurrezione, perseguitando e uccidendo 
migliaia di operai e di studenti neri africani. 
Tutti i fondi per lo sviluppo africano destinati ai progetti 
descritti sopra sono stati 'congelati' dai Paesi NATO, e sono 
destinati a passare nelle mani dei loro amici fidati del Consiglio 
Nazionale di Transizione per essere spesi in armi a sostegno della 
loro guerra. 

Per l'Africa, la guerra è lontana dalla conclusione. 
Il continente africano deve comprendere che l'attacco della NATO è 
un segno di disperazione, di impotenza, della sua incapacità di 
fermare l'inevitabile ascesa dell'Africa sul palcoscenico di mondo. 
I popoli africani devono imparare la lezione che giunge loro dalla 
Libia, continuare il loro percorso verso l'unità pan-africana, e 
continuare a resistere ad AFRICOM. 
Molti libici saranno comunque al loro fianco se agiranno così. 



DAN GLAZEBROOK scrive per il giornale Morning Star ed è uno dei 
coordinatori del gruppo inglese dell'Unione Internazionale dei 
Parlamentari per la Palestina. 
Può essere contattato a danglazebrook2000 at yahoo.co.uk


Ulteriori letture: 

Gold, Oil, Africa and Why the West wants Gaddafi Dead
by Brian E Muhammed for the Final Call

Why the West wants Gaddafi Out
by Jean-Paul Pougala for the Southern Times


Testo originale in inglese: 
http://www.counterpunch.org/2011/09/06/natos-war-on-libya-is-an-
attack-on-african-development/

Fonte: 
KOMINFORM http://www.kominform.eu

Traduzione di G. Ellero - settembre 2011


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