DAI NOBEL AI GIOVANI. ECCO LA SCIENZA PER LA PACE



Mentre la tecnologia militare continua a segnare passi in avanti, è di oggi la notizia di un test eseguito con successo che vuole dimostrare la complementarietà dei sistemi d’arma ad energia diretta con quelli tradizionali ad energia cinetica e che ha visto un sistema d’arma mobile laser di inseguire e distruggere piccoli veicoli aerei senza equipaggio (UAV), nasce in Italia "Science for peace", un progetto che ha l'obiettivo di diffondere una cultura di pace e la riduzione delle spese militari.

DAI NOBEL AI GIOVANI, ECCO LA SCIENZA PER LA PACE

Premi Nobel e scienziati presenteranno al mondo le loro proposte contro la guerra. E' "Science for peace", progetto nato su iniziativa di Umberto Veronesi e che si pone come obiettivo la nascita di un grande movimento per la pace. L'ex ministro della Sanità sostiene che "la crisi richiede delle risorse aggiuntive per le urgenze sociali e dobbiamo ricavarle dalle spese militari che assorbono fondi molto elevati"

http://www.fondazioneveronesi.it/pagina.php?id=30&nome=Science%20for%20Peace


UMBERTO VERONESI

Con 15 miliardi di euro si possono fare tante cose. Il nostro Parlamento nel 2009 ha scelto di investirli tutti in armi. Non è strano, ben inteso, perché questa è la media degli stanziamenti annuali del nostro Paese per carri armati, portaerei, missili e aerei supersonici, che non usiamo e non useremo mai. È però sorprendente, se pensiamo che rifare l´intero sistema ospedaliero in Italia, per dare ai malati una cura dignitosa e moderna, costerebbe non più di quattro miliardi di euro. Ed è addirittura sconcertante se poi consideriamo che nella ricerca contro il cancro, malattia che uccide ogni anno 250mila italiani e ne colpisce altri 150mila, investiamo 200 milioni di euro, e sappiamo che con 5 miliardi alla ricerca, potremmo avvicinarci moltissimo alla soluzione definitiva di quella che è la vera epidemia moderna. Per il 2010 le prospettive non appaiono tanto migliori, visto che la finanziaria prevederebbe di ridurre ulteriormente gli stanziamenti in ricerca scientifica, scendendo al di sotto di quell´uno per cento , che già ci relegava in coda alla classifiche dei paesi avanzati, ma per lo meno ci teneva al di qua della linea di confine con i Paesi cosiddetti emergenti, non ancora civilizzati. Non si tratta di rivendicare un trasferimento, che appare banale: prendiamo alle armi e diamo alla ricerca, ai malati e ai poveri. Il problema che sta a monte di queste scelte è profondo, e riguarda non questa o quella legislatura, ma la cultura della scienza e la cultura della pace. Per questo venerdì daremo il via al movimento "Science for Peace", con la prima Conferenza Mondiale di Milano. Hanno aderito al movimento 20 premi Nobel e decine di donne e uomini di scienza e di cultura che si riconoscono in due obiettivi: creare una cultura di non violenza e di soluzione pacifica dei conflitti, e trovare strumenti più adatti per ridurre la spesa degli armamenti, a favore delle emergenze sociali, ospedali, povertà, ricerca scientifica. La novità del movimento è che gli scienziati si mobilitano per un obiettivo, la pace, che è sempre stato legato alla cultura umanistica e vessillo degli ex-figli dei fiori, delle associazioni per i diritti umani, della musica rock. Perché ora si muove la scienza e che ha da dire di nuovo? Fra le risposte possibili voglio riportare quella di Moni Ovadia, caro amico e fra i primi ad aderire entusiasticamente al movimento: «Il prestigio degli scienziati nel mondo è molto alto. È chiaro che non basta, ma ‘Science for Peace´ può essere un forum e un´occasione per lanciare processi che poi perdurino e può anche, con l´autorevolezza di grandi premi Nobel, portare al tavolo i grandi della terra. Perché i Nobel per la fisica, o per la chimica o per la medicina sono quelli che poi attivano tutti i processi di trasformazione scientifica del mondo». In realtà gli scienziati non piacciono molto ai potenti , perché sono degli innovatori e delle menti libere, raramente manipolabili. Tuttavia il fatto che sia difficile farsi ascoltare non basta a giustificare il silenzio, e dunque io penso che gli scienziati non possano, ma debbano mobilitarsi per la pace, perché oggi è un bisogno primario della gente e il fine della scienza è risolvere le necessità più importanti, rendendo accessibile al maggior numero di persone il più alto livello possibile di benessere. Come? Primo, creando conoscenza e diffondendo il sapere. Diceva Einstein: «Spezzare l´atomo è stato un gioco da ragazzi, sarei stato più orgoglioso di me se avessi spezzato un pregiudizio». Conoscenza e coscienza sono il miglior antidoto sia contro i pregiudizi, che sbarrano la strada al libero pensiero e la libera opinione, sia contro le paure e le ossessioni, che ci rendono fragili e ricattabili. Secondo, impegnandosi a creare le condizioni per la pace: migliorare l´uso delle risorse, l´acqua, il cibo, la salute. La scienza l´ha già fatto, in particolare negli ultimi 50 anni, che hanno testimoniato un´esplosione scientifica e tecnologica senza precedenti. Ma ora le conquiste devono essere comprese nella metà del mondo che si è ritrovata strumenti e conoscenze che non è pronta ad applicare, e condivise con l´altra metà che è ancora alle prese con la sopravvivenza. "Science for Peace" può creare dei ponti, attivando iniziative di collaborazione scientifica fra Paesi, che aiutino la gente nel quotidiano e soprattutto i giovani, che più di tutti hanno bisogno di pace per costruirsi un futuro. Terzo, diventando un interlocutore riconoscibile per i governi. Riprendendo il suggerimento di Moni Ovadia, bisogna che gli scienziati siano pronti a mettere in campo il loro ruolo sociale, e a giocarlo per la causa della pace. Al di là delle sue paure, la politica ha bisogno della scienza e qualche Grande della terra, il presidente Obama in testa, inizia a prenderne atto. Ne ha bisogno anche per la pace, perché questo è il desiderio più profondo di tutte le popolazioni. La guerra è impopolare, perché è uno strumento irrazionale, obsoleto e doloroso per risolvere i conflitti, e oggi abbiamo strumenti e idee nuove per evitarla, se si agisce per tempo. Per far questo abbiamo una enorme risorsa nelle nostre mani: i giovani. Le nuove generazioni sono molto migliori delle nostre, hanno una gran voglia di fare e una straordinaria facilità di comunicare. Internet ha dato ai nostri ragazzi una cultura senza confini e il Paese globale, dal punto di vista dei giovani, già esiste. Senza frontiere e senza barriere ideologiche, i giovani sono il nostro più potente strumento di pace.