Francia, Besançenot sorvegliato 24 ore su 24,In manette il boss della pistola "Taser"



Da Liberazione del 15-10-08

Daniele Zaccaria
Una storia pazzesca che sembra uscita
da un film di spionaggio; un «film
di serie b» per citare il diretto interessato.
Olivier Besançenot, leader della Lcr,
astro nascente della sinistra radicale
francese ed ex candidato alle presidenziali,
veniva infatti spiato 24 ore
su 24 da una squadra di professionisti
coordinati da una società privata
di investigazioni, il gabinetto Dussaucy.
Il “programma” di sorveglianza
è durato circa quattro mesi, dall’ottobre
2007 al gennaio 2008. Lasso
di tempo in cui la vita del giovane
postino è stata completamente sezionata
(dalle misure catastali dell’appartemento
in cui vive, ai movimenti
del suo conto bancario, passando
addirittura per le caratteristiche
della sua automobile), mentre i
suoi spostamenti fisici ( e quelli della
sua fidanzata) erano controllati 24
ore su 24 con tanto di grandi schedari
e rapportini quotidiani alla base.
Già, ma qual è la base?
La polizia, che ieri ha arrestato nove
persone, non sembra nutrire molti
dubbi: questa odiosa trama è stata
ordita da Antoine Di Zazzo (anche
lui tra i fermati), l’imprenditore che
distribuisce in Francia le pistole “taser”,
delle armi a impulso elettrico
impiegate durante le manifestazioni
per tramortire i dimostranti. Più di
una volta Besançenot aveva denunciato
l’uso indiscriminato delle taser
da parte dei celerini d’oltralpe (è in
uso dal 2004), citando un rapporto
di Amnesty international che parla
di 150 morti negli Stati Uniti in seguito
all’uso delle famigerate pistole.
Una campagna che gli è valsa la citazione
in giudizio per diffamazione
da parte di monsieur Di Zazzo e persino
la richiesta di 50mila euro di risarcimento.
Fatalità, la prima udienza
del processo si svolgerà lunedì
prossimo, data in cui Di Zazzo potrebbe
essere ancora dietro le sbarre:
«Vorrei che fosse presente in aula così
potrò guardarlo guardarlo negli
occhi», ha commentato a caldo Besancenot.
Il primo a far luce sullo spionaggio
ai danni di Besançenot è stato il settimanale
L’Express che in un articolo
pubblicato lo scorso maggio, parlava
di «legami contabili» tra il gabinetto
Dessaucy e la Smp Techhnologie, la
società guidata da Di Zazzo, spiegando
che il programma di spionaggio
nasceva con tutta evidenza dal
contenzioso tra Besançenot e la Smp
Thecnologie. «Cado dalle nuvole, la
vita privata del signor Besançenot
non ci interessa affatto, non vedo
che beneficio potrei trarne» aveva
commentato a caldo l’imprenditore,
smentendo tutte le accuse, senza però
-fatto assai sospetto- querelare
L’Express per calunnia. Se la Lcr ha
inoltrato una denuncia contro ignoti
per «minacce alle vita privata», gli
inquirenti della Igpn (la polizia degli
“affari interni” che indaga su altri
poliziotti) in questi mesi hanno proseguito
le indagini nell’ombra che
sono culminate negli arresti di ieri
mattina. I capi d’accusa sono molto
gravi: attentato alla privacy, minacce
private e violazione del segreto bancario.
Se gli avvocati della Smp
Thcnologie minimizzano l’accaduto,
affermando che Di Zazzo «non
ha nulla a che vedere», con questa
squallida storia, la polizia sembra
pensarla in tutt’altro modo. Assieme
a Di Zazzo, sono finiti nel mirino
delle indagini anche alcuni agenti
della gendarmeria, un doganiere, un
dipendente del gabinetto Dessaucy,
un impiegato della motorizzazione e
un funzionario bancario (che aveva
il compito di monitorare il conto
corrente del leader politico), tutti
con gli stessi capi d’imputazione.
Subito dopo l’ondata di arresti Besancenot
ha convocato una conferenza
stampa in cui è apparso decisamente
scosso dalla vicenda: «Questi
metodi da “barbe finte” sono loschi
e rivoltanti, è davvero uno scandalo,
una vicenda tanto più inquietante
quanto il governo tenta di generalizzare
i sistemi di sorveglianza e di
schedatura di massa. Ma è anche la
dimostrazione che con un po’ di soldi
qualsiasi spione può avere accesso
ai dati personali di chiunque nonostante
questi dati siano protetti
dalla legge. Una cosa è certa però:
non cederemo né ai ricatti, né alle
intimidazioni e continueremo a
chiedere una moratoria sull’utilizzo
delle pistole taser».