Interpellanza Urgente Sistema giudiziario in Afghanistan



(Situazione del sistema giudiziario in Afghanistan - n.
<http://documenti.camera.it/apps/resoconto/getDocumento.aspx?idLegislatura=15&tipoDocumento=si&idDocumento=2-00654>2-00654)

<http://documenti.camera.it/apps/resoconto/getSchedaPersonale.aspx?idLegislatura=15&idPersona=302103&webType=Normale>PRESIDENTE.
L'onorevole Deiana ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n.
<http://documenti.camera.it/apps/resoconto/getDocumento.aspx?idLegislatura=15&tipoDocumento=si&idDocumento=2-00654>2-00654,
concernente la situazione del sistema giudiziario in Afghanistan.

<http://documenti.camera.it/apps/resoconto/getSchedaPersonale.aspx?idLegislatura=15&idPersona=300478&webType=Normale>ELETTRA
DEIANA. Signor Presidente, illustrerò brevemente l'interpellanza urgente,
che fa riferimento, in particolare, alla conferenza internazionale sulle
questioni della giustizia svoltasi nei giorni scorsi a Roma, relativa
all'Afghanistan. L'Italia non è stata soltanto il Paese ospitante, ma anche
quello che, con maggiore determinazione e continuità, ha lavorato per la
realizzazione di tale conferenza internazionale.
La ragione fondamentale di tale interesse consiste nel fatto che il nostro
Paese è stato leader nella realizzazione del programma giustizia in
Afghanistan negli anni scorsi ed è tuttora impegnato in tale compito.
A me pare, avendo seguito i lavori della conferenza, che siano state
affermate moltissime cose, ma che non sia emerso in maniera convincente il
profilo complessivo di quanto è stato realizzato attraverso questo impegno,
piuttosto pesante anche dal punto di vista degli investimenti finanziari.
In ragione di ciò, ma anche delle notizie che continuano a provenire
dall'Afghanistan, a mio giudizio assolutamente non confortanti sotto il
profilo dello stato di diritto e della difesa dei diritti umani in
Afghanistan, chiedo al Governo - in dettaglio se fosse possibile - quali
siano gli elementi positivi che il programma italiano di giustizia in
Afghanistan ha effettivamente realizzato.
Inoltre, chiedo anche notizie circa la situazione piuttosto pesante che
riguarda almeno settanta donne madri detenute nel carcere di Pol-i-Chark,
in base ad accuse che - secondo quanto sostengono molti avvocati islamici -
sono assolutamente infondate anche dal punto di vista della legge coranica
(che, come sappiamo, non è affatto «tenera» con le donne).
Queste donne sono detenute in base a criteri del tutto tribali, più che
informali, e non è assolutamente possibile sapere quando saranno scarcerate
e quali siano le condizioni reali di detenzione. Poiché si tratta di un
fatto di cui i giornali hanno parlato (la notizia è trapelata ed è stata
diffusa) ed essendo appunto l'Italia impegnata nel compito di realizzazione
del sistema giustizia, vorrei conoscere le informazioni di cui il Governo è
in possesso.
Infine, vorrei avere qualche notizia sulla ristrutturazione e
l'ammodernamento del carcere di Pol-i-Chark a Kabul, soprattutto in
relazione alle notizie che sono apparse sulla stampa, relative al fatto che
verranno probabilmente trasferiti in quel luogo detenuti che sono stati
fino ad ora a Guantanamo.

<http://documenti.camera.it/apps/resoconto/getSchedaPersonale.aspx?idLegislatura=15&idPersona=302103&webType=Normale>PRESIDENTE.
Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Donato Di Santo, ha
facoltà di rispondere.

<http://documenti.camera.it/apps/resoconto/getSchedaPersonale.aspx?idLegislatura=15&idPersona=302320&webType=Normale>DONATO
DI SANTO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor
Presidente, fin dal 2002 l'Italia è stata in prima linea nel campo della
ricostruzione del settore della giustizia in Afghanistan. Dal 2002 al 2006
abbiamo erogato aiuti per 45 milioni di euro, mentre per il solo 2007 è
previsto un finanziamento complessivo di 19,5 milioni di euro. I nostri
interventi hanno riguardato soprattutto la revisione della legislazione
vigente, la redazione delle leggi fondamentali, attività di training e di
coordinamento nonché di costruzione e riabilitazione di edifici pubblici.
All'interno di quest'ultima tipologia di intervento si situa anche la
ricostruzione di una parte del carcere di Pol-i-Chark, curata direttamente,
anche grazie ai finanziamenti italiani, dall'Ufficio delle Nazioni Unite
sulle droghe ed il crimine (UNODC). L'UNODC ha realizzato nell'istituto
alcune opere in conformità alle cosiddette regole minime di vivibilità,
quali la nuova infermeria, una nuova cucina, spazi per gli incontri tra
detenuti e familiari ed interventi igienico-sanitari per il risanamento
dell'impianto fognario.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17)

<http://documenti.camera.it/apps/resoconto/getSchedaPersonale.aspx?idLegislatura=15&idPersona=302320&webType=Normale>DONATO
DI SANTO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il carcere èPag.
47formato da numerosi blocchi detentivi, tra cui in particolare l'«old
block», formato da malsani padiglioni detentivi con celle all'interno delle
quali potevano essere stipati oltre duecento detenuti. I nuovi blocchi
invece, presentano condizioni di vivibilità migliore e, in alcuni casi,
sono addirittura adeguati ai minimi standard internazionali per quanto
riguarda i locali di detenzione.
A tutt'oggi mancano però una serie di spazi didattici, ricreativi e
lavorativi per rendere il penitenziario realmente adeguato ad assolvere,
oltre alla funzione di restrizione, anche quella di recupero.
Questi disagi sono stati sentiti da tutta la popolazione carceraria, ma
sono particolarmente sensibili nel caso della popolazione femminile.
All'interno del carcere di Pol-i-Chark sono effettivamente incarcerate
circa 70-80 donne, alcune anche con bambini, detenute sia per reati comuni
che per comportamenti contro la morale.
Nei confronti di queste donne il nostro Paese sta esprimendo un duplice
impegno. Da un lato, si sta adoperando, assieme agli altri membri della
comunità internazionale, ad aiutare il Governo afghano a migliorare la
situazione delle carceri, rendendole più vivibili. Dall'altro lato, si sta
impegnando attivamente per far sì che si eviti la detenzione di donne per
le accuse che si riferiscano ad usanze locali di derivazione tribale -
perché spesso di questo stiamo parlando, quando ci riferiamo a
comportamenti contro la morale - anziché a precise fattispecie criminose.
In questo senso, l'Italia sta sviluppando forme di collaborazione con ONG
locali, che si aggiungono all'attività svolta per la formazione di giudici,
la codificazione del diritto e la creazione di infrastrutture.
Il sistema giudiziario afgano resta, tuttavia, un cantiere aperto, su cui
molto ancora resta da fare. Proprio per tale motivo abbiamo promosso il 2 e
3 luglio scorso - come citato dall'onorevole Deiana - la conferenza
ministeriale sul rule of law in Afghanistan, copresieduta dall'Italia, dal
Governo afgano e dalle Nazioni Unite.
La conferenza, cui hanno partecipato ventisei delegazioni di alto livello
di Paesi e di organizzazioni rappresentanti del mondo accademico e della
società civile, delegati di oltre venti organismi, agenzie e ONG, ha
riconfermato il ruolo cruciale della riforma della giustizia e della
realizzazione del rule of law ai fini della ricostruzione dell'Afghanistan.
Senza giustizia e senza un ruolo della legge non sarebbe possibile ottenere
sicurezza, stabilità, sviluppo economico e protezione dei diritti umani.
In termini di risultati concreti, si è assistito all'adozione delle
conclusioni della presidenza e delle raccomandazioni congiunte, documenti
che hanno consolidato, con un consenso più ampio, i risultati dei negoziati
condotti a Kabul con il Governo afgano, l'UNAMA e gli altri partecipanti.
Superiore alle aspettative è stata anche la raccolta di finanziamenti, che
ha raggiunto e superato la cifra di 360 milioni di dollari, grazie
innanzitutto alla contabilizzazione dell'impegno quadriennale dell'Unione
europea, ma anche per i singoli apporti, tra i quali il contributo italiano
straordinario di 10 milioni di euro.
Completa il quadro la fissazione di un programma di lavoro per i prossimi
mesi, che porterà all'adozione, entro il prossimo ottobre, di un National
Justice Program e, successivamente, di una precisa road map per la sua
attuazione.
Certo, la situazione in Afghanistan - a causa anche delle tormentate
vicende storiche che quel Paese ha attraversato - rimane a livelli «ben
lontani» da quegli standard necessari per ogni sistema basato su un reale
Stato di diritto, sul pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà
individuali.
Sarebbe, tuttavia, ingeneroso negare che, seppure a fatica, si stiano
realizzando degli importanti progressi tanto dal punto di vista delle
infrastrutture materiali (prigioni, tribunali) quanto dal punto di vista
delle infrastrutture immateriali (codici, norme).
Fra queste ultime, vale la pena di sottolineare che l'Afghanistan è parte
diPag. 48una serie di strumenti internazionali in materia di salvaguardia
dei diritti umani: la Convenzione contro la tortura, la Convenzione
sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e la
Convenzione per i diritti del fanciullo. Il Paese ha, inoltre, firmato -
sebbene non lo abbia ancora ratificato - il Patto internazionale sui
diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione sull'eliminazione di
tutte le forme di discriminazione razziale ed i Protocolli opzionali alla
Convenzione sui diritti del fanciullo (il primo, riguardante il diritto dei
bambini coinvolti nei conflitti armati, e il secondo, concernente la
vendita dei bambini e la pedo-pornografia) ed ha ratificato lo Statuto di
Roma della Corte penale internazionale.
Non ci nascondiamo, quindi, che persistono ancora considerevoli difficoltà,
ma il Governo ritiene che, sebbene con inevitabili lentezze, si possa dire
che, con lo sforzo congiunto della Comunità internazionale, a livello di
Stati e organizzazioni internazionali, e con l'appoggio della società
civile, oltre che con l'impegno dello stesso Governo afgano, ci si sia
avviati sulla strada del ristabilimento delle condizioni minime di uno
Stato di diritto.
È importante che, in tale contesto, si stiano compiendo dei primi passi in
avanti sotto il profilo del rispetto dei diritti della donna e, in
particolare, per tornare ai quesiti sollevati dall'onorevole interpellante,
delle condizioni di detenzione e della possibilità di accesso al sistema
della giustizia ufficiale da parte della componente femminile della società.
Nei contatti con le autorità afgane e nelle sue attività di assistenza e
cooperazione, il Governo continuerà ad adoperarsi attivamente per
assecondare questi sviluppi ed incoraggiare ulteriori progressi sul fronte
del rispetto dei diritti della donna.

<http://documenti.camera.it/apps/resoconto/getSchedaPersonale.aspx?idLegislatura=15&idPersona=29150&webType=Normale>PRESIDENTE.
L'onorevole Deiana ha facoltà di replicare.

<http://documenti.camera.it/apps/resoconto/getSchedaPersonale.aspx?idLegislatura=15&idPersona=300478&webType=Normale>ELETTRA
DEIANA. Signor Presidente, do atto al sottosegretario di aver confermato le
preoccupazioni relative alla situazione generale in Afghanistan su un tema
che, ovviamente, è legato non soltanto ad una lunga tradizione tribale e di
supremazia di forme di diritto informale in Afghanistan, ma anche alla
situazione di occupazione da parte di truppe straniere, di guerra e di
scontri presenti in varie parti del Paese, che rendono molto difficile
compiere passi in avanti significativi su uno snodo così importante come la
giustizia.
Credo, tuttavia, che le ammissioni relative alle difficoltà contrastino con
l'indeterminatezza delle notizie fornite.
Quando ho chiesto di conoscere ciò che è stato realizzato concretamente,
alludevo alla necessità di fare chiarezza sugli elementi di realizzazione
relativi alla messa in atto dei dispositivi del sistema giudiziario. Mi
riferisco alla formazione dei giudici, ai luoghi dei tribunali, ai
meccanismi di rapporto tra l'istituzionalizzazione di forme moderne o
semi-moderne di giustizia e la permanenza di forme locali informali, le
quali devono trovare elementi di accordo, connessione e mediazione.
In sostanza, avrei voluto che il quadro della situazione fosse più preciso
e concreto, senza fare riferimento ad una serie di dichiarazioni e di
impegni che, poi, sappiamo bene, rimangono sulla carta e che, comunque,
potranno essere operativi e impegnativi chissà quando.
Vorrei conoscere il risultato degli sforzi compiuti da parte del nostro
Paese, in termini di concretizzazione di elementi del sistema della
giustizia, di operatori e luoghi dove si svolgono operazioni ed attività
giuridiche, nonchè i meccanismi di connessione tra la tradizione del paese
e i tentativi di introdurvi elementi dello Stato di diritto e di difesa dei
diritti umani e civili.
Da tale punto di vista, anche nel corso di audizioni di esponenti del
Governo e della Farnesina, l'informazione fornita al Parlamento continua ad
essere molto carente, e ciò mi fa temere che i risultati siano molto
inferiori rispetto a quanto il Governo tiene a rappresentare
pubblicamente.Pag. 49
Vorrei fare un'ultima osservazione in merito al ruolo politico,
istituzionale e diplomatico che ritengo l'Italia dovrebbe avere nei
confronti di un paese come l'Afghanistan, rispetto al quale ha assunto tale
impegno. Vi sono dei casi in cui ritengo dovrebbe esserci un atteggiamento
e un orientamento politico molto più preciso.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,10)

<http://documenti.camera.it/apps/resoconto/getSchedaPersonale.aspx?idLegislatura=15&idPersona=300478&webType=Normale>ELETTRA
DEIANA. Nella mia interpellanza, ho fatto riferimento al caso della
deputata Malalai Joya, sospesa dal Parlamento afgano per avere rivolto una
critica molto forte, ma assolutamente legittima, non soltanto dal punto di
vista del Parlamento come tale, ma anche relativamente alla storia di tale
donna e al suo rapporto con un Parlamento le cui regole non sono
assolutamente conformi a quelle che dovrebbero osservarsi in un'istituzione
di un paese ove viga lo stato di diritto.
Inoltre, ho fatto riferimento al caso dell'operatore umanitario Hanefi, del
quale non racconto la storia, in quanto è nota. Rispetto a tali casi
talmente eclatanti, ritengo che il nostro Paese dovrebbe svolgere un ruolo
di critica molto più determinato e maggiormente orientante rispetto a
quanto è successo, invece, nei singoli casi.
Infine, vorrei aver sentito che, da parte del nostro Paese, della Farnesina
e delle autorità competenti, vi è un impegno urgente e cogente affinchè la
situazione di tali donne - detenute per ragioni che, perlomeno in gran
parte, non hanno nulla a che vedere con episodi qualificabili come reato
(donne che sono colpevoli, invece, soltanto di reati contro la morale
tribale, contro norme misogine, caratteristiche di una parte piuttosto
vasta delle comunità tribali dell'Afghanistan) - venga risolta. Peraltro,
si tratta di situazioni emblematiche di una dinamica e di processi che,
nell'ambito del Paese, vedono una forte ripresa dell'iniziativa da parte
dei settori più tradizionalisti, misogini e legati alle culture
tradizionali, come è avvenuto per la richiesta di ristabilire regole
relative a costumi sessuali più conformi alla tradizione.
Mi auguro quindi che questo tipo di impegni nella prossima fase sarà
realizzato con maggiore forza.