Russia: la riconversione del complesso militare nucleare





Russia: la riconversione del complesso militare nucleare

La fine della Guerra Fredda e il disgelo fra le due superpotenze hanno una pesante eredità. Tonnellate di materiale fissile da neutralizzare per difendere l’umanità da rischi ambientali e legati alla possibilità che possano impossessarsi di tale arma di distruzione di massa non solo i Paesi identificati da Washington come “Stati canaglia” ma anche il nuovo nemico della comunità internazionale, il terrorismo internazionale.

Sabrina Salerno

Equilibri.net (22 febbraio 2006)

Smantellamento dell’arsenale nucleare russo: una sfida non solo militare

Il periodo della Guerra Fredda è stato caratterizzato dalla corsa agli armamenti. La sola URSS ha prodotto circa 55 mila testate nucleari, il che significa che, per soli scopi militari, sono state prodotte circa 130 tonnellate di plutonio (Pu) e più di 1200 tonnellate di uranio altamente arricchito (Heu). Il crollo dell’ex Unione Sovietica ha rilanciato la politica di disarmo e della non proliferazione nucleare inaugurata nel 1968 dal Trattato di non proliferazione, continuata negli anni '70 con i SALT e negli '80 con gli START.

Nel 1991 viene avviato il Nunn-Lugar Program per favorire la cooperazione per lo smantellamento di parte delle armi nucleari, biologiche e chimiche dell’ex URSS. Sono gli Stati Uniti a proporre i programmi più ambiziosi per la sicurezza nucleare in Russia. Le iniziative statunitensi a riguardo comprendono infatti l’eliminazione dei missili, lo smantellamento, il trasporto e l’immagazzinamento delle testate, la gestione del plutonio, il trattamento dell’uranio arricchito, il programma per la contabilità e la protezione del materiale fissile (Mpc&a) e quello per le città nucleari (Nci).

Allo scopo di realizzare il programma nucleare la classe dirigente sovietica fece infatti costruire ex novo dieci città che sono rimaste chiuse sino al 1990. In esse, indicate con nomi falsi e non presenti su alcuna carta geografica, erano concentrate le risorse umane e materiali utili a produrre la maggior parte delle testate nucleari russe e del materiale fissile da destinare a scopi militari. Su di una popolazione complessiva che superava (e supera) i 730 mila abitanti circa 120 mila erano (e sono) tecnici e scienziati altamente qualificati ed almeno duemila di essi hanno avuto accesso a dati e formule. E’ evidente che il processo di disarmo implica anche una difficile riconversione economico-sociale. Poche saranno le città che manterranno attività nucleari, alla maggior parte di esse sono ora destinate le operazioni di smantellamento e gestione delle testate nucleari.

Conseguenza di ciò è il prepensionamento o una diversa collocazione occupazionale di gran parte del personale. I rischi dipendono non solo dalla difficoltà di reinserimento lavorativo ma anche dalle conseguenze che derivano dalla perdita di quel particolare status sociale che, in quanto legato alla difesa della nazione, implicava enormi privilegi. E’ il ISTC (International Science and Tecnology Center) l’ente che dal 1992 finanzia le attività di ricerca civile svolte dagli scienziati che un tempo erano coinvolti nel settore militare. Al fine di complementare l’azione della NCI statunitense l’Unione Europea ha avviato l’ENCI (European Nuclear Cities Iniziative) che si propone di realizzare progetti di riconversione socio-industriale al fine di favorire processi sostenibili in grado di auto-finanziarsi una volta avviati. Numerosi Paesi e Organizzazioni Internazionali hanno inoltre investito gran parte dei propri sforzi nel tentativo di migliorare la contabilità, il controllo e la protezione del materiale fissile (MPC&A). Ma a causa di problemi di corruzione e di amministrazione uniti alla riluttanza mostrata dal MINATOM russo (dal 2004 ROSATOM) nel permettere l’accesso ai siti nucleari pochi sono stati i progressi fatti nell’installazione di sistemi di sicurezza nel complesso nucleare russo che andrebbero comunque aggiornati e migliorati per garantirne l’efficienza.

L’importanza del nucleare nella nuova dottrina militare di Putin

Il 2001 segna il passaggio ad una nuova era per la comunità internazionale che ha un nuovo nemico da combattere: il terrorismo internazionale. Cambiamenti si sono avuti nel mondo ed anche in Russia. Nel 2003 le dichiarazioni del Presidente Putin e il rapporto del Ministro della Difesa V. Ivanov hanno presentato i nuovi cardini della dottrina militare russa. Fra i tre gruppi di minacce oggettive che la Federazione si trova ad affrontare viene indicato il puntamento delle armi nucleari, da parte di tutti gli Stati che le posseggono contro la Russia, e le minacce derivanti dai rischi di proliferazione nucleare. Risulta evidente la necessità di essere pronti a ricorrere alla forza armata una volta esauriti i “mezzi pacifici di soluzione delle controversie” e le risorse politiche che alla luce della nuova situazione geopolitica non risultano garanti della sicurezza di nessuno Stato.

Punto cruciale della nuova impostazione è l’impiego di armi nucleari. Non ci sono indicazioni sulla possibilità di impiegare per prima armi nucleari e lo stesso ministro Ivanov ha sottolineato la pericolosità del riconsiderare il nucleare quale strumento militare prioritario. Ma dal contenuto è altrettanto chiaro che tali armi rimangono l’unico mezzo sicuro di deterrenza strategica ed efficace nella reazione ad un’eventuale attacco. Perciò, dati i nuovi rischi per l’umanità, se alta priorità è data alla cooperazione tecnologico-militare con gli Stati Uniti, con la Nato, con l’UE, la Cina ed altri Paesi, altrettanta importanza è assegnata ad una riforma qualitativa delle forze armate russe per avere la certezza di essere integrata nel nuovo sistema delle relazioni internazionali.

Difatti nella dottrina è chiaramente evidenziato che la nuova condizione sufficiente per l’impiego delle forze armate è l’esistenza di una minaccia militare diretta alla sicurezza dello Stato e che le operazioni internazionali che prevedono l’uso della forza militare avvengono sempre più spesso al di fuori delle organizzazioni internazionali tradizionali. Alla riformulazione della dottrina militare russa è seguita nel 2004 la riforma amministrativa che ha interessato anche i dipartimenti e le agenzie del governo russo impegnati della realizzazione dei programmi dell’INDA (International non-proliferation and disarmament assistance). Il Ministero della Difesa si occupa della cooperazione internazionale in campo militare ed in particolare della definizione di procedure e regolamenti relativi al settore nucleare e con il Decreto 314 ha il compito di supervisionare il lavoro del Rosatom (Ente federale per l’energia atomica). Con il successivo decreto 649 il Rosatom è posto alle dirette dipendenze del governo federale e sotto la sua responsabilità rimangono tre delle quattro priorità per una Partnership Globale stabilite al Summit del G8 nel 2002: lo smantellamento dei sommergibili nucleari, la disposizione del materiale fissile e il reinserimento sociale degli scienziati, continuando ad essere il maggior destinatario dell’INDA.

Gli sviluppi delle trattative internazionali sul disarmo e la non proliferazione

Risale al 2002 il SORT (Strategic Offensive Reduction Treaty) o Moscow Treaty firmato dal Presidente degli Stati Uniti Bush e dal Presidente della Federazione Russa Putin. Tale accordo si limita a fissare il numero massimo delle testate nucleari da mantenere operative e non prevede alcun programma di distruzione per quelle in eccesso rispetto alle esigenze di sicurezza nazionale. La scadenza è il 31 dicembre del 2012 ma il paradosso sta non tanto nel fatto che sino ad allora non saranno prese misure di verifica e ispezione quanto nel fatto che il trattato dal 1 gennaio del 2013 non sarà più in forza. Un paradosso solo apparente data la nuova strategia adottata dall’establishment statunitense in seguito al settembre del 2001. Una strategia offensiva, di azione e counter-proliferation al posto di dialogo per il disarmo. Al Summit del G8 di Kananaskis dello stesso anno, in partnership con l’AIEA, è stata istituita la Global Partnership against the Spread of Weapons of Mass Destruction nel quadro della lotta al terrorismo internazionale. Tra gli obiettivi c’è la gestione delle testate nucleari e dei materiale fissile e la riconversione degli scienziati. In particolare saranno rafforzati gli sforzi per neutralizzare e convogliare il plutonio e l’uranio arricchito del deposito di Majak e per smantellare i sottomarini nucleari. Il Presidente Putin nell’ambito di applicazione dell’assistenza internazionale per il disarmo e la non proliferazione ha identificato nella distruzione delle riserve di CW nello smantellamento dei sommergibili nucleari le due priorità principali, spendendo in queste due aree quasi tutti i fondi derivanti dalla Partnership globale.

Per quanto riguarda lo smantellamento dei sommergibili nucleari, il Rosatom ha stimato che la cifra necessaria per portare a termine l’intero programma entro il 2010 sarebbe di circa 4 miliardi di dollari. E’ evidente l’importanza che i finanziamenti nell’ambito della Partnership globale rivestono per il raggiungimento di tale obiettivo. Difatti il governo russo si è adoperato per concludere accordi intergovernativi e interdipartimentali finalizzati a realizzare il piano strategico per lo smantellamento dei sommergibili nucleari presentato nel 2004. Nel 2003 è promossa la Proliferation Security Iniziative alla quale la Russia aderisce nel 2004. Nel 2004 USA e Russia varano la Global Treath Reduction Initiative (GTRI) con lo scopo di recuperare l’uranio arricchito esportato in Paesi amici, entro il 2005 tutto il combustibile nucleare fresco di origine sovietica ed entro il 2009 tutto quello esausto.

Conclusioni

Alla luce delle nuove sfide che la comunità internazionale si trova ad affrontare, l’intera politica del disarmo e della non proliferazione subisce nei fatti una brusca frenata. I progetti che possono garantire la sicurezza nucleare internazionale necessitano di ingenti finanziamenti che, non garantiti da accordi bilaterali, hanno reso necessari iniziative globali. Inoltre, non è da sottovalutare le difficoltà che i governi possono incontrare nel convincere le proprie opinioni pubbliche che destinare denaro alla riconversione dell’apparato nucleare dell’ex URSS significa investire nella propria sicurezza. Ed ancora un ruolo importante è giocato dalla stessa classe dirigente russa.

Infatti, sempre nel rapporto del 2 ottobre del 2003 presentato dal Ministro della Difesa è chiaramente indicato che la prima minaccia alla quale la Federazione Russa deve far fronte è il tentativo da parte di alcune potenze di dominare il mondo. Per raggiungere tale obiettivo esse mirano ad indebolire la Russia, alimentandone i conflitti interni ed alle frontiere, per relegarla a status di potenza regionale. Numerosi eventi hanno influenzato tale visione di Mosca. Il ritiro USA dal Trattato sui Missili Balistici (ABM) e gli sforzi della NATO di espansione ad est. Da ciò il ritiro sovietica dallo START II.

Risulta pertanto sempre più difficile convincere l’establishment russo che obiettivo della comunità internazionale non è limitarne le capacità militari. Difficile da combattere, tale diffidenza rende difficile l’aggiornamento del MPC&A considerato prioritario nella propria politica di sicurezza nazionale in quanto funzionale a identificare, contare, etichettare e sigillare il materiale nucleare e facilitarne la sorveglianza per evitare soprattutto che cada in mani sbagliate, come quelle dei Paesi considerati da Washington “rogue States”. Preoccupazione valida soprattutto adesso che numerosi Stati rivendicano il diritto di possedere l’arma nucleare. Attualmente il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in partnership con l’AIEA, sta difatti gestendo la crisi iraniana a riguardo.
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