pacifismo e catastrofe in sciopero il 21 ottobre 2005



Venerdì 21 ottobre 2005 sciopero generale dei sindacati di base contro il carovita e la precarietà.

Per i lavoratori dell'industrie d'armi potrà essere l'occasione di commentare quanto accaduto in questi giorni. Da una parte in Europa, programmi multinazionali (vedi Fremm) sono messi in crisi dai governi nazionali, dall'altra i sindacati confederali rispondono al taglio delle commesse militari con strumenti di pressione nazional-protezionistici.

Nel frattempo i pacifisti si organizzano con le marce per la pace e il disarmo.

Il teatro della guerra mette in scena il giorno del giudizio universale nei confronti di Saddam Hussein tra le mura dell'ex quartier generale del partito Baath a Bagdad. Un bunker con i marmi alle pareti, grandi lampadari, un’antenna speciale per il collegamento in mondovisione. Il tribunale che sentenzierà la sua condanna ha già assolto il presidente Bush dall'accusa di essere anche lui un criminale di guerra, di aver usato per la sua guerra la menzogna e la tortura, le armi più sofisticate per rendere invisibili i morti, sottostimati come 30.000 iracheni, 2000 americani e 200 considerati come "altre vittime".

Non è più il tempo quando la fine della I guerra mondiale significava l'uso dei regolatori keynesiani per lubrificare gli attriti indotti dalle crisi cicliche, e l'apocalisse poteva assumere il ruolo di trasformazione dei rapporti fra gli esseri umani. Oggi il mondo ricco vive il senso della propria fine e lo esprime con simboli. Dall'esodo alle immagini delle catastrofi climatiche, alle crisi intime di uomini e donne che vivono quotidianamente la precarietà della vita sulla propria pelle, i segni del naufragio sembrano non risparmiare nessuno.

Il movimento pacifista pare essere incapace di contrastare i piani di distruzione. Si tratta di capire cosa fare quando la competitività si muove attraverso la ricerca scientifica e l'innovazione tecnologica, e ai lavoratori sfugge il senso della propria identità schiacciati dai valori tradizionali religiosi per cui "la volontà di Dio" equivale a quella della "fine della storia", e non esistono più partiti in grado di assumersi il ruolo di costituire una reale alternativa da costruire.

Se isolato l'atto di rivolta "mi rivolto, dunque siamo", diviene un segno autistico: parliamone.