La Molisana e le spese militari



Prego voler inoltrare il presente messaggio ai rappresentanti dei
lavoratori cassintegrati de La Molisana e anche a quanti nella stessa CGIL
siano interessati ad esaminare un problema finora troppo trascurato: le
connessioni tra scelte di guerra e posti di lavoro e i vantaggi che
potrebbero derivare da una riduzione delle spese militari.

Piergiorgio Acquistapace



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LETTERA APERTA

OGGETTO: Terremoti e spese militari

L'immancabile, comprensibile e doverosa mobilitazione per gli aiuti ai
sopravvissuti del terremoto in Kashmir è partita anche nel Molise, dove era
impossibile non far leva sulla analogia con la tragedia di S.Giuliano di
Puglia, anche se le dimensioni dei due eventi sono molto diverse: bambini
sotto le macerie nell'uno e nell'altro caso.
Abbiamo pieno rispetto per le organizzazioni che hanno aperto subito le
raccolte di fondi (mentre scriviamo ci risultano Unicef Molise e Caritas di
Trivento, ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni). Non abbiamo
dubbi che la generosità dei molisani sarà grande.
Ma non possiamo tacere su alcune vergognose evidenze. Lo gridammo alla
manifestazione per la pace di Firenze del 9 ottobre 2002, subito dopo il
nostro terremoto: "Mai più bambini sotto le macerie; Il terremoto è un
fatto naturale, la guerra è un atto criminale". Nessuno ci ha ascoltato tra
quelli che hanno deciso e favorito la guerra in Iraq. Ma ci riproviamo a
gridarlo.
E' notizia dell'11 ottobre (il manifesto), che l'Italia ha speso 324
milioni di dollari nel 2001, 367 nel 2002 e probabilmente non meno negli
anni successivi, per tenere gli americani e le loro basi militari (anche
nucleari) sul nostro territorio. E se se ne andranno, dovremo pagare un
indennizzo stabilito dagli americani. Non parliamo poi dei costi delle
nostre missioni militari in Iraq, Afganistan e Balcani, né dell'intero,
raccapricciante, bilancio annuale delle spese militari italiane.
Ebbene, non ci vorrebbe molto a trovare i 20 milioni di dollari che
l'Unicef valuta come indispensabili per la prima emergenza, né a stanziare
più fondi per la prevenzione, per l'edilizia antisismica, per la protezione
civile, non solo in Italia ma anche all'estero, in tutte le zone sismiche;
pensate a quanto lavoro per le nostre imprese, per la nostra tecnologia ed
esperienza... Ma pensiamo soprattutto a quante vite umane potremmo salvare
e a quali rapporti di pace e di amicizia si svilupperebbero tra i popoli.
Non ci vorrebbe molto. Ma qualcuno dirà che, però, ci vuole moltissimo a
smuovere le coscienze sul problema guerre, e intanto la gente muore, ha
bisogno ora...
Ebbene, appunto perché ci vuole molto, dobbiamo cominciare subito, abbiamo
aspettato abbastanza. Potremmo intanto risolvere l'emergenza ritardando il
pagamento agli americani di quei 20 milioni di dollari. Il Pakistan non era
alleato degli Usa? Poi chiediamoci anche se non è forse cinico e criminale
speculare sulla generosità della gente di fronte alle tragedie, chiedendo
ancora soldi dopo l'impoverimento generale dimostrato da autorevoli
statistiche e dopo che abbiamo già pagato anche per finanziare la
protezione civile e tante istituzioni benefiche dello stato.
Poi, con più comodo ma sempre subito, sollecitiamo i candidati alle
primarie ma anche l'intero parlamento attuale (perché vale la pena tentare
senza distinzione di schieramenti) a ridiscutere seriamente le loro ferme
convinzioni in materia di politica militare e a considerare altrettanto
seriamente una riduzione delle raccapriccianti spese, a chiedersi con
quanta minore spesa e migliore efficacia sarebbe possibile costruire,
organizzare e utilizzare i corpi civili di pace, oltre che una politica
estera veramente pacifista.
Il prossimo 4 Novembre sindaci e presidenti di entrambi gli schieramenti
celebreranno la tradizionale Festa delle Forze Armate: un trionfo della
retorica militarista che si basa sulla tesi che l'esercito italiano avrebbe
liberato il Paese dallo "straniero"; una inutile strage, secondo Papa
Benedetto XV; cioè un immane ed atroce delitto superato in barbarie
soltanto dalla successiva Seconda Guerra Mondiale e dagli orrori delle
moderne guerre preventive. Come se la caveranno sindaci e presidenti, molti
dei quali si professano convinti pacifisti? Don Milani aveva ben
dimostrato, dati storici alla mano, che nei cento anni precedenti il 1966
(anno in cui lo scrisse nella "Lettera ai cappellani militari"), nessuna
guerra combattuta dall'esercito italiano fu difesa della Patria: al
contrario, aggredimmo sempre altri popoli; in particolare attaccammo
l'Austria con la quale eravamo alleati, e Giolitti sapeva di poter ottenere
gratis dall'Austria quello che poi costò 600.000 morti. Nessuno ha mai
smentito Don Milani. E allora, non è forse un insulto alla memoria dei
caduti continuare a festeggiare lo strumento e la causa della loro inutile
morte?
Riprendiamo l'assemblea itinerante della marcia Perugia-Assisi.
Correggetemi se sbaglio, discutiamo onestamente di guerre, di difesa e di
uso alternativo delle risorse sprecate nella guerra. Permettetemi di dirlo:
in nome dei bambini del Pakistan, di S.Giuliano di Puglia, del Guatemala,
delle guerre e di tutte le tragedie naturali e premeditate.

Piergiorgio Acquistapace - Castropignano, 13.10.05







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Ai lavoratori de La Molisana c/o Flai CGIL

e p.c. Agli Organi di informazione
Castropignano, 17 ottobre 2005


"Finanziamo il lavoro, non le guerre".
"Meno guerra più lavoro".

Ho notato questi importanti messaggi da voi lanciati durante la
manifestazione davanti al municipio di Campobasso e li condivido in pieno.
Nelle tante campagne dei movimenti per la pace, abbiamo sempre denunciato
la vergognosa enormità delle spese per la preparazione e la pratica delle
guerre e, per contro, le infinite emergenze umanitarie, ambientali,
occupazionali, sanitarie, sociali, che sarebbe possibile risolvere
riducendo anche di poco le spese militari.
Lo denunciamo ancora a sostegno della vostra lotta per la salvaguardia dei
posti di lavoro e per la sopravvivenza del glorioso pastificio La Molisana,
ripetendo quanto espresso nei giorni scorsi a proposito della raccolta
fondi per i terremotati del Pakistan (si veda la lettera aperta allegata).

E' notizia di questi giorni (11 ottobre, il manifesto, interrogazione
dell'On.Bulgarelli) che l'Italia ha speso 480 milioni di dollari nel 1999,
324 nel 2001, 367 nel 2002 e probabilmente non meno nei tre anni
successivi, per tenere gli americani e le loro basi militari (anche
nucleari) sul nostro territorio. E se se ne andranno, dovremo pagare un
indennizzo stabilito dagli americani. Non parliamo poi dei costi delle
nostre missioni militari in Iraq, Afganistan e Balcani (500-1000 milioni di
euro), né dell'intero, raccapricciante, bilancio annuale delle spese
militari italiane (decine di miliardi di euro).

Ebbene, non ho sotto mano i dati economici relativi a La Molisana, ma è un
falso problema. E' evidente che una politica estera veramente di pace e una
politica di ripudio della guerra e di costruzione di un sistema di difesa
non armato libererebbe una gran quantità di risorse: basterebbe ritirare i
soldati dall'Iraq per salvare i posti di lavoro de La Molisana e non solo.
E' inoltre paradossale e vergognoso che si chiuda, o si limiti, una
produzione di cibo mentre c'è fame nel mondo e mentre in Italia aumentano i
prezzi e cresce la povertà.

Chiediamo dunque a chi si candida a governare, agli imprenditori, ai
sindacati e a tutte le forze interessate di affrontare finalmente il tabù
delle spese militari e delle scelte immorali che le giustificano. Chiediamo
di programmare la riduzione graduale delle spese di guerra e di morte e di
aumentare gli investimenti nella produzione e nella distribuzione equa di
cibo e dunque per la vita.

Piergiorgio Acquistapace
referente per il Molise del
Movimento Nonviolento