La necessità di opporsi alle servitù nell'isola



dalla nuova del 7\10\2005
L'imposizione forzata di stili di vita e modelli comportamentali e di pensiero diversi, mascherati di finta democrazia e finta libertà, portata avanti, in particolare dall'amministrazione Bush, sta cercando la propria concretizzazione anche riorganizzando, per un rafforzamento, la propria presenza nella nostra isola. La Sardegna, infatti, è stata usata dagli americani come avamposto militare per il confronto con la potenza Russa e, con la complicità di politici italiani e sardi, ne è stato occupato militarmente il suolo e il mare realizzando le basi militari più grandi d'Europa. Ogni ipotesi di pianificazione del nostro territorio che fosse ispirata ad un uso integrato delle nostre risorse naturali, per un miglioramento delle condizioni economiche e culturali dei nostri paesi, improntato ad una cultura di pace, di scambio e fratellanza, si è scontrato con la monocultura della guerra assoggettata agli interessi americani. La cultura del nemico a tutti i costi ha portato, incredibilmente, all'invenzione della «guerra preventiva», nascondendo dietro questo termine la necessità di risollevare l'economia americana attraverso la costruzione, la sperimentazione sul campo e l'uso di armi di sterminio sempre più sofisticate. Quante morti innocenti e quante vite spezzate dietro questa filosofia e questa pratica! Quante generazioni intere segnate per sempre e quante ferite inferte all'ambiente! Si può trovarne a volontà sia nei territori teatro di guerra sia nei territori in cui guerre, dichiarate, non ne esistono. Basta pensare alle altissime percentuali di ammalati e morti di tumore e alle nascite malformi tra i civili che abitano vicini alle basi militari in Sardegna ma anche in Puglia o a Vicches (isola del Portorico da cui le basi Americane sono state scacciate attraverso una sollevazione popolare cui a seguito un referendum democratico). Ma è ormai tempo che anche le forze di pace sarde si mobilitino in massa. E' tempo che coloro che credono nella non violenza come strumento di dialogo fra i popoli, coloro che utilizzano il confronto e non la guerra per risolvere le controversie, trovino la forza di vincere la compressione ideologica esercitata dai guerrafondai. Ciascun uomo e ciascuna donna di pace possono, ora, diventare artefici di un salto di qualità positivo per la nostra isola, per noi e per i nostri figli. Anche gli americani l'hanno capito e sono preoccupati: è per questo che hanno fretta di procedere con l'ampliamento della base della Maddalena. Hanno capito che la gente sarda si sta scuotendo e non vuole più avere i sommergibili a propulsione nucleare nelle proprie spiagge, né i missili vicini alle proprie case. Gli americani, con il loro esercito, hanno paura di non riuscire a trasformare il meraviglioso arcipelago della Maddalena nella Guantanamo sarda. Noi non vogliamo più avere in casa una guerra, non dichiarata, ma che ha sottoposto il nostro territorio a livelli di inquinamento altissimi con gravi malattie tra i civili e i militari, con gravi perdite sia umane sia economiche. E tuttavia comprendiamo, anche, che non dobbiamo semplicemente chiedere che siano allontanate le basi militari e che vengano destinate ad altre regioni perché, se facciamo questa affermazione, e come se stessimo facendo un atto contro quella regione e le sue genti: otterremo infatti, semplicemente, di esportare su un altro territorio i mali che già noi abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. È per questo che tutto il movimento deve avere un unico obiettivo: chiudere per sempre le basi militari. Nell'immediato dobbiamo aprire una battaglia politica con lo Stato affinché vengano saldati i debiti nei confronti dei sardi e per un nuovo statuto che porti nuove entrate economiche e non divise militari che sparano e inquinano. Dobbiamo tenere presente che nel 2010 sarà realizzata «l'area del libero scambio tra i paesi del Mediterraneo» e il nostro mare sarà, ancora di più, un luogo di passaggio per i paesi dell'Europa, dell'Africa e del vicino Oriente. Lavoriamo perché ciò avvenga nella fratellanza e non nell'aggressione dei popoli. Un passaggio importante, in questo progetto di pace, è quello di costruire una grande manifestazione che dimostri la nostra contrarietà all'esercitazione «Destined Glory» che questi giorni, in spregio alla contrarietà espressa dalla Regione Sardegna si sta effettuando nei poligoni di Teulada e Quirra.




consigliere regionale
Rifondazione Comunista






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